Grandi eventi in quota. La Provincia di Trento propone Linee guida e Carta etica
I grandi eventi in quota sono diventati tema di dibattito collettivo la scorsa settimana, quando è iniziata la diatriba tra Messner e Jovanotti sul concerto a Plan de Corones previsto per il 24 agosto. Abbiamo analizzato entrambe le posizioni dei protagonisti, le loro ragioni, i timori dell’uno, le rassicurazioni dell’altro. Abbiamo ascoltato le opinioni di tutti voi attraverso un sondaggio e riflettuto assieme a Carlo Alberto Pinelli sulla mercificazione delle montagne.
Nel mentre Giorgio Moroder richiamava 2.200 spettatori (dati dichiarati dalla Provincia di Trento, contestati da partecipanti che hanno dichiarato di essere alcune centinaia) al suo concerto, svoltosi domenica pomeriggio a San Martino di Castrozza, nel parco di Paneveggio.
Anche in questo caso un evento da stadio in una località che, secondo il sentire comune, dovrebbe essere destinata al massimo a concerti di musica classica o jazz. O semplicemente al silenzio.
La domanda che non ci siamo posti finora e forse è il caso di affrontare è se esistano regole ufficiali per la realizzazione di grandi eventi in montagna.
La risposta, seppur parziale in quanto legata soltanto al territorio della provincia di Trento, è che delle regole ci siano. In bozza. Un documento di 25 pagine pronto da gennaio, messo a punto da un team rappresentato dal gruppo delle aree protette provinciali in collaborazione con la Fondazione Unesco.
Manca al momento la fase 2, quella del confronto con i “portatori di interesse” e a seguire l’esame definitivo della giunta provinciale.
Il documento è intitolato “Linee guida finalizzate all’individuazione delle attività umane incompatibili con le peculiarità dei territori montani” ma in realtà fornisce indicazioni precise su come pianificare eventi sostenibili e rispettosi della cultura del luogo, nello specifico nel territorio delle aree protette, che rappresentano il 34% del territorio della provincia di Trento.
Naturalmente i temi più delicati sono quello dell’inquinamento acustico, dunque del rumore provocato dagli impianti di amplificazione ma anche quello dell’affollamento. E ancora i danni provocati al suolo e l’inquinamento luminoso causato dagli impianti di illuminazione.
Non si parla solo di concerti ma anche di gare, siano esse di corsa o scialpinismo, feste, sagre popolari e altre attività ludico-ricreative collettive, che richiamino una folla numerosa in ambienti fragili.
Nel documento viene anche evidenziata la necessità di adottare una carta etica della montagna trentina, sull’esempio di altre regioni alpine come Piemonte e Valle d’Aosta, un documento in cui vengano fissati i principi base per assicurare una serena convivenza fra i diversi usi dell’ambiente alpino.
Non sono dunque previsti divieti quanto piuttosto limiti da rispettare. Insomma, potremmo quasi dire che vada bene tutto ma a piccole dosi. E allora ecco che si impongono limiti (suggeriti) sul numero dei partecipanti, sul rumore, su dove e quando poter organizzare queste manifestazioni (orari notturni e periodi invernali sono riconosciuti come momenti più delicati).
Ma davvero bisogna arrivare a definire delle regole scritte per comprendere quali eventi poter svolgere in ambiente montano e secondo quali modalità?
La posizione di Marcella Morandini, direttore della Fondazione Dolomiti Unesco, è a tal proposito chiara e condivisibile: prima di tutto è necessario educare chi frequenta la montagna al suo valore, alla sua diversità.
In montagna non si può andare a cercare ciò che è possibile trovare in un contesto urbano. In primo luogo dunque devono essere i turisti stessi ad approvare o no i differenti eventi proposti dalle amministrazioni. In secondo luogo sono le medesime amministrazioni, che forse finora non hanno mai affrontato a pieno il concetto di cosa sia la montagna, a dover adottare una propria etica. Valore che prima che su carta deve nascere nella coscienza personale di chi gestisce questi fragili territori.