Alpinismo

Il “no” dell’Annapurna ad Adam Bielecki

Dopo essersi acclimatati sul Tilicho Peak si erano spostati al campo base dell’Annapurna in attesa di una finestra meteo ottimale di almeno 3 giorni. Più sono passate le ore però e più era chiaro che questo intervallo non si sarebbe presentato. Si sarebbero accontentati a quel punto anche di almeno un giorno con condizioni che permettessero il tentativo. Ciò nonostante, per Adam Bielecki, Rick Allen e Felix Berg, sull’Annapurna, non c’è stato nulla da fare.

ll loro tentativo in stile alpino sulla parete nord-ovest è iniziato il 17 maggio e, dopo aver dormito a 5.000 metri la prima notte, hanno raggiunto la parete dove hanno iniziato ad arrampicare. Fin da subito, già nel primo canale che hanno percorso, hanno incontrato più neve del previsto trovando un fondo più solido solo più in alto. Data la pendenza e la lunghezza del canale, che avevano sottostimato, hanno dovuto inoltre scavare una cengia per bivaccare: hanno deciso di farlo ai piedi della parete di roccia così da poter assicurare la corda. Per tutto il giorno, fino al tramonto, la neve non ha dato tregua al team. Inoltre, durante la preparazione del bivacco, ripetute scariche di detriti scorrevano lungo la parete e ad ogni episodio gli alpinisti si sono sempre preparati nel caso in cui una vera e propria valanga facesse seguito alle scariche. In seguito, i tre hanno trascorso quella notte alla meglio, riuscendo a rifugiarsi nella tenda solo in parte, restando assicurati e dovendo tenere le gambe a sbalzo. Il giorno seguente la progressione era ancora più lenta del giorno precedente, con la neve che aveva ripreso a cadere, il poco o nullo riposo della notte, la fatica dei due giorni precedenti e il ghiaccio che ricopriva le rocce. Quella notte, ancora, non c’era una posizione opportuna per posizionare la tenda e, solo, un’ora prima del buio, si è deciso di provare a passare la notte su di uno scivolo di roccia a 6500 metri che, avendo raccolto così tanta neve, li ha costretti a rimanere praticamente appesi nelle loro imbragature e avvolti nella tenda. La notte è stata persino più difficile dell’ultima: “continuavamo a muoverci per alleviare la pressione sugli imbraghi, disturbandoci l’un l’altro, e i brividi erano continui” si legge nell’aggiornamento. Le cose non sono migliorate al risveglio: durante la notte un movimento troppo avventato aveva creato un buco nella tenda, non pensata per essere appesa in quel modo, un materassino era caduto nel vuoto sotto di loro e un sacco a pelo ha fatto la stessa fine durante i preparativi mattutini. A questo punto la domanda se proseguire o tornare indietro era d’obbligo. Anche se erano giunti a metà della salita, contavano di poter superare le difficoltà tecniche davanti a loro ed erano ben equipaggiati con cibo e gas, le incessanti nevicate erano molto preoccupanti e la progressione sarebbe stata ancora di più rallentata, anche dalle due notti insonni. In aggiunta, dopo quel punto il ritorno sarebbe stato più difficile e raggiungere la vetta avrebbe comunque richiesto ancora una grande dose di determinazione.

Alla fine tutti questi motivi e la perdita di uno dei sacchi a pelo hanno fatto pendere l’ago della bilancia in favore del rientro. Più notti sopra i 6500 metri senza un sacco a pelo erano troppo rischiose, anche ammesso di trovare spot più comodi per la tenda, che non era affatto probabile. In nove ore erano già tornati al ghiacciaio e mentre stavano preparando il pasto il rumore di una valanga sulla parete ha confermato la loro scelta. Il nevischio che continuava a scendere ha provato che, in effetti, una finestra di bel tempo non c’è mai stata.

Da questa spedizione quindi, resa ancor più difficile dai problemi burocratici e politici e da cui ha dovuto desistere Louis Rousseau per questioni di tempo, Adam Bielecki porta a casa l’aver concepito una nuova via sul Cho Oyu, l’aver raggiunto Tilicho Peak con Rick Allen e Felix Berg e, sempre con questi ultimi, la scalata di metà dell’estremamente difficile parete nord ovest dell’ Annapurna, dove hanno dovuto arrendersi al mal tempo. In queste situazioni è sempre difficile prendere le decisioni necessarie e lo è ancora di più se si compiono queste spedizioni con persone con cui non si è mai scalato. Per questi motivi, si legge sempre nell’ultimo aggiornamento, si ritiene che quanto è stato fatto testimonia comunque che il loro tentativo, non andato a buon fine, ha portato qualche successo.

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Un commento

  1. Complimenti comunque per questo tentativo.
    Mi ricorda le salite himalayane stile anni 80 con meteo incerto e ed esposizione totale; insomma l’alpinismo vero.

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