Ricercatori in cerca del mal di montagna
TRENTO — Quindici ricercatori sui monti "in cerca" del mal di montagna. Si tratta di una ricerca trentina, ma con collaborazioni internazionali, che si propone di scoprire nuovi elementi per studiare una patologia che colpisce il 25 per cento delle persone che frequentano l’alta quota. Verranno eseguiti test e simulazioni di sforzo in altitudine: da pedalate senza sosta nella camera ipossica a vere e proprie camminate sulle Alpi.
Lo scopo della ricerca è quello di approfondire le conoscenze sul mal di montagna, una patologia largamente diffusa, seppure non sempre conosciuta o riconosciuta. Secondo le stime del Ministero della Salute infatti, la malattia colpisce il 25 per cento delle persone che soggiornano e fanno escursioni ad altitudini superiori ai 2000-2500 metri.
Ma non solo. Secondo quanto riporterebbero altri studi, già a quote di circa 2900 metri il 57 per cento delle persone ha almeno un sintomo di mal di montagna. Di questi, il 6 per cento non riesce a proseguire l’escursione. I problemi aumentano poi a quote più elevate: oltre i 4.500 metri il 30 per cento delle persone deve ridurre l’attività o restare a letto e il 49 per cento accusa comunque sintomi più lievi. In alcune persone invece i sintomi possono manifestarsi addirittura poco sopra i 1500 metri.
I test di simulazione si terranno in questi giorni nel Centro di Bioingegneria e Scienze del Movimento dell’Università di
Trento (CeBiSM), che ha sede a Rovereto. Qui infatti saranno ospiti un gruppo di ricerca della School of Sport, Health and Exercise Sciences della Bangor University.
"L’obiettivo del nostro progetto – spiega Franco Impellizzeri, ricercatore del CeBiSM – è quello di capire se esista qualche fattore di predisposizione per il mal di montagna. Proprio come succede per altri tipi di disturbi, la scienza, infatti, ancora non sa spiegare esattamente perché alcuni individui siano soggetti ed altri no. È importante anche approfondire le alterazioni, non soltanto fisiologiche e biochimiche, ma anche cognitive che questo disturbo provoca, perché possono essere molto pericolose, soprattutto se ci si trova su di un sentiero in alta quota e si deve avere la totale padronanza di sé. Un altro obiettivo è quello di testate l’efficacia dei trattamenti farmacologici oggi disponibili. In definitiva, isolare i fattori di rischio già in partenza per una prevenzione più mirata".