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Agricoltura montana in crisi, tra polemiche e rischi

C’è aria di tempesta nel settore agricolo montano. Il rapporto della Coldiretti, illustrato ieri presso il teatro Sociale di Trento, non lascia dubbi al riguardo: il 53% degli agricoltori ha abbandonato la montagna negli ultimi vent’anni provocando il raddoppio della superficie boschiva, rispetto ai tempi dell’Unità d’Italia, che, se sfruttata adeguatamente, potrebbe fornire ben 35mila posti di lavoro.

I numeri parlano chiaro: per ogni coltivatore che ha mollato, abbiamo perso 2,2 ettari di superficie agricola. Significa una riduzione degli allevamenti e del sistema che ruota intorno al foraggio degli animali e al commercio dei prodotti tipici ricavati, con conseguente crollo dell’occupazione, ha dichiarato il presidente Moncalvo, alla presenza di Andrea Olivero, Viceministro per le Politiche Agricole.

Non è tutto se si pensa che l’assenza dell’attività umana espone il territorio al dissesto idrogeologico. In Italia i comuni interessati sono 7145, di cui più della metà è a rischio. Bisogna considerare, inoltre, che tra le numerose regioni coinvolte c’è la Liguria, che nel 2014 ha affrontato l’ennesima alluvione. Con lei, troviamo l’Emilia Romagna, la Valle d’Aosta, la Toscana, le Marche, il Molise e la Basilicata; fra le regioni dove il rischio si “abbassa” di poco ci sono l’Abruzzo e la Sicilia, comprendendo tutto il Mezzogiorno, e a nord la Provincia di Trento. Si tratta di zone già altamente sismiche, la cui condizione peggiorerebbe con il mancato presidio dei territori.

Nel corso dell’incontro, il Sen. Olivero ha annunciato una delega al Governo per una legge sulla forestazione: “È un provvedimento pensato ed immaginato nell’interesse delle nostre montagne” ha detto. Intanto, la Coldiretti ha ricordato al Governo che fino ad oggi sono state 320mila le aziende costrette a chiudere, che le giornate di lavoro si sono dimezzate, attestandosi a 47 milioni, e che importiamo l’80% del nostro fabbisogno di legname; allo stesso tempo, i boschi sono minacciati dal degrado. La situazione non è delle più rosee e sarà necessario un intervento tempestivo, per evitare danni ulteriori.

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