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Esperienze “selvatiche” in montagna: come riscoprire il contatto con la natura e l’autosufficienza

Testo e foto di Grazia Franzoni e Marco Berta

SAVONA — Nel frastuono generale della comunicazione del mondo interconnesso, la montagna può ancora regalarci occasioni di esperienze semplici ma molto intense, in un vero rapporto fisico con gli elementi naturali. Ci divertiamo a definire “selvatiche” le esperienze di traversate in montagna che si basano sull’autosufficienza, rifuggendo le tappe predefinite, la previsione esatta dell’itinerario, le mezze pensioni in rifugi o alberghetti. A piedi o in bici o con gli sci, il presupposto fondamentale è avere il coraggio di dimenticare ogni forma di pianificazione logistica e provare a muoversi per sentieri o anche al di fuori di qualsiasi traccia con il minimo indispensabile per la progressione e per la sopravvivenza.

Le esperienze che abbiamo realizzato sia sulle Alpi occidentali sia in Appennino ci dimostrano che il modo di dire “l’avventura dietro l’angolo” non è affatto un luogo comune, è proprio vero che basta spostarsi poco da casa per trovare angoli selvaggi e soprattutto modi alternativi di vivere l’esperienza nella natura.

Personalmente ci piace proprio stare a contatto con gli elementi, togliere tutto quello è superfluo: è un esercizio che fa bene anche nel quotidiano. Ci piacciono tutti i diversi modi di vivere la montagna, purché rispettosi di ambiente e uomo, ma invitiamo a pensare anche a questo stile, che ricollega alle esperienze dei primi pionieri. Chissà che in periodo di decrescita non ritorni di moda…

La solitudine in cui spesso ci si ritrova nel corso di questo tipo di traversate fa apprezzare sempre di più i rapporti “veri”, anche se magari vissuti occasionalmente su un sentiero o una cima. Selvatici, dunque, ma in realtà con tutti i sensi ben attivi per riscoprire l’essenza delle relazioni tra uomo e natura e tra uomini di montagna…

Le idee che stanno alla base della “selvaticità” sono molto semplici. Eccole:

  • Se ci si muove a piedi, seguire una direzione, piuttosto che un percorso segnalato e predefinito. Cercare qualche piacevole digressione sul terreno dell’alpinismo classico facile, toccando le cime più significative. Non avere tappe prestabilite: quando si è stanchi o si trova un posto che ispira, ci si ferma! Essere del tutto autosufficienti dal punto di vista di vitto e alloggio: non aver paura di dormire all’aperto.
  • I francesi usano dire “À la belle étoile”… molto più evocativo rispetto alla traduzione “alla bella stella”. Nelle notti di luna piena la luce diffusa può diventare addirittura quasi fastidiosa, ma il fascino è garantito!
  • Dal punto di vista alimentare, si parte con il cibo indispensabile all’autonomia per i giorni previsti, valutando la possibilità di integrare con acquisti presso rifugi o eventuali paesi attraversati. Qualche erba selvatica commestibile e pianta aromatica contribuiscono ad arricchire i sapori delle frugali cene cucinate sul fornelletto.
  • Muoversi leggeri: un eufemismo se riferito allo zaino, comunque si deve provare a fare esercizio di “eliminazione” di oggetti non propriamente indispensabili. In base al tipo di itinerario che si intende affrontare e alle proprie capacità alpinistiche, si decide la minima dotazione di materiale tecnico: possono bastare uno spezzone di cordino, un casco e pochissima ferraglia e fettucciame per garantire la sicurezza.
  • Non dipendere troppo dalla tecnologia: fidarsi un po’ del proprio istinto e della propria esperienza. Si può rinunciare del tutto al GPS, oppure averlo con sé in caso di emergenza, non per produrre tabelle finali altimetriche o chilometriche, con buona pace dei ragionieri del dislivello. Unici supporti elettronici per noi indispensabili sono la macchina fotografica e il cellulare, che può anche svolgere il ruolo di GPS. Le mappe consultabili off line permettono facilmente una verifica di posizione, se necessaria.
  • Se ci si muove in bici, la questione del fuori traccia non è contemplata, per motivi di etica ciclo-alpinistica, ma tutto il resto rimane valido. Sulla bici si può caricare un po’ più di peso rispetto allo zaino, ma se si vuole percorrere itinerari tecnici conviene sempre mantenersi leggeri. Un telo di plastica abbastanza ampio è utile per realizzare una sorta di tenda sorretta dalle bici stesse. 

     

    Certamente non stiamo inventando nulla di nuovo, ci piace però l’idea di stimolare la riscoperta di modi ormai inconsueti di frequentare gli spazi naturali, che tra l’altro, proprio per la loro natura un po’ “anarchica”, presentano il vantaggio di essere personalizzabili al massimo e quindi potenzialmente adatti a molti!

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