Alpinismo

Busca e l’esercito all’attacco del Fitz Roy

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BUENOS AIRES, Argentina — Lui, bello, sicuro. Occhi verdi come la divisa che porta. Lei, fredda, severa. Un cuore di granito difficile da raggiungere. Lui è Alessandro Busca, 37 anni, valdostano. Maresciallo del Corpo degli Alpini, maestro di sci e guida alpina. Lei è una delle più difficili vette della Patagonia.

Si chiama Fitz Roy. Oppure Chaltèn, monte che fuma: così l’avevano battezzata gli Indios, credendolo un vulcano per via della nebbia che ne avvolge la cima.
Alto poco più di tremila metri, il Fitz Roy deve la sua fama d’impossibile alle enormi pareti rocciose spesso ricoperte da lastroni di ghiaccio ed alle proibitive condizioni climatiche. Ma Busca, che ha un passato alpinistico tra le Ande e l’Himalaya, e tre Ottomila all’attivo (Broad Peak, Dhaulagiri ed Everest, raggiunto senza ossigeno con la spedizione K2 2004) pare non avere timori di sorta. Il 1 dicembre partirà con la spedizione di istruttori del Centro addestramento alpino di Aosta (CEALP), organizzata dall’Esercito Italiano.
 
Busca, quali sono gli obiettivi della spedizione?
L’obiettivo è arrivare in vetta al Fitz Roy, salendo dalla via franco-argentina. Forse, se ci fosse stato ancora Massimo Farina (scomparso la primavera scorsa in un incidente su cascata di ghiaccio), avremmo potuto tentare la Linea di Eleganza. Ma considerata la composizione del gruppo attuale – alpinisti di livello “medio” – ci è sembrato più opportuno scegliere un percorso più facile. Se poi il tempo e la fortuna ci accompagneranno, tenteremo qualche salita sull’Aiguille Poincenot.
 
“Facile” si fa per dire…
E’ una via di grado 6a, A2. E’ lunga 800m, di cui 500 piuttosto difficili e i restanti di 3°-4° grado su misto. L’ avvicinamento si sviluppa su altri 800m di misto e roccette.
 
Qual è il programma del viaggio?
Raggiungeremo la zona di El Chaltén i primi di dicembre. Dopo alcune ricognizioni e l’allestimento del campo base ci muoveremo verso la parete, prima per portare alla base il materiale necessario alla scalata, poi per attaccarla. Abbiamo due “tattiche” di salita: una prevede la partenza dal campo base durante la notte, l’altra il pernottamento in truna alla base della parete (riducendo il tempo di avvicinamento). Decideremo lì quale adottare.
 
E’ una parete che si scala in giornata?
Sì, anche se siamo al limite. Molti bivaccano in parete durante la discesa. Noi speriamo di riuscire a salire e scendere in giornata, anche se comunque saremo attrezzati per un bivacco d’emergenza.
 
Come mai avete scelto il Fitz Roy?
Era nell’aria da un po’. Io e Massimo Farina ne parlavamo già nel 2004. Al rientro dal K2 abbiamo presentato il progetto all’esercito, ed è stato accolto con entusiasmo.
 
L’esercito organizza spesso spedizioni alpinistiche?
Non spesso, ma volentieri quando c’è la possibilità. Prima di tutto per favorire la formazione e l’esperienza di noi istruttori del CEALP, che si occupa della formazione alpinistica e sciistica degli istruttori delle truppe alpine. E poi, ovviamente, per lustro. La prima spedizione risale al 1973 ed era diretta all’Everest. Io ho partecipato ad altre missioni nel ’94, ’95, ’99 e 2000.
 
Da chi sarà composta la spedizione al Fitz Roy?
Oltre a me, ci saranno il maresciallo Ettore Taufer e i marescialli capi Paolo Bruzzi, Vittorio Pallabazzer; il maresciallo Giovanni Amort del Reparto Comando Truppe alpine e il maresciallo capo Ewald Beikircher del 6° Alpini di S. Candido. La spedizione sarà guidata dal Maggiore Remo Armano, direttore dei corsi della sezione scialpinistica del CEALP.
 
E’ un gruppo assodato o di nuova formazione?
Lavoriamo insieme da 20 anni. L’unica “new entry” è Ewald, con cui però abbiamo già passato molto tempo durante gli allenamenti. E’ un gruppo molto affiatato. Ogni tanto bisticciamo anche noi… ma risolviamo subito! Il bello di partire con un gruppo così è proprio questo: sai che basta uno sguardo per capirsi e allentare i momenti di tensione, che nelle spedizioni capitano sempre.
 
 Per lei è la prima spedizione alpinistica dopo K2 2004?
Sì. La mia attività in Italia non si è mai fermata, ma a livello extraeuropeo non ho più fatto nulla. Sono stato in Antartide con l’esercito, ma si trattava di una spedizione scientifica.
 
Era già stato in Patagonia?
Sì, nel 1999 per tentare la prima invernale della Torre Centrale del Paine, ma non avevamo raggiunto l’obiettivo.
 
Quali sono i suoi obiettivi personali, come alpinista?
Dopo il Fitz Roy, vorrei tornare in Himalaya, magari al Cho Oyu. Oppure in Groenlandia. Sono tutti progetti che avevo pensato con Massimo e che mi piacerebbe prima o poi realizzare. Ma per ora, è tutto “pur parlèr”… meglio pensare al concreto. Cioè al Fitz Roy.
 
La spedizione durerà fino al 15 gennaio. Nello zaino c’è anche un alberello di Natale?
No, a dire la verità spero di trovarlo là! Io ho solo gli addobbi: qualche moschettone colorato e qualche friend.. Per i regali ci inventeremo qualcosa. Sarà una festa bellissima!

Sara Sottocornola

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