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Ghiaccio antartico più spesso e deformato, lo rivela robot subacqueo

Il robot subacqueo in azione (Photo Klaus Meiners / Woods Hole Oceanographic Institution / British Antarctic Survey)
Il robot subacqueo in azione (Photo Klaus Meiners / Woods Hole Oceanographic Institution / British Antarctic Survey)

CAMBRIDGE, Regno Unito — É stato pubblicato nei giorni scorsi su Nature Geoscience uno studio riguardante i ghiacci marini del Polo Sud. Ricercatori britannici, statunitensi e australiani hanno cercato di creare una mappa tridimensionale utilizzando i dati rilevati da un robot subacqueo. Dai rilevamenti è emerso che il ghiaccio delle zone marine antartiche prese in esame sia più spesso e più deformato rispetto a quanto ritenuto finora.

L’idea era infatti nata dal problema dato dalla variabilità dei dati raccolti da satelliti, punti di misurazione e avvistamenti delle navi, nonchè dalle stime e dai modelli derivanti da essi. Il British Antarctic Survey, l’Institute of Marine and Antarctic Studies, l’Antarctic Climate and Ecosystem Cooperative Research Centre e il Woods Hole Oceanographic Institution si sono quindi uniti per una ricerca in loco che fosse più attendibile.

Il gruppo di ricercatori britannici, statunitensi e australiani ha quindi portato un robot subacqueo in Antartico, l’Autonomous Underwater Vehicle (Auv), conosciuto anche come SeaBED, in modo da rilevare lo spessore del ghiaccio dalle profondità marine, ottenendo così dei dati molto precisi. I rilevamenti sono stati poi trasformati in mappe tridimensionali e confrontati con i dati raccolti precedentemente con altre metodologie.

Grazie alle due spedizioni primaverili, svolte nel 2010 e nel 2012, è emerso che i ghiacci nel Mare di Bellingshausen, nel Mare di Weddell e lungo la Terra di Wilkes sono più spessi e più deformati di quanto creduto finora. In media la differenza varia dal metro e mezzo ai 5 metri e mezzo con picchi di 16 metri, mentre mediamente il 76 percento del volume del ghiaccio è deformato.

I ricercatori si dicono molto soddisfatti dei rilevamenti i quali gettano una nuova luce sulle misurazioni e un importante passo avanti nelle metodologie e nella loro precisione. Ci si chiede infatti se la differenza è tale in questi tre siti, perchè non può esserlo anche in altre zone antartiche o artiche? E, soprattutto, quali sono le vere condizioni dei ghiacci di Polo Sud e Polo Nord?

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