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Cnsas: valanghe, spesso colpa dell’uomo

BERGAMO — "La maggior parte degli incidenti per valanga sono causati dall’uomo. La gente deve capire che se vuole andare fuori dalle piste battute deve informarsi, leggere i bollettini nivologici e saperli interpretare". Il richiamo arriva direttamente da Alessandro Calderoli, responsabile del Soccorso Alpino di Bergamo, ed è rivolto a tutti gli appassionati del fuoripista.

Calderoli, dopo gli incidenti dei giorni scorsi, quando rientrerà questo allarme?
Innanzitutto vorrei chiarire che non si tratta di una situazione così catastrofica. A parte alcune zone della Val d’Aosta e del Piemonte, sul resto dell’arco alpino il pericolo valanghe è di grado 3, marcato, che si ha nel 70 per cento dei casi. Significa solo che per andare in fuoripista bisogna essere in grado di fare una buona valutazione locale del pendio e del manto nevoso. Il problema è che nei giorni scorsi ci sono stati comportamenti che hanno determinato incidenti anche mortali in alcune zone.
 
Le valanghe, quindi, sono provocate dall’imprudenza delle persone?
Quelli dello scorso weekend sono tutti incidenti di natura sportiva, non catastrofi naturali che coinvolgono abitazioni, ponti o strade. E la maggior parte – se non la totalità – degli incidenti sportivi sono causati dal fattore uomo. La neve sta lì, ha un suo equilibrio, magari critico, ma è la presenza o il passaggio dell’uomo che causa il distacco: è stato assodato in trent’anni di storia nivologica.
 
Come prevenire queste situazioni?
Se si può intervenire in termini di prevenzione è solo sul comportamento umano. Lo strumento migliore messo a punto negli anni è il bollettino nivologico, basato su una scala di pericolo uniformata su tutto l’arco alpino, in Italia e all’estero. Si può consultarlo liberamente, ma per capirlo ci vuole un po’ di cultura nivologica. La gente deve capire che se vuole andare fuori da una pista battuta, deve informarsi di problematiche ambientali e di neve e valanghe.
 
Dove può farlo?
La formazione su questi temi in Italia è offerta dalle guide alpine o dalle scuole del Cai, che sono state i primi centri di didattica della neve e che costano magari meno. Ci sono poi i corsi neve e valanghe per scialpinisti, ciaspolatori e sci escursionisti del Servizio Valanghe del Cai. Se uno desidera informarsi ha a disposizione molti canali e molti mezzi.
 
Che cosa pensa della richiesta del Codacons di rendere l’Arva obbligatorio?
L’Arva è uno strumento da autosoccorso. Non serve per evitare una valanga nè per prolungare la sopravvivenza sotto una valanga. Serve a trovare uno che ormai è sepolto. Certamente è un bene averlo, ma è sempre meglio evitare incidenti così letali seguendo le regole citate prima. Ricordo anche che a rendere obbligatorio l’Arva ci aveva già pensato la Legge Arnoldi sui comprensori sciistici. Un’altra cosa: l’Arva bisogna saperlo usare correttamente. Non è di uso immediato e bisogna dedicare un po’ di tempo ad imparare a usarlo in ricezione, per trovare i sepolti: estrarli entro 15 minuti, quando la probabilità di trovarli vivi è del 90 per cento, non è una cosa semplicissima.
 
Oggi un altro appello al governo perchè chiuda le piste da sci pericolose. Cosa ne pensa?
Un demanio sciabile, anche ai fini della 626, deve ottemperare a tutta una serie di prescrizioni per render sicure le piste. Ci sono figure professionali apposite, tra i cui compiti c’è anche il monitoraggio di questo pericolo, l’eventuale chiusura di piste pericolose, oppure il distacco artificiale su pendii pericolosi. Sanno fare il lavoro e non vedo perchè il governo dovrebbe intervenire su una cosa che è già normata.
 
Sara Sottocornola

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