AlpinismoAlta quota

Cho Oyu, quattro italiani in vetta senza ossigeno

Nicola Bonaiti (Photo courtesy 23gradinord)
Nicola Bonaiti (Photo courtesy 23gradinord)

KATHMANDU, Nepal — “Ad un certo punto, nella distesa immensa di neve, compare una catena di bandierine colorate. La vista viene offuscata dalle lacrime: sono le 14 del 28 settembre 2014 e siamo sulla vetta del Cho Oyu, a 8.201 metri d’altitudine. Gioia, felicità, incredulità”. Si è conclusa con pieno successo anche la spedizione 23gradinord al Cho Oyu dei cuneesi Alice Cavallera e Alberto Pacellini e del padovano Nicola Bonaiti, che domenica pomeriggio hanno raggiunto la vetta senza ossigeno e senza portatori. Il giorno successivo è stata la volta di un altro italiano: il sardo Max Caria, che ha toccato la cima intorno alle 9.30 del mattino di lunedì.

I tre alpinisti che salivano in gruppo avevano raggiunto il campo base della montagna il 12 settembre. Nei giorni successivi hanno allestito Campo 1, a 6.400 metri, e poi il Campo 2, a 7.150 metri. La vetta è stata tentata partendo direttamente da quest’ultimo campo nel cuore della notte, percorrendo circa mille metri di dislivello in 14 ore il giorno della vetta.

“La vetta della Dea turchese si nasconde dietro a risalti di neve, ti illude di essere arrivato per poi presentarti un’altra rampa – raccontano i tre alpinisti -. Siamo insieme, tutti e tre, separati da alcuni passi. L’ultima ora passa veloce come non mai, i pensieri si mescolano al vento, la testa leggera e le gambe pesanti. Non compaiono più dorsali né pendii, la camminata si fa pianeggiante. E a un certo punto, nella distesa immensa di neve, compare una catena di bandierine colorate. La vista viene offuscata dalle lacrime: sono le 14 del 28 settembre 2014 e siamo sulla vetta del Cho Oyu, a 8.201 metri d’altitudine. Gioia, felicità, incredulità”.

Il trio è rimasto per un’ora sulla cima, per scattare qualche foto e mandare un messaggio alle famiglie. Poi è sceso a campo 2 e lunedì mattina al campo base. La vetta rappresenta un “piccolo record” per Alice Cavallera: secondo le informazioni raccolte dal Cai di Cuneo, nessuna donna della “provincia Granda” era mai salita su un ottomila.

Alice Cavallera, classe 1983, e Alberto Pacellini, 1982, vivono a Borgo San Dalmazzo, sono membri del Cnsas e istruttori Cai. Lui è architetto, lei infermiera all’Ospedale Santa Croce e Carle di Cuneo. Nicola Bonaiti è nato a Padova il 25 febbraio 1968 ed è un imprenditore con diverse spedizioni alle spalle.

Il 29 settembre il successo è toccato a un altro italiano: Max Caria, sardo calsse 1972. “Siamo partiti dal campo 3 a 7600 metri alle 2 e 30 del mattino – raccontava martedì 30 settembre sul suo blog – e siamo arrivati in vetta dopo sette ore circa. Dopo le foto di rito e vari festeggiamenti, mezz’ora circa, siamo ridiscesi ma anziché fermarci al C2 abbiamo proseguito fino al campo base avanzato dove siamo arrivati alle 21 circa. Praticamente dopo 19 ore ininterrote di attività senza mangiare e senza bere”.

Caria ha scalato il Cho Oyu in preparazione all’Everest che vorrebbe affrontare come prossimo obiettivo.

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