Alpinismo

Sull’Everest con due uova in tasca: provocazione di Silvio Mondinelli

silvio gnaro mondinelli (montagna.tv)

BERGAMO — E’ proprio stanco Silvio Mondinelli. Stanco e arrabbiato di leggere sui giornali annunci di imprese alpinistiche che sembrano clamorose ma che, alla fine, sono prive di contenuto. E così ecco la provocazione: "Scalerò l’Everest in solitaria con due uova fresche in tasca, senza romperle. Sarà una prima assoluta".

Mondinelli, perchè questa provocazione?
Un giorno, parlando al telefono con Mario Merelli, dicevamo: ultimamente sui giornali si legge "prima discesa assoluta, prima salita, prima di qua, prima di là". E poi alla fine la maggior parte di questi "eroi sulla carta" sale dalle normali come noi "poveri tapini". La mia provocazione nasce da qui. E vuol dire: vendere fumo va bene ma fino a un certo punto, alla base di tutto ci deve essere l’onestà.
 
Ritiene che si stia degenerando?
Sicuramente sì. Grazie ad Internet si possono raccontare un sacco di cose – spesso annunci clamorosi con contenuto alpinistico scadente – che in due minuti fanno il giro del mondo. Non si può andare avanti così: sarebbe bello fare un incontro internazionale di soli alpinisti, per rimettere le carte in tavola e riscrivere le regole. A cominciare da me, non sono uno stinco di santo, come uomo ho pregi e difetti.
 
E’ un appello alla correttezza personale o vorrebbe una sorta di normativa?
Dipende prima di tutto dall’etica di ciascuno. Anche chi non conosce i dieci comandamenti sa che non deve uccidere o rubare. Sicuramente un decalogo farebbe bene a tutto l’alpinismo, sia agli atleti che ai giornalisti. Ma prima di tutto è l’alpinista che deve pensare a quello che dice.
 
Ha l’impressione che queste cose paghino dal punto di vista economico, o è solo per il gusto di andare in prima pagina?
Non so se lo facciano più per soldi o per notorietà, quello che so è che queste cose non fanno bene all’alpinismo. Forse diventando vecchio sono diventato anche acido. Prima a tante cose non facevo caso, ma ora che corro un po’ meno, ho tempo di fermarmi a pensare.
 
La critica è rivolta ad alpinisti italiani o stranieri?
In generale a tutti gli alpinisti, soprattutto quelli che scalano in Himalaya. Se arrampichi c’è quasi sempre qualcuno che vede. Invece in Himalaya si può barare, si è in mezzo alla nebbia, in ambienti enormi. Non è bello, vi assicuro, conoscere persone al campo base, vedere come vanno le cose e poi, quando torni in italia, trovare sui giornali dei racconti assurdi, che fanno solo ridere.
 
Qual è l’impresa che l’ha fatta arrabbiare di più?
Diciamo che la più ridicola è la "solitaria" quando ci sono dieci spedizioni che salgono sulla stessa cima. E magari quello che deve far la solitaria domanda alle altre spedizioni se hanno corde, tende, chi sarà a salire. E poi l’uso dell’ossigeno: un professionista se lo dovrebbe dimenticare.
 
Ad un incontro come quello che auspica, quanti verrebbero?
Forse sarà quasi impossibile organizzarlo. Ma si può iniziare anche da altre parti. Per esempio dai giornalisti. La stampa ha un ruolo importante. Certe informazioni, certe notizie vanno spiegate bene, perchè anche le persone non del campo capiscano e imparino a valutare.
 
Secondo lei, è un problema dei giornalisti o degli alpinisti?
Innanzitutto degli alpinisti. Oggi tutti vogliono dire quello che fanno, emergere. Poi, per carità, ci può essere il giornalista che non è del campo e allora crede a tutte le baggianate che raccontano. Ma all’origine c’è l’alpinista, che deve cambiare mentalità ed esprimersi in modo diverso.
 
Però se i giornali non raccontano di queste imprese…
…l’alpinismo è morto, quello è vero. Ma non possiamo raccontare tutti i giorni stupidate per farci vedere. Io credo ci siano molte cose interessanti da vedere e da sapere sulla montagna. Per esempio: ormai tutti dicono che gli ottomila sono facili, ci vanno tutti. Però controllando, si vede che dal 1950 ad oggi siamo solo in 5 ad averli fatti tutti senza ossigeno. Sicuramente sta ai giornalisti attirare la gente a vedere queste cose, e non solamente le due uova fresche che salgono in cima all’Everest.
 
Quale sarà la sua frontiera, dopo gli ottomila?
Magari farò delle vie impegnative su altre montagne, mi piacerebbe arrampicare, e anche occuparmi di più del sociale. Potrei anche incominciare fare il papà a tempo pieno: non so se mia moglie mi farà partire ancora. Comunque, non ho ancora fatto il 14esimo ottomila!
 
E come vede il futuro dell’alpinismo?
Lo vedo bene. Forse in italia c’è poco, ma gli alpinisti dell’Est sono sempre in fermento. Anzi, forse loro rischiano anche un po’ più del dovuto, mentre noi non abbiamo più la mentalità per soffrire. Ma sicuramente c’è spazio per tutti: non si può più fare la prima della normale dell’Everest ma di prime sull’Everest se ne possono fare ancora. L’importante è essere corretti e rispettare il lavoro, proprio e degli altri. Se fai la normale dillo, è comunque sempre difficile, ci vogliono fatica, rinunce, impegno.
 
 

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