AlpinismoAlta quota

Panzeri: salita da paura. E’ finita, ma devo ancora rendermene conto

Mario Panzeri (Photo H. Barmasse)
Mario Panzeri (Photo H. Barmasse)

KATHMANDU, Nepal – “Non ho ancora realizzato cosa sia successo, sono ancora un po’ stralunato: la salita è stata eterna. E che passaggi da paura, quarto grado a ottomila metri. Ma in cima mi sono sentito così leggero. Sono finiti, ‘sti 14 ottomila. Sono finiti!!”. E’ felice, Mario Panzeri, mentre brinda con gli amici al campo base. E’ stanco, ma felice che tutto sia andato bene. Quest’ultimo ottomila, però, se l’è davvero sudato. Ecco il racconto di Panzeri, fatto ai nostri microfoni poco dopo essere rientrato finalmente nella sua tenda, con i commenti di Giampaolo Corona che è salito in vetta con lui e Marco Confortola che lo aspettava al campo base.

“Dovevamo partire alle 21 da campo 3 per la cima – racconta Panzeri -. Invece, c’era un vento, ma un vento, che io e Giampaolo ci siamo guardati e abbiamo detto: dove andiamo? E abbiamo aspettato fino all’una e mezza di notte. Poi siamo partiti. Verso le quattro di mattina albeggiava, e il vento è aumentato ancora. Ci siamo riparati sotto un masso, abbiamo aspettato un’ora, un’ora e mezza. Eravamo partiti in tanti da campo 3. Ma a quel punto, quasi tutti hanno rinunciato. Solo io, Giampaolo e Dawa abbiamo proseguito verso la cima”.

Solo voi 3? “Sì, in tre – risponde Mariolone -. Ma che fastidi, che fastidi. Tutta quella neve da battere, è stato un casino. Siamo arrivati su tardi, verso le cinque e mezza, comunque non era buio. Verso le due e mezza eravamo sul plateau da dove si vedono su tutte le cime: volevo parlare con Gnaro per sapere bene da dove salire. So che lo hanno rintracciato, ha cercato di chiamarmi, ma le batterie di questi satellitari nuovi non durano niente. Il mio si è scaricato, poi Dawa ha chiamato Nima che era andato su l’anno scorso ed era al campo base, gli ha dato due indicazioni. Abbiamo proseguito ma… porco cane, salita da paura, pareti di 4° grado a ottomila metri. Comunque le abbiamo fatte. Poi oggi ho chiamato Gnaro e l’ho ringraziato. Gli ho raccontato cosa abbiamo fatto mi ha detto: “altro che la cima, ne hai fatte 4 di cime con questa salita”.

In Italia, infatti, la tensione era alle stelle, in attesa della telefonata dalla cima sembrava non arrivare mai. “Come facevo a chiamare – risponde l’alpinista -, il mio satellitare era scarico. Poi in cima Dawa mi ha prestato il suo perchè volevo chiamare Paola da lassù. Però ho chiamato a casa, era l’unico numero che sapevo a memoria, il cellulare non me lo ricordo!”.

Panzeri ride. E’ in tenda con Giampaolo Corona, che è arrivato al campo base qualche ora dopo di lui, e con Marco Confortola, che ieri ha rinunciato alla cima quand’era arrivato a 7500 metri. Bevono raski, tradizionale bevanda nepalese, brindano ai 14 ottomila e pensano… che ora sarebbe bello andare al mare!

“Stiamo pensando che l’alpinismo non è il massimo come sport – scherza Corona – ce ne sono di meglio. Comunque sono contento, della cima e che sia finita. Siamo stati forse troppo tempo fermi al base. Abbiamo avuto troppo brutto tempo, siamo stati bravi a non mollare, dopo 40 giorni cominciavamo a vacillare, eravamo davvero un po’ stufi. Però in cima eh, sì, un’emozione”.

“Ma dopo la cima l’è mia finida (non è finita, in dialetto lecchese) – riprende Panzeri -. Io e Giampaolo abbiamo dovuto anche bivaccare stanotte”. A che quota? Chiediamo. “Ah proprio non la so la quota – risponde Panzeri – perché campo 3 non siamo riusciti a metterlo nel posto giusto, era circa a 7.100 metri. Noi eravamo a due ore e mezza da campo 3, sotto un sasso. Siamo rimasti lì qualche ora, poi stamattina prestissimo abbiamo raggiunto il campo. Sulla via c’erano ancora tanti di quelli che ieri avevano tentato la cima. Ad un quarto alle quattro l’iraniano ci ha fatto il tè, ci siamo riscaldati e poi siamo scesi al base”.

In cima non ti sei sentito più leggero? “Sì, assolutamente – risponde Panzeri -. Ma non mi sono ancora bene accorto di cosa è successo, perché sai, son venuto giù stamattina, Giampaolo è appena arrivato, abbiamo bivaccato fuori. Sono un po’ stanco, forse devo dormirci sopra. Abbiamo dormito poco anche l’altro giorno, per salire a campo 2 c’era un temporale che non mi è mai capitato in vita mia. Togliendo gli zaini sentivamo i tuoni nella schiena. Stamattina sono arrivato al base stralunato, appena ci ho messo piede mi sono venuti incontro per filmarmi, ma sul momento ho mandato via tutti, pensavo solo: adesso sono al campo base e oggi sto in pace! Poi però la festa è iniziata… troppo bello. Coi nepalesi bello mi trovo sempre bene, è tutta una bella compagnia, alla fine son contento”.

“Adesso stiamo tirando le conclusioni della battaglia – dice Confortola -. Son contento che SuperMario ha finito e che anche gli altri sono andati in cima, sono stati bravi bravi bravi, grandiosi, e poi voglio dire a chi dice che gli ottomila sono solo “pestar neve”, che ci sarebbe da dirgliene 4. Non sanno cosa vuol dire essere himalaysti”.

“Sono contento per loro – continua l’alpinista valtellinese -. Ma adesso penso che devo andare avanti anche io, sono fermo a 6 ottomila devo trovare una soluzione per i miei piedi. Se migliorano rispetto a due anni fa? Insomma, sento un po’ meno male ma io adesso ho paura appena sento qualcosa. Comunque le condizioni di salita erano veramente brutte. Ho deciso di rientrare, ma mi sentivo in colpa perché non son salito con Mario”.

Panzeri è dispiaciuto della sua rinuncia. “Devo dire che mi sono agitato un po’ per Marco – dice l’alpinista lecchese-, mi dispiace che abbia dovuto scendere. Ha fatto tanto, in salita, adesso lo so, diranno che non va in cima per i piedi e quelle storie lì, ma noi l’abbiamo visto al lavoro, mi dispiace proprio, se lo meritava di salire”.

Salita dura, ma adesso la soddisfazione è piu grande? “Sicuramente – dice Panzeri -. Porco cane non devo piu alzarmi alle 5 pensare alle scarpette e agli scarponi, alle magliette e agli zaini. Adesso vado al mare! Sono a posto adesso… li ho finiti sti 14 ottomila del cavolo, basta. Almeno per un po’”.
Mario è talmente felice che non gli interessa nemmeno pensare a quando dovrà rientrare o a preparare i bidoni. Vuole solo godersi questo momento, tanto desiderato che adesso fa fatica a crederci. Non riesce nemmeno a pensare alla festa che lo aspetta a casa, dove gli amici hanno già iniziato a sparare fuochi d’artificio.

“Massì, la festa, va sempre bene – dice Panzeri – ma sono quasi in fastidio a pensarci, chissà cosa mi combineranno i miei amici di Rongio. Mi ha detto Gnaro di aspettare che torni dalla Russia a fine mese per brindare insieme, ma non credo che riuscirò a fermare quegli “animali” lì. Al massimo faremo doppia festa. E poi voglio dire ad Agostino Da Polenza che la festa è anche per lui, che mi ha fatto conoscere questi posti in Himalaya. Se no, chissà dove sarei. Saluto e ringrazio tutti quelli che ci hanno seguito. Ci vediamo in Italia”.

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7 Commenti

  1. Mi emoziona solo leggere l’articolo, non posso nemmeno lontanamente immaginare la soddisfazione di aver salito tutti e 14 i grandissimi della terra. COMPLIMENTI!!!

  2. Ma allora Panzeri ce l’ha potuta fare anche grazie all’opera e alla presenza del grandissimo Marco! Questo è molto importante per noi clienti che significa per noi sicurezza quando siamo con lui!

    1. Va be..adesso è tutto merito di Marco Confortola…insomma siamo giusti, Marco ha fatto moltissimo con la sua presenza di grande guru ma mica tutto, Panzeri ci ha messo del suo.

  3. Che menata sti 14 ottomila. Quanti ce ne vogliono di collezionisti perchè non se ne parli più? Son cose vecchie, già fatte.

  4. Grande Mario…..speriamo che ce ne siano ancora tanti altri che provano a rifare cose vecchie già fatte!!!…perchè questo è l’alpinismo!

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