Ricette e sapori

L’annoia dei monti abruzzesi

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Quando si dice "del maiale non si butta niente". Dalla tradizione contadina dell’Appennino nasce un salume povero ma gustoso, che porta con sè i colori e i sapori forti del Centro italia, come l’arancia e il seme di fincchio. Ecco l’annoia.

ZONA DI PRODUZIONE: Viene fatto durante l’inverno un po’ in tutto l’Abruzzo. Rinomata è l’annoia di Ortona in provincia di Chieti, ma ne stanno emergendo altre relegate fino ad ora a dimensione minima. Sono una decina i quintali prodotti da alcune macellerie e i piccoli laboratori artigianali della zona.
 
DESCRIZIONE DEL PRODOTTO: Di forma cilindrica a mezzaluna, ha un colore rosso dovuto alla presenza del peperoncino. La pasta è spalmabile con un aroma affumicato ed un sapore piccante e sapido.
 
LAVORAZIONE E CONSERVAZIONE: Le trippe di maiale, precedentemente tenute a bagno in acqua e farina di granturco, sono abbondantemente sciacquate con acqua aromatizzata con bucce e succo d’arancia. Vengono lessate, tagliate a striscioline insieme alla rosetta di suino (parte finale del budello). Successivamente vengono conciate, amalgamate bene con sale, pepe, peperoncino e semi di finocchio ed insaccate nel budello naturale del maiale.
 
STAGIONATURA: Non subisce stagionatura.

INGREDIENTI: Carne e grasso di suino di seconda scelta, 250 grammi di peperoncino per ogni chilo di carne, 30 grammi di sale per chilogrammo di annoia.

TRADIZIONE STORIA: Questo salume appartiene alla cultura dei recupero tipica della civiltà contadina, secondo la quale nulla deve essere sprecato. Così, se alla fine del ciclo di lavorazione del maiale rimane qualche frattaglia non del tutto utilizzata, allora ecco nascere l’annoia, il cui nome deriva probabilmente dal francese "andouille", che, dall’Appennino marchigiano-umbro fino a quello molisano, variando lessico, ingredienti e tecniche di conservazione, chiude il ciclo di conservazione dei maiale. Una specie di geroglifico gastronomico che è il suggello e la gratificazione di quanti, per ore ed ore, hanno lavorato in piedi con le mani arrossate dall’acqua bollente, dal freddo e dal sangue. Imperando il divieto di macellazione domestica (almeno sulla carta…) la produzione famigliare è in calo verticale.

A cura di Sergio Grasso

 

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