Ricette e sapori

Liguria, il formaggio di San Stè

formaggio san stè

Arrostito "in sa ciàppa" (su di una lastra di ardesia) e servito su fette di pane casereccio, il formaggio di San Stè è al massimo della sua fragrante bontà. Si produce nei comuni di Rezzoaglio e Santo Stefano d’Aveto: qui ogni borgata sparsa sui monti, contornata da boschi e prati, ha il suo piccolo "casaro" che fa il formaggio da generazioni.

ZONA DI PRODUZIONE: È originario dell’Alta Val d’Aveto, alto chiavarese al confine con la provincia di Piacenza.

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO: Si tratta di un formaggio a latte vaccino intero, non pastorizzato. E’ tratto da mucche di razza Bruno-alpina e Cabannina alimentate da essenze spontanee di foraggi verdi di prati, o da erbai affienati con eventuali integrazioni di miscele di cereali. Nel periodo invernale si utilizzano insilati d’erba di provenienza locale. La crosta è sottile, compatta, elastica ed edibile. La pasta, a fine occhiatura, di colore giallo paglierino. Il sapore fragrante la cui intensità aumenta con l’aumentare della stagionatura; ha un leggero retrogusto amarognolo.

LAVORAZIONE, CONSERVAZIONE E STAGIONATURA: La coagulazione con caglio di vitello in pasta o in polvere avviene a 35°C circa, protraendosi per 35 minuti. La cagliata è poi rotta fino a raggiungere le dimensioni di un chicco di riso, aggregata con la schiumarola, raccolta con un telo e posta su tavoli di lavorazione. Stagiona almeno 60 giorni. Si trova in forme grandi da 8 a 12 Kg e ha un sapore intenso di buono, di montagna, di sano e genuino. Il colore giallo intenso e la leggera spugnosità ne fanno il principale esponente del panorama caseario dell’Appennino. Si usa solo latte bovino fresco. La produzione limitata deve essere valorizzata e fatta conoscere per poter apprezzare le caratteristiche organolettiche tipiche del formaggio di montagna.

INGREDIENTI: Latte, caglio, sale.

ATTREZZATURE: L’attrezzatura è quella classica di un caseificio.

TRADIZIONE E STORIA: Nella valle dell’Aveto la produzione di formaggio ha sempre costituito la maggiore risorsa economica delle famiglie. Siccome la quantità di latte giornaliera per famiglia non consentiva la produzione di una forma di formaggio decorosa, era consuetudine effettuare il cosiddetto cambio tra le famiglie di una determinata frazione. Il latte di una frazione veniva lavorato a turno da una sola famiglia: il latte cambiato era restituito alle varie famiglie creditrici nel giorno in cui cadeva il loro turno di lavorazione. Fatto arrostire "in sa ciàppa" (su di una lastra di ardesia) e servito su fette di pane casereccio, il formaggio di S. Stefano acquista il massimo della sua bontà. L’abbinamento enologico può essere fatto con un vino rosato, che ben si combina con la punta piccante e il retrogusto amarognolo del formaggio.

A cura di Sergio Grasso 

 

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