Ricette e sapori

Toma di Gressoney

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ZONA DI PRODUZIONE: Valle d’Aosta. Le valli del Lys: Champorcher, Evancon e Gressoney

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO: Formaggio prodotto durante l’estate in alpeggio e nell’inverno presso le latterie valligiane. La forma, di 15-30 cm di diametro, è cilindrica con facce piane o quasi piane; lo scalzo, alto da 5 a 20 cm, è diritto o leggermente convesso; il peso è compreso tra 1 e 7 kg. L’aspetto esterno è sufficientemente consistente, di colore paglierino tendente, con il protrarsi della stagionatura, al grigio con sfumature rossicce.

LAVORAZIONE, CONSERVAZIONE E STAGIONATURA: La materia prima è il latte di vacca proveniente da almeno due mungiture, che può essere eventualmente addizionato con percentuali minime di latte caprino.
Per il formaggio di tipologia semigrassa il latte viene lasciato riposare in relazione alle condizioni ambientali per un periodo variabile da 24 a 36 ore. Il latte deve essere quindi coagulato ad una temperatura di 34-36°C sfruttando lo sviluppo spontaneo della microflora casearia con l’uso di caglio naturale.
Segue la rottura della cagliata con innalzamento della temperatura a almeno di 45°C. La massa caseosa collocata in fuscelle, localmente chiamate "fèitsouëre", può essere sottoposta ad una leggera pressatura cui segue il rivoltamento effettuato 3-4 volte nelle 24 ore. La salatura si attua a secco o in salamoia; la salatura a secco avviene inizialmente a giorni alterni per diradarsi progressivamente nel tempo in un periodo complessivo di 20-30 giorni. La pulitura della forma si effettua con di un panno imbevuto in una soluzione di acqua e sale.
Stagiona 3 o 4 mesi su assi di legno in cantine o grotte, ma si presta benissimo all’invecchiamento: perfettamente integra anche dopo 3 anni, le sue caratteristiche organolettiche si esprimono al meglio dopo 18, 24 mesi di affinamento.

INGREDIENTI: Latte vaccino crudo, proveniente da due mungiture, scremando per affioramento quello della prima dopo ventiquattro ore di riposo e quello della seconda dopo dodici ore.

TRADIZIONE STORIA: Fino a una ventina d’anni or sono le malghe attive erano numerosissime, ma oggi sono pochi i margari che continuano a produrre questa toma, perché quasi tutto il latte raccolto in alpeggio viene destinato ai caseifici sociali per la lavorazione della fontina e perché la maggior parte dei trasformatori è scoraggiata dal basso reddito e dagli alti costi di produzione in quota. La toma di Gressoney è prodotta con una lavorazione che consente di produrre una gran quantità di burro, più facile da collocare sul mercato e spesso più redditizio della toma o della fontina stessa.
Giulio Angelo Negri, nel suo libro Il Casaro Valdostano edito dall’Assessorato Agricoltura e Foreste nel 1957, scriveva che la Toma di Gressoney negli anni ’50 era molto conosciuta ed apprezzata nel biellese, tanto da assorbire tutta la produzione estiva degli alpeggi delle valli di Gressoney, di Champorcher e dell’Évançon, nonché delle latterie della Bassa Valle nel periodo invernale. Sempre secondo il Negri, la lavorazione di questo formaggio era addirittura più redditizia della Fontina, in quanto lo si vendeva allo stesso prezzo, permettendo inoltre di produrre un burro di crema di latte assai pregiato. Oggigiorno la Toma di Gressoney, prodotta esclusivamente negli alpeggi e mayens della valle del Lys, è diventata un prodotto non facilmente reperibile sul mercato della piccola distribuzione, introvabile nel circuito della ristorazione, ed è prodotta in quantità molto limitata, soprattutto nel periodo estivo.
Quella di Gressoney si distingue dalle altre tome per le caratteristiche organolettiche uniche, dovute al fatto che è prodotta con latte crudo munto a mano di bovine appartenenti ad una razza autoctona, senza l’ausilio di fermenti lattici selezionati, utilizzando tecniche di caseificazione secolari e attrezzature casearie tradizionali. Inoltre la Toma di Gressoney è posta a stagionare per almeno 2-3 mesi nelle cantine degli alpeggi, per poi completare l’affinamento in appositi locali dei paesi del fondovalle.

 

A cura di Sergio Grasso

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