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Pochi giorni alla premiazione dei Piolets d’Or: un parata di stelle ai piedi delle Pale

Dall’8 al 10 dicembre gli “Oscar dell’alpinismo” arrivano per la prima volta sulle Dolomiti. Tre giorni di incontri e di feste, in onore dei protagonisti delle più belle ascensioni compiute nel 2023

E’ impossibile compilare un albo d’oro più completo. Nell’elenco dei vincitori dei Piolets d’Or, gli “Oscar dell’alpinismo” che si assegnano da trentun’anni, spiccano decine di nomi straordinari. Tra loro protagonisti come David Lama e Michel Piola, Tomaž Humar e Alex Honnold, Valerij Babanov e Thomas Huber, Steve House e Mick Fowler, Ueli Steck e Denis Urubko, Sean Villanueva e Hansjörg Auer.

L’albo d’oro dei Piolets d’Or permette anche di fare un viaggio nel passato dell’alpinismo, grazie ai premi alla carriera assegnati a Doug Scott, Kurt Diemberger, Reinhold Messner, Catherine Destivelle, Krszystof Wielicki, Chris Bonington e Walter Bonatti, al quale da qualche anno è intitolato il trofeo.

Chi legge con attenzione gli elenchi scopre che alcuni alpinisti, come l’inglese Paul Ramsden, sono “abbonati” ai Piolets d’Oro, che hanno ottenuto per due, tre, quattro e perfino cinque volte. Per storici e cronisti dell’alpinismo, i nuovi nomi che si affacciano ogni anno vanno sottolineati in rosso, perché torneranno a far parlare di sé.

L’alpinismo di punta è un’attività pericolosa, e ogni anno qualcuno dei vincitori conclude la sua carriera in maniera tragica. La giuria ricorda i cinque alpinisti già insigniti dei Piolets d’Or che sono recentemente scomparsi in montagna. Si tratta dei giapponesi Kazuya Hiraide e Kenro Nakajima, caduti sul K2, e del georgiano Archil Badriashvili che ha perso la vita sullo Shkhelda, nel Caucaso. Commuove la vicenda dei russi Dmitry Golovchenko e Sergey Nilov, morti sul Gasherbrum IV. Nilov, nel 2024, ha perso la vita per ritrovare il corpo dell’amico che era scomparso sulla stessa cima un anno prima.

A dar vita ai Piolets d’Or (“Piccozze d’Oro”), nel 1991, è stato un gruppo di appassionati francesi, raccolti intorno alla rivista Montagnes Magazine e coordinato da Guy Chaumereuil e da Jean-Claude Marmier, presidente del Groupe de Haute Montagne, l’equivalente transalpino del Club Alpino Accademico Italiano.

Dall’inizio, più delle difficoltà tecniche, i Piolets d’Or celebrano l’impegno complessivo delle ascensioni, e il gusto per l’avventura e per l’esplorazione dei loro protagonisti.

Quest’anno, tra le salite segnalate nella “Big List” compaiono vette celebri come lo Jannu, l’Aguja Guillaumet, l’Eiger e la Barre des Écrins. Più numerose, però, sono le imprese su cime sconosciute come lo Yernamandu Kangri (Pakistan), la Ataatup Tower (Groenlandia) o lo Huallomen (Bolivia).

Insieme alla valutazione tecnica, c’è quella sull’etica e il messaggio di ogni salita. Nell’alpinismo moderno, lo stile di ascensione è più importante che raggiungere la vetta a ogni costo spiega la giuria. “Non si tratta di impiegare grandi risorse economiche e tecniche, come ossigeno in bombola, corde fisse, portatori d’alta quota, perforazioni diffuse, supporto con elicottero, sostanze “migliorative” delle prestazioni e grandi squadre per raggiungere la cima”.

L’esempio di questo doppio giudizio si è avuto nel 2013, quando la giuria ha premiato gli austriaci David Lama e Peter Ortner per la prima salita in libera della Via del Compressore al Cerro Torre, e il canadese Jason Kruk per la schiodatura dell’itinerario.

Nell’edizione 2022, la giuria ha riconosciuto il valore della via aperta dagli ucraini Nikita Balabanov, Mikhail Fomin e Viacheslav Polezhaiko sull’Annapurna III, 7555 metri, ma non li ha premiati perché per raggiungere il campo-base i tre hanno usato un elicottero. Anche se il sentiero per arrivarci era stato spazzato via da un’alluvione.

I premiati dell’edizione 2024

Quest’anno, dopo molte edizioni in Francia, la cerimonia di premiazione dei Piolets d’Or si tiene in Italia, a San Martino di Castrozza, ai piedi delle guglie di dolomia delle Pale. La giuria, composta da Lise Billon (Francia), Jack Tackle (USA), Mikel Zabalza (Spagna), Genki Narumi (Giappone), Tony Gutsch (Germania), Aleš Česen (Slovenia), ed Enrico Rosso (Italia) ha già annunciato gli alpinisti premiati.

Uno dei tre Piolets d’Or è stato assegnato ai canadesi Jackson Marvell, Alan Rousseau e Matt Cornell per l’apertura di Round Trip Ticket, una via di 2700 metri sulla parete Nord e la cresta Nord-ovest dello Jannu. La cima tocca i 7710 metri di quota si alza nel Nepal orientale, di fronte al Kangchenjunga. La guida francese Jean Franco, leader della prima spedizione a tentare lo Jannu, ha scritto “nessuno sarebbe mai salito per la Nord”. Lo svizzero Erhard Loretan l’ha descritta come “la più grande sfida dell’Himalaya”. Nel 2007 il russo Sergey Kofanov, primo salitore con Valerij Babanov della cresta nord-ovest dello Jannu, ha scritto che salire sulla Nord sarebbe stato come acquistare “un biglietto di sola andata”. Il nome della via, che significa “Biglietto di andata e ritorno”, significa che la sfida è stata vinta.

La giuria, dopo aver notato che la via “ha aperto un nuovo capitolo nella storia delle ascensioni himalayane”, ha perdonato la discesa in elicottero dal campo-base di Marvell e Rousseau, ma solo perché è servita a far curare i congelamenti dei due.

Altissima difficoltà tecnica, ma anche un valore simbolico per il Piolet d’Or assegnato agli svizzeri Hugo Béguin, Matthias Gribi e Nathan Monard per Tomorrow Is Another Day, una via di 1400 metri sulla parete Nord del Flat Top, 6100 metri, nel massiccio indiano del Kishtwar.

Il valore aggiunto sta nella posizione della montagna, nella regione dello Jammu and Kashmir, che dal 1947 è contesa tra l’India e il Pakistan. L’ascensione indica che la situazione è migliorata, e molte vette inviolate sono diventate accessibili. Dopo la via nuova in salita, i tre ne hanno tracciato una seconda scendendo per la parete Ovest.

Grande commozione per il terzo Piolet d’Or, assegnato per The Secret Line sulla parete Nord del Tirich Mir, 7708 metri, la vetta più alta dell’Hindu Kush, che si alza in Pakistan ma sul confine con l’Afghanistan. Un itinerario di straordinaria difficoltà, che riporta agli onori delle cronache una montagna quasi dimenticata. Un anno dopo, nell’estate 2024, i due protagonisti, i giapponesi Kazuya Hiraide e Kenro Nakajima, hanno perso la vita sul K2.

Il Piolet d’Oro alla carriera, intitolato a Bonatti, è stato assegnato al catalano Jordi Corominas, protagonista di importanti ascensioni sui Pirenei, sulle Alpi e in Himalaya, e che è stato definito “il legame tra gli alpinisti spagnoli del XX secolo e quelli del XXI secolo”.

Il Premio per la Promozione dell’Alpinismo Femminile va invece a un’italiana, la tarvisiana Nives Meroi, per la sua attività sulle montagne di casa e del mondo. Nel 2017, con il marito Romano Benet, Nives ha completato la collezione dei 14 “ottomila”. Rientra nello spirito dei Piolets d’Or l’apertura nel 2023 di una difficile via sul Kabru South, in Nepal, con Romano, lo slovacco Peter Hámor e lo sloveno Bojan Jan.

Il programma delle premiazioni

Contribuiscono alla festa dei Piolets d’Or l’APT San Martino di Castrozza Primiero e Vanoi, Trentino Marketing e altri sponsor, dà il patrocinio la Fondazione Dolomiti UNESCO.
Si inizia domenica 8 dicembre, con l’inaugurazione (ore 17) in piazzetta La Crodaroi, e con una conferenza (ore 21) sulla storia dell’alpinismo sulle Pale della guida Narci Simion.

Lunedì 9, dalle 14.30 alle 15.30, si possono incontrare gli alpinisti premiati presso il rifugio Rosetta. Al Palazzetto dello Sport si parlerà del progetto Ice Memory (15.30) e poi delle Dolomiti UNESCO con Mara Nemela, Luca Calvi e Christian Trommsdorff. Alle 21 conferenza sull’alpinismo dolomitico delle guide Nicola Tondini e Alessandro Baù, apritori di molte vie nuove.

Martedì 10, dalle 14 alle 16 presentazioni degli alpinisti nominati e delle loro salite. Seguono un’apericena a buffet e la serata di gala con le premiazioni del Piolets d’Or. L’ingresso è libero ma con obbligo di prenotazione, e fino all’ esaurimento dei posti.

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