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Le Aquile di San Martino: da oltre 140 anni custodi delle Pale

Dalle prime imprese di Michele Bettega e Bortolo Zagonel alle grandi spedizioni su Dhaulagiri e Makalu. Un monumento perpetuerà le gesta dello storico sodalizio del Primiero

Una statua. Un monumento bronzeo a ricordo delle prime due Guide alpine attive in Primiero – Michele Bettega e Bortolo Zagonel – la cui inaugurazione, nella piazza principale di San Martino di Castrozza, è prevista per il prossimo autunno. Prende spunto da questo primo annuncio, rivelato con un certo orgoglio, la chiacchierata con Mariano Lott, presidente delle Aquile di San Martino, il gruppo di Guide alpine più longevo del Trentino.

«Nel 1881 – spiega Lott – Bettega, Zagonel, Antonio Tavernaro e Giuseppe Zecchini formarono un primo sodalizio, sull’esempio di quanto già accadeva nelle Alpi occidentali, con la società di Courmayeur, ad esempio, fondata nel 1850, o il gruppo di Chamonix, che vide la luce ancora prima, nel 1821».

Già, perché a differenza di Ragni, Ciamorces e Scoiattoli, le Aquile di San Martino non sono soltanto una società alpinistica, ma un vero e proprio consorzio di guide: esserlo, una guida, è infatti condizione necessaria per farvi parte. «Ma non sufficiente, – specifica Lott – perché occorre anche risiedere in Primiero, a conferma di quello stretto legame al territorio che fu caratteristica ineludibile dei nostri pionieri».

Quei Pionieri che lo scorso anno, al Trento Film Festival, furono presentati nell’omonimo film con protagonista la Guida Alpina Peter Moser: lui che sulle Pale ha deciso di ripercorrerne le gesta, in un viaggio intimo e personale alle radici dell’alpinismo di questa valle. Radici che trovano in Michele Bettega, originario di Transacqua – e interpretato nel film proprio da Mariano Lott – un centro nevralgico fondamentale.

Di famiglia contadina e molto povera, appena sedicenne Bettega andò a servizio presso i signori Ben, una famiglia benestante del luogo che aveva affidato al ragazzo la custodia delle greggi e degli armenti. Proprio per cercare pascoli nuovi e freschi corsi d’acqua adatti alle mandrie, Michele fu spesso costretto a spingersi fin quasi al limite della vegetazione. E forse fu proprio durante quei lunghi bivacchi che maturò in lui l’idea di poter guadagnare qualcosa di più da quelle terre alte ed insidiose.

Nelle poche ore di ozio si era inerpicato su qualche paretina rocciosa, scoprendo che questo tipo di esplorazione gli riusciva piuttosto facile. E così, quando uno dei primi alberghi di San Martino si mise alla ricerca di un uomo che fosse adatto al compito di mostrare le Pale ai suoi nuovi clienti stranieri, Michele non si tirò indietro: era il 1878 e Bettega accompagnò due inglesi sulla cima Pradidali, un’impresa che non solo andò a buon fine ma che fece anche guadagnare a Michele la sua prima corda di canapa. Si trattava di quella utilizzata durante l’ascesa dagli inglesi stessi, che rimasero talmente entusiasti della loro giovane Guida al punto di donargliela.

I clienti inglesi furono i primi ambassador delle Aquile

«La storia delle Aquile iniziò così – racconta Lott – e occorre dire che a Bettega e alle prime guide che arrivarono dopo di lui, l’intera valle deve moltissimo: la loro intraprendenza fu un volano turistico senza precedenti».

Il richiamo delle Pale infatti diventò ben presto il motivo primario che spingeva i visitatori, in quella prima fase soprattutto stranieri, a giungere in una valle altrimenti periferica rispetto alla vicina Val di Fassa o alle Dolomiti ampezzane. «Era un periodo di forte esplorazione alpinistica – aggiunge Lott – e le possibilità che davano le Pale, ovvero di salire cime inviolate, aprire nuove vie o ripetere itinerari già famosi, sembravano a chi vi giungeva davvero infinite».

L’impresa forse più ricordata di questa prima parte di storia riguarda la parete sud della Marmolada vinta nel 1901 dall’inglese Beatrice Tomasson, accompagnata proprio da Michele Bettega e Bortolo Zagonel. La Tomasson, donna testarda ed incredibilmente tirchia, si era dapprima rivolta al fassano Luigi Rizzi, poi all’ampezzano Pietro Dimai ed infine – dopo il fallimento di questi primi due sodalizi, fra tentativi e contrattazioni – alla coppia di Aquile primierotte, capaci di condurla in vetta il 1° luglio di quell’anno.

L’ascesa ebbe una vasta eco in Inghilterra, tanto che Bortolo e Michele vennero più volte invitati a Londra durante la stagione invernale dagli stessi clienti che in estate si servivano della loro esperienza alpinistica.

«Si trattava di autentici viaggi della speranza, – racconta Lott – perché occorreva muoversi in carrozza da San Martino a Ora, per poi attraversare in treno l’intera Germania, in nave la Manica e giungere infine a Londra di nuovo in treno oppure in carrozza». Ma lo spirito pionieristico di Bettega e Zagonel permise loro di non sottrarsi mai a questi inviti e di far conoscere così il Primiero non soltanto oltre i confini della valle, ma nell’intera Europa.

L’enoteca-museo con i cimeli di una storia alpinistica ultracentenaria

Il fascino delle Pale si ampliò quindi per tutta la prima parte del Novecento, mentre, nel 1931, le Aquile – che allora abitavano di fatto quasi tutte a Fiera di Primiero – decisero di consorziarsi legalmente e d’inaugurare a San Martino di Castrozza la Casa delle Guide, in modo da poter avere un “campo base” più vicino alle cime che quotidianamente dovevano frequentare.

Oggi quella casa esiste ancora, ma se si dovesse individuare il vero quartier generale del gruppo, foriero di cimeli, aneddoti e un tripudio di fotografie inedite appese ai muri, il luogo a cui fare riferimento è senz’altro l’Enoteca di Renzo, a San Martino.

«Il Renzo in questione è Debertolis, – spiega Lott – che fu capospedizione nel 1976 al Dhaulagiri, quando le Aquile Silvio Simoni e Giampaolo Zortea raggiunsero la vetta di quel difficile ottomila. Ora il locale è gestito dal figlio ed entrarvi è un autentico viaggio nella memoria del nostro gruppo».

Memoria che, scandagliando i decenni e le conquiste, si ferma poi ad un altro Giampaolo: Corona, protagonista nel 2001 dell’ascesa ad un altro ottomila, il Makalu.

«Corona, istruttore del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza, ci dà modo di parlare di un altro grande tema – prosegue Lott – ovvero di come, a partire dagli anni Cinquanta, la Scuola Alpina della Guardia di Finanza a Passo Rolle abbia rimpinguato le fila delle Aquile con nuove leve, che si rivelarono essere alpinisti di grandissimo rilievo». Tra questi anche personaggi di spicco come Quinto Scalet, Rinaldo Zagonel e Angelo Bonat. Ma il rischio, nel provare a citare qualche nome, è veramente quello di dimenticarsene gran parte.

«La cosa più straordinaria delle Aquile  è che abbiamo sempre funzionato proprio come gruppo, al di là di ogni individualismo», continua Lott. «E continuiamo a farlo ancora oggi, con i 37 membri attuali. Forse l’unica preoccupazione è quella del ricambio generazionale: il problema è che adesso si diventa Guide molto tardi e soprattutto chi ottiene il brevetto non sempre svolge realmente la professione, che spesso rimane soltanto un tesserino nel portafoglio».

Quel monumento in piazza, con gli sguardi di Bortolo e Michele rivolti verso il cielo, ricorderà a tutti  che le Aquile, su quelle Pale, continueranno a volare. E ad arrampicare.

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