Gli Scoiattoli di Cortina, storia di un gruppo leggendario
Nel 1939 dieci giovanissimi “scaeze” fondarono quello che oggi è uno dei sodalizi di arrampicatori più famosi del mondo. I contrasti iniziali con le Guide alpine e le oltre 350 vie aperte solo nelle Dolomiti d’Ampezzo
“Cambia l’alpinismo, cambia l’arrampicata e cambiano le generazioni, la vita stessa si stravolge nel tempo. Ma c’è un legame, più forte di tutto, che dal 1° luglio 1939 ha permesso agli Scoiattoli di mantenere salda la propria identità: è la passione per il proprio paese, la montagna e le avventure che essa offre”.
Con queste parole si apre il sito ufficiale degli Scoiattoli di Cortina. A dire il vero nemmeno avrebbero bisogno di una presentazione, tanta è la notorietà del gruppo e dire Scoiattoli, con la S maiuscola, è dire Cortina, un binomio divenuto indissolubile. Tant’è vero che lo scoiattolo che questi ragazzi si fecero ricamare sui loro maglioni rossi, dalle loro mamme, sorelle e fidanzate fin dalla fondazione del sodalizio divenne simbolo di Cortina.
Va subito detto che gli Scoiattoli non sono arrampicatori professionisti, anche se tra di loro si contano numerose guide alpine. Oggi sono una novantina, più della metà attivi, ma i fondatori furono dieci: Silvio Alverà Boricio, Angelo Bernardi Alo, Mario Zardini Zesta, Ettore Costantini Vecio, Albino Alverà Boni, Bortolo Pompanin Bortolin, Siro Dandrea Cajuto, Romano Apollonio Nano, Giuseppe Ghedina Tomasc, e il più giovane di tutti Luigi Ghedina Bibi.
Quest’ultimo aveva solo 15 anni e gli altri pochi di più. Erano ragazzi scavezzacollo, “scaeze” come si dice a Cortina. Arrampicavano tutti da poco e a quei tempi nessuno di loro pensava di diventare guida (anche se poi cinque dei fondatori lo divennero). Eppure, Cortina era già nota per le sue eccellenti guide alpine, fin dalla seconda metà dell’Ottocento, basti pensare che già nel 1896 le guide autorizzate erano venticinque.
Il nome originario che si diedero i fondatori fu “Società rocciatori e sciatori gli Scoiattoli” (oggi Gruppo Scoiattoli Cortina) con uno statuto che allora prevedeva potesse fare parte del sodalizio solo chi era di Cortina e avesse un curriculum alpinistico di grande spessore. Il loro motto era “uno per tutti, tutti per uno”, mutuato da quello dei Tre Moschettieri. Le Dolomiti stavano attraversando un decennio in cui erano teatro continuo di grandi imprese e montagne ambite dai più forti arrampicatori.
Per l’alpinismo ampezzano questi “scaeze” furono una vera iniezione di entusiasmo e di rinnovamento, in un periodo in cui le vecchie guide avevano già dato il meglio di sé. Ma le guide alpine in attività si dimostrarono “piuttosto invidiose” e “sebbene il lavoro non mancasse c’era molta concorrenza e la paura assillante di farsi ‘rubare’ i turisti”, come raccontò Luigi Ghedina al compianto Giovanni Cenacchi, in un’intervista del 1989, contenuta nel bel volume Gli Scoiattoli di Cortina (Edizioni Dolomiti) di cui lo stesso Cenacchi è autore, “perché alle Cinque Torri noi arrampicavamo con impeto e passione anche sulle vie più dure”. E come raccontò Albino Alverà “A parte le enormi differenze per quanto riguarda la disponibilità del materiale, c’era qualcosa nel nostro alpinismo che assomiglia al free-climbing di oggi più di quanto non assomigliasse, ad esempio, all’alpinismo degli anni 50-60”.
Da quel primo luglio 1939, nonostante le vicissitudini della guerra, il numero degli Scoiattoli andò via via aumentando e al gruppo si aggiunse anche una ragazza, Emma Franceschi, la prima donna del sodalizio. Bisognerà attendere il 1987 perché altre due ragazze, Nadia Dimai e Maria Clara Iaia Walpoth, si aggiungessero al gruppo. Oggi le Scoiattole sono cinque.
Se dovessimo elencare tutte le imprese degli Scoiattoli l’elenco sarebbe infinito. Le prime vie sono centinaia sparse in tutto il mondo, dall’Himalaya alle Ande, in Canada, Ecuador, Perù, Brasile, Atlante, Nuova Zelanda, Groenlandia. Basti pensare che solo nelle Dolomiti d’Ampezzo, Franco Fini e Carlo Gandini, autori de Le guide di Cortina d’Ampezzo (Zanichelli 1983), contarono 150 nuove vie nei primi quarant’anni. Salite a 350, secondo Gandini, fino al 2013.
Sulla Cima Ovest di Lavaredo, una delle più impegnative vie, con una serie continua di tetti e strapiombi, porta il nome di Spigolo degli Scoiattoli. A raggiungere la cima il 22 luglio 1959 furono due cordate, Lorenzo Lorenzi – Albino Michielli e Gualtiero Ghedina – Lino Lacedelli, in 21 ore di arrampicata con un bivacco in parete. Altra impresa dolomitica di grandissimo valore è la Via Paolo VI, sul Pilastro della Tofana di Rozes, compiuta da Lorenzo Lorenzi, Bruno Menardi, Carlo Gandini, Albino Michielli e Arturo Zardini in ben cinque giorni di arrampicata dal 17 al 22 giugno 1963, dedicata al nuovo Papa dagli stessi scalatori quando il 21 giugno attraverso una radio transistor, mentre erano in parete, seppero dell’elezione a papa del cardinale Montini.
Ma il gruppo annovera molti dei suoi componenti che parteciparono e partecipano all’esplorazione alpinistica e all’apertura di nuove vie in tutti i continenti. Oggi le giovani leve incalzano. Certamente la più nota spedizione è quella che vide sventolare sulla vetta del K2 il gagliardetto degli Scoiattoli portato lassù da Lino Lacedelli nel 1954. E ripetuta nel 2004 da altri Scoiattoli per celebrare il cinquantenario della storica impresa, con al campo base ancora Lino Lacedelli, a quasi 79 anni.
Fin dagli inizi, il Gruppo ha sempre dimostrato disponibilità e altruismo nei soccorsi in montagna, anticipando quello che sarebbe poi diventato il servizio alla base del Soccorso Alpino. Memorabili per la loro complessità e il coraggio dei soccorritori due salvataggi d’inverno nel 1961 e 1963 sulle Tre Cime di Lavaredo, in condizioni estreme quando ancora non ci si poteva avvalere dell’elicottero.
“Una storia fatta di uomini, roccia, felicità, dolori, amicizia e conquiste”, ricordano gli Scoiattoli nel loro sito. “Un cammino che guarda al futuro arricchendosi di nuove realizzazioni ed esperienze sulle pareti di Cortina, delle Dolomiti e del mondo, portando sempre con sé la memoria di quei dieci stimatissimi “boces”.
per la redazione : nel 1963 fu eletto Paolo VI, non Paolo IV : la via alla Tofana infatti è Via Paolo VI