Gente di montagna

Meta Brevoort, stella dell’alpinismo al femminile del XIX secolo

Indomita e anticonformista, l’alpinista newyorchese si appassionò alla montagna solo a 40 anni di età. Ma poi bruciò le tappe, collezionando notevoli salite soprattutto sulle Alpi

È l’11 luglio 1868. Un piccolo gruppo di alpinisti raggiunge la Kleine Scheidegg. L’obiettivo è sfidare uno dei giganti più ambiti e agognati dagli scalatori: l’Eiger. Ad accompagnare due stranieri, c’è una delle guide alpine più esperte della zona, lo svizzero Christian Almer. Malgrado ciò, il tempo è inclemente, e la squadra è costretta a rinunciare. I due clienti anglosassoni sono affranti. Sono una strana coppia: un ragazzo diciottenne, di nome William Augustus Brevoort Coolidge, futuro teologo e star dell’alpinismo, e sua zia Marguerite Claudia Brevoort, detta Meta. Per consolare il giovane, Almer gli regala la sua cagnetta da guardia di tre anni, Tschingel. Nasce così, un po’ per caso, quella che verrà chiamata “la compania Tschingel”, una squadra di campioni destinata in pochi anni a entrare nella storia.

All’origine di tutto, c’è Marguerite e il suo tardivo ma possente innamoramento per la montagna. Nata a New York nel 1825, Brevoort è la rampolla di una famiglia di origine olandese che aveva fatto fortuna nel settore immobiliare a Manhattan. La ragazza ha l’opportunità di studiare in Francia, in una scuola religiosa, e di respirare l’aria di Parigi. D’estate, la vacanza di famiglia è in Svizzera. Ma la sua carriera di scalatrice inizia all’età di 40 anni, forse sulla scia dell’entusiasmo suscitato proprio nel 1865 dalla conquista del Cervino da parte di Edward Whymper.

Meta sogna di diventare la prima donna a eguagliare questo primato. D’altronde, da americana nordista ha le idee chiare: detesta la schiavitù e ogni forma di ingiustizia, e come alpinista vuole affrontare le stesse sfide degli uomini. A differenza delle sue colleghe dell’epoca, che arrampicavano indossando scomodi gonnelloni, lei decide di scalare in pantaloni maschili, anche se non si farà mai fotografare in questa mise. La prima cima che decide di conquistare è il Monte Bianco.

Nell’ottobre 1865, con Denise Sylvain-Couttet, moglie di un albergatore di Chamonix, giunge in vetta dove festeggia ballando una quadriglia con l’amica e cantando la Marsigliese, all’epoca vietata in Francia. Meta è uno spirito libero: è lei a organizzare le sue spedizioni, a reclutare le guide e anche a iniziare il nipote, figlio della sorella Elisabeth, al piacere della montagna. Nel 1867, porta con sé il ragazzo nell’ascesa alla Jungfrau (4158 m): è costretta a rinunciare all’ultimo tratto per un malessere, ma affida William alla guida François Devouassoud perché giungano in vetta, mentre lei li attende sul ghiacciaio.

Il 1868 è l’anno d’inizio del sodalizio con Christian Almer e suo figlio Ulrich. La cagnetta Tschingel – di media taglia, marrone e bianca, probabilmente un incrocio fra un beagle e un spaniel – diventa una compagna d’ascesa inseparabile di zia e nipote. Al Blümisalphorn (3661 m) rischia la vita: ha le zampe rotte dal ghiaccio, scivola e viene salvata per miracolo da un portatore che la afferra per il collare. Ma la quattrozampe, da vera oberlandese, ha la montagna nel dna e non si scoraggia. Lo stesso anno, con Meta, la cagnolina affronta Nesthorn (3822 m) e Aletschhorn (4194 m), qualificandosi come una scalatrice provetta. Al punto che nel 1875 sarà nominata membro onorario dell’Alpine Club britannico. «È la prima signora a essere mai ammessa in quell’esclusiva associazione», scriverà Meta alla sorella Elisabeth. Esclusiva è sinonimo di misogina, in realtà: l’associazione aprirà le sue porte alle donne solo nel 1975, dopo averle relegate per anni nel Ladies’ Alpine Club.

Ma torniamo a Marguerite e al 1869, quando la coraggiosa americana tenta per la prima volta di salire sul Cervino. Il meteo le rema contro: a 3900 metri, è costretta a rinunciare per le condizioni proibitive. Due anni dopo, decide di riprovarci. Progetta di andare a Zermatt, dove la sua rivale, l’inglese Lucy Walker, viene a sapere delle intenzioni di Meta. In tutta fretta, mette insieme una squadra e parte, raggiungendo per prima la cima. Quando Brevoort arriva a Zermatt, il giorno successivo dell’ascesa di Walker, non le resta che congratularsi con lei. Si dice che questo fu l’unico incontro fra queste due primedonne dell’alpinismo dell’epoca.

Marguerite, però, non è il tipo da farsi abbattere di fronte a una sconfitta. Il 5 settembre 1871 tenta la traversata da Zermatt a Cervinia – impresa realizzata prima solo quattro volte – ed è la prima donna a riuscirci. Nello stesso anno, è anche la prima donna a conquistare il Weisshorn (4506 m) e il Dent Blanche (4357 m).

L’anno precedente con William e i due Almer aveva scalato per prima il picco centrale della Meije (3973 m) nel Massiccio des Ecrins, nel Delfinato, all’epoca una zona poco battuta dagli alpinisti. Nel 1872, un altro record femminile: compie la prima ascesa sul Mönch (4110 m) da Wengernalp. Due anni dopo, mette a segno la prima salita invernale della Jungfrau.

Scompare a soli 51 anni, nel 1876. A lei viene dedicata la Punta Brevoort della Grande Ruine, nelle Alpi del Delfinato. È stata un’autentica fuoriclasse: in una decina d’anni, ha totalizzato 12 prime ascese assolute e 14 prime ascese femminili.

Che cosa ne è stato degli altri componenti della “compagnia Tschingel”? I due Almer sono entrati nell’empireo delle guide alpine. William Augustus Coolidge ha continuato, per qualche anno, a scalare con Christian e Ulrich Almer e il suo nome è associato a varie vette e luoghi alpini, per lo più francesi. Invecchiando, si è dedicato alla scrittura di libri e guide fino alla morte, nel 1926.

Tschingel sopravvisse a Meta per altri quattro anni, poi all’età di quattordici anni chiuse gli occhi per sempre, ormai celeberrima per le 66 vette da lei scalate, non per assecondare i suoi padroni – così si narra – ma da vera alpinista appassionata.

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