50 anni di Heidi, la bambina che fece scoprire le Alpi ai giapponesi
Stupore, semplicità, scoperta, rispetto per l’ambiente: i temi della fortunatissima serie animata sono più attuali che mai. Il pensiero del direttore di Meridiani Montagne
Il 6 gennaio 1974 andava in onda in Giappone la prima puntata di Arupusu no shōjo Haiji, cioè Heidi, la ragazza delle Alpi. La serie animata si componeva di 52 episodi e riprendeva abbastanza fedelmente la trama del romanzo da cui era tratta, Heidi, scritto dalla zurighese Johanna Spyri e pubblicato nel 1880. In Italia la versione anime sarebbe arrivata quattro anni più tardi.
Ricordo bene il giorno in cui il primo canale Rai mandò in onda quel primo episodio (si intitolava Il vecchio dell’alpe), come ricordo la fresca bellezza del disegno e dei colori, l’allegria sognante della canzoncina che faceva da sigla, lo stato di incanto in cui mi lasciarono gli ultimi fotogrammi, quando la piccola Heidi, appena arrivata nella baita del nonno-eremita, si rifà un letto nel fienile (di quel fieno pareva sentire persino il profumo) e attraverso la finestrella aperta sul tetto è investita dalla visione delle le stelle: l’indomani per lei, e per tutti noi telespettatori, sarebbe iniziata un’indimenticabile avventura alpina.
Ero un bambino? No. Ero più che maggiorenne allora, e l’unica debole giustificazione è che (forse) guardavo Heidi insieme ai miei nipotini. Comunque non me ne vergogno affatto, anzi, posso orgogliosamente dire di essere rimasto un fan del “papà giapponese” di Heidi, un vero gigante dell’animazione: Hayao Miyazaki. Tanto che non mi sono lasciato sfuggire il suo ultimo film, Il ragazzo e l’airone (per chi non l’avesse visto, è ancora nelle sale). Miyazaki aveva 32 anni quando disegnò la sua deliziosa pastorella, e oggi che ne ha 83 non ha perso quel tocco magico premiato perfino da un Oscar con La Città incantata.
Heidi ebbe il merito di far conoscere la Svizzera al pubblico nipponico, le montagne innevate, il mondo dei pascoli e dei casari, l’Europa “esotica” che da allora è rimasta una delle ambientazioni più care a Miyazaki. Per i giapponesi, che non conoscevano nemmeno il formaggio, era una fiaba nella fiaba.
Ma anche a noi italiani che viviamo a ridosso delle Alpi, o ai bavaresi altrettanto vicini alle montagne, Heidi fece riscoprire l’incanto della natura alpina, visto attraverso gli occhi di una bimba di cinque anni. Gli animali del bosco, le greggi, le nuvole, i tramonti, le gare con la slitta… il cuore di Heidi trabocca sempre di meraviglia di fronte allo spettacolo della natura (siamo alla fine dell’Ottocento, l’inquinamento turistico non è ancora arrivato!). Stucchevole? Forse, ma non c’è nulla di male nel sognare un mondo incontaminato: non è forse ciò che ancora e sempre cerchiamo, vanamente, nel nostro alpinismo?
Il pathos comunque non mancava. Heidi o le sue caprette rischiano più volte di cadere nei precipizi (e c’è pure qualche dramma alpinistico), la tormenta e i temporali mostrano il volto minaccioso della montagna, il nonno (episodio n. 11) deve persino impegnarsi in un soccorso, per salvare i “cattivi” cacciatori. C’è un evidente messaggio ecologico che percorre l’intera serie, ed è il suo tratto più attuale: la montagna ha in suoi ritmi, la sua bellezza, le sue leggi che l’uomo deve rispettare. Ma c’è anche di più: la montagna è terapeutica, ci salva. E infatti l’amica poliomielitica (oggi la diremmo disabile) di Heidi, la cittadina Clara, grazie all’aria fresca, al buon latte delle capre, all’amicizia, ricomincia a camminare.
A 50 anni di distanza, il piccolo/grande messaggio di Heidi non è sbiadito, i colori di Miyazaki anzi sono più vivaci che mai: rimasterizzati in un’edizione su DVD distribuita da Dynit lo scorso anno. Potete vederla, se volete, o ri-vederla, anche (soprattutto se) siete adulti, senza vergognarvi. E poi c’è la sigla: riguardate almeno quella su YouTube. A suo tempo (c’erano allora i 45 giri) vendette più di un milione di copie. Per conto mio la sto già cantando tra me e me: Heidi, il tuo nido è sui monti… accipicchia, qui c’è un mondo fantastico…
Sempre stato il mio cartone preferito!