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Messner e Viesturs chiudono a Trento la polemica sugli 8000

Lo scalatore altoatesino senza mezzi termini riguardo al Guinness-gate. L’ammirazione incondizionata dell’americano. Gli applausi del pubblico

Il vecchio leone è ancora capace di ruggire, e chi lo ha provocato ha bisogno di rifugiarsi in un nascondiglio sicuro. L’edizione 2023 del Festival dello Sport di Trento, come quelle che l’hanno preceduta, aveva al centro personaggi di straordinario richiamo come il saltatore Gianmarco Tamberi, i ciclisti Filippo Ganna e Primož Roglič, icone del pallone italiano e mondiale come Zlatan Ibrahimović e Roberto Baggio.

Il polverone alzato dall’edizione 2024 del “Guinness dei Primati”, che qualche settimana fa ha tolto a Reinhold Messner il primato di primo salitore di tutti i 14 “ottomila” per consegnarlo allo statunitense Ed Viesturs, ha però reso possibile, e piazzato al centro dell’attenzione del festival, anche l’incontro tra i due grandi alpinisti. Un evento andato in scena sabato scorso al Teatro Sociale, con l’attenta regia di Alessandro Filippini e Luca Calvi. Fuori dal Teatro, già un’ora e mezzo prima dell’inizio, si allungava una lunga fila di spettatori alla ricerca di un posto. Prima di entrare in sala, a causa delle tensioni di questi giorni in Israele e in Palestina, ci si doveva sottoporre a un controllo del bagaglio, e si doveva traversare un metal detector da aeroporto. Chi ha sopportato i disagi, però, ha assistito a una serata che entrerà nella storia.

La prima parte dell’evento di Trento, in realtà, è sembrata noiosa. Ed, Luca e Alessandro hanno iniziato a parlare da soli, Reinhold è entrato in scena dopo un po’, e ha iniziato una lezione di storia dell’alpinismo. Il tono per una ventina di minuti è stato francamente noioso, ma in sala non si è sentita volare una mosca. Messner, 79 anni, ha finalmente carburato quando è passato dalle Alpi al suo amato Himalaya. In quel momento a qualcuno, tra Eberhard Jurgalski e i suoi amici da un lato e i redattori del “Guinness dei Primati” dall’altro, devono aver iniziato a fischiare rumorosamente le orecchie.

Ed Viesturs, dopo l’intervista in Piazza Duomo nel pomeriggio e le brevi risposte all’inizio della serata, si è accomodato in poltrona ad ascoltare le parole di Messner, con stampato in faccia un sorriso radioso. “Reinhold è stato la mia ispirazione e il mio eroe”, aveva già ribadito due volte a Trento e aveva dichiarato due settimane fa a tutto il mondo.

Le, inequivocabili, parole di Reinhold Messner

Messner ha iniziato a parlare di Himalaya e di “ottomila” attaccando il mondo delle spedizioni guidate agli Everest, poi ha compiuto una carrellata sulle 14 cime più elevate della Terra. Uno dopo l’altro, ha lodato gli alpinisti protagonisti delle imprese più dure, come Hermann Buhl nella prima salita al Nanga Parbat, Dougal Haston sulla Sud dell’Annapurna e sulla Sud-ovest dell’Everest e Jerzy Kukuczka sulla Sud del Lhotse e sul K2.
Quando ha parlato delle spedizioni himalayane francesi (Annapurna e Makalu) si è soffermato su Lionel Terray e il suo libro “I conquistatori dell’inutile”, ricordando che “questa è la migliore definizione mai trovata per l’alpinismo”. Ha lodato anche l’inglese Chris Bonington, che ha avviato le spedizioni sulle pareti più alte e pericolose di queste cime.

Più volte, parlando della prima ascensione del Kangchenjunga da parte degli inglesi del 1953 e della vittoria di Walter Bonatti e Carlo Mauri sul Gasherbrum IV (un meraviglioso “quasi ottomila”), nel 1958 ha fatto notare che a volte gli ultimi metri di neve non siano stati superati, per rispettare la fede dei valligiani locali o per non rischiare di staccare una cornice e cadere.

Ogni volta, con un sorriso da squalo, Reinhold Messner ha detto che “magari per qualcuno queste ascensioni non sono considerate valide”. Quando ha parlato dello sloveno Tomaž Humar e della sua impresa solitaria sulla parete Sud del Dhaulagiri, ha sottolineato che “Tomaž si è fermato prima della cima, se avesse proseguito sarebbe morto, per lui contava la parete e l’ha salita. Questo conta”. Nell’ultima parte, l’alpinista di Funes ha citato sé stesso, e la platea lo ha ascoltato rapita. “Sull’Hidden Peak ho inventato la prima salita in stile alpino di una grande parete, sull’Everest ho compiuto la prima senza ossigeno e la prima solitaria. Poi sono arrivate la prima traversata da un “ottomila” all’altro e la collezione delle 14 cime”.

Ho fatto quello che ho fatto, ma per me contano soprattutto le pareti. L’alpinismo non è un sport fatto di classifiche ed elenchi, ma un parente stretto dell’arte” ha proseguito Reinhold Messner, a ruota libera e senza fare prigionieri. “E’ perfettamente ridicolo che persone che non sono alpinisti, e non hanno mai salito nemmeno un “tremila” delle Alpi, si permettano di giudicare e bocciare quel che ho fatto”. Poi Messner si è alzato in piedi, ha detto al pubblico del Teatro Sociale di Trento “scusate, ho 79 anni e domani ho un altro impegno faticoso, devo andare”, si è alzato e ha salutato a braccia aperte. Dai palchi e dalla platea è arrivato un applauso scrosciante, poi il bravissimo Ed Viesturs, con un sorriso felice sul volto, ha ripreso a raccontare le sue avventure stimolato da Alessandro e da Luca.

Ben prima che il sipario calasse sulla serata di Trento, e che il Teatro Sociale iniziasse a svuotarsi, chi c’era ha avuto la netta sensazione di aver assistito a una serata storica. Arriverà una risposta dagli estensori del librone dei record? Diranno qualcosa i loro storici sponsor della birra? Proveranno il povero Eberhard Jurgalski e i suoi seguaci a dire al mondo che loro non hanno fatto nulla e la colpa è dei soliti mefitici giornalisti? Vedremo, e intanto ci inchiniamo al leone.

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