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I cuccioli in fuga, il colpevole, l’inchiesta. Il punto sulla morte dell’orsa Amarena

Quale sarà il destino dei due piccoli orsi di appena otto mesi? E come procedono le indagini? Viaggio tra interrogativi e polemiche

Tra la piana del Fucino e i boschi delle valli del Giovenco e del Sangro vagano due cuccioli d’orso spaventati e in pericolo. Non lontano, a San Benedetto dei Marsi, un uomo che vive chiuso in casa, protetto dai Carabinieri, ha forse capito di aver fatto un errore spaventoso.

I responsabili delle aree protette, a iniziare dal Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, s’interrogano su come proteggere l’orso marsicano, che oggi sembra più a rischio di estinzione che mai. Gli ambientalisti piangono Amarena e si arrabbiano. La politica finora è rimasta in silenzio, e non è chiaro se sia un bene o sia un male.

Lunedì 4 settembre, a quattro giorni dalla morte di Amarena, comunicati e interventi hanno chiarito molti punti della vicenda dell’orsa, che è stata uccisa da un colpo di fucile nella tarda serata di giovedì, dopo essersi introdotta in un pollaio a San Benedetto dei Marsi. Resta fondamentale, e appassiona l’opinione pubblica, la ricerca dei due giovani orsi, arrivati nel paese insieme alla madre, e fuggiti dopo lo sparo.

La salute dei cuccioli è, ora, la priorità

I cuccioli hanno circa otto mesi, non è chiaro se posso sopravvivere da soli in natura, potrebbero essere preda di lupi o cani inselvatichiti. “Dopo quattro giorni di ricerche ininterrotte abbiamo la consapevolezza che i cuccioli dovrebbero essere entrambi ancora vivi e che si sono separati” afferma un comunicato emesso lunedì sera dal Parco.

“Sono mobili e attivi sul territorio, e sono stati avvistati nei dintorni di due centri abitati nel Parco, in momenti diversi. La loro mobilità è un elemento che fa ben sperare sulle condizioni di salute dei cuccioli e sulla loro capacità di sopravvivenza. Proseguono e proseguiranno senza sosta le attività di ricerca, con l’obiettivo di tentare una cattura.”.

Luciano Sammarone, il direttore del PNALM, ha spiegato che l’uso dei droni con fotocamera termica è possibile solo all’alba perché “la sera sono caldi anche i sassi”, che sono state piazzate “gabbie di cattura con esche alimentari e olfattive”, che i cuccioli non si possono catturare con i metodi tradizionali (trappola a tubo, lacci o teleanestesia) perché “sono già spaventati e bisogna cercare di ridurre lo stress”.

In un’intervista pubblicata lunedì pomeriggio dall’ANSA ha parlato Andrea Leombruni, che ha ucciso l’orsa più famosa d’Abruzzo. “Sono tre giorni che non dormo e non mangio, non vivo più, ricevo in continuazione telefonate e messaggi di morte. Hanno perfino chiamato mia madre 85enne, tutta la mia famiglia è sotto una gogna” dichiara l’uomo. “Ho sbagliato, l’ho capito subito dopo aver esploso il colpo, i Carabinieri li ho chiamati io”.

“Non è giusta questa violenza e questo martirio che ci stanno facendo, c’è la Procura che indaga, sono loro i titolati a farlo, a giudicare. Noi sicuramente saremo puniti e ripeto giustamente, ma perché dobbiamo vivere sotto scorta? Perché dobbiamo aver paura di vivere?” aggiunge la moglie, sconvolta quanto e più del marito.

La Procura della Repubblica di Avezzano ha notificato a Leombruni un avviso di garanzia per “uccisione di animale per crudeltà o senza necessità”. Il perito incaricato di tracciare la traiettoria della fucilata è Paride Minervini, un esperto di balistica che si è occupato di altre uccisioni di orsi, ma anche degli omicidi di Nicola Calipari in Iraq e della giornalista Ilaria Alpi in Somalia. L’autopsia di Amarena è affidata al veterinario Rosario Fico. Per la Procura la parte offesa è il Parco.

L’avvocato di Leombruni ha confermato che il suo assistito è sotto scorta. E’ stata annullata la “Marcia per l’orsa uccisa” organizzata a San Benedetto dei Marsi dagli animalisti. Molti di loro, però, accusano sui social Leombruni di non essersi veramente pentito. Lo zoologo Paolo Forconi, che ha seguito a lungo Amarena, scrive di “un abbattimento voluto e premeditato, così come hanno ucciso Peppina, Mario, Biagio, Serena, e altri orsi sconosciuti”.

Il direttore Sammarone, in un’intervista a Gabriella Di Lellio per il sito  foglieviaggi.com, ha spiegato qual è il punto fondamentale da accertare. “Se si tratta di una munizione spezzata, a pallini per capirci, è un conto. Ma se è stata usata la palla unica, che è vietata per legge nella caccia, la paura non giustificherebbe più nulla. Se esci col colpo in canna a palla unica sei uscito per uccidere”.

Nuove e antiche polemiche riguardo la gestione dell’orso marsicano

La tragica morte di Amarena ha dato nuovo vigore alle polemiche sulla gestione dell’orso marsicano. Per lo zoologo Forconi, che vive e lavora a Pescasseroli, “lo spostamento di Amarena, così come quello di altri orsi, è dovuto alla scarsità di cibo in natura negli ultimi due mesi” e, a settembre, occorre fornire ai plantigradi “mele, pere e carcasse di cervo”.

“Meglio che gli orsi si alimentino di questi cibi naturali nel bosco, piuttosto che di rifiuti, galline e pecore nei paesi, con il rischio di essere bracconati o investiti” conclude Forconi.

Franco Tassi, direttore del PNALM dal 1969 al 2002, ha attaccato l’attuale gestione dell’Ente per non provveduto a piantare altri alberi di melo nelle zone frequentate dagli orsi. Il direttore Sammarone gli ha risposto che “gli orsi non entrano nei paesi per mancanza di cibo in natura” e che “il supplemental feeding (fornitura di cibo supplementare) è già stato sperimentato in passato dal Parco senza ottenere alcun successo”.

Pochi, finora ora i commenti che arrivano dall’esterno. Subito dopo l’uccisione dell’orsa Marco Marsilio, governatore dell’Abruzzo, si è detto “pronto a far costituire la Regione come parte civile contro questo delinquente (Andrea Leombruni, ndr) per tutelare l’immagine e l’onorabilità della nostra gente”, e ha invitato “le comunità locali e i turisti a osservare tutte le norme prescritte affinché gli animali possano vivere indisturbati nel loro habitat”. Le Regioni Lazio e Molise, che ospitano anche loro gli orsi, non si sono finora espresse.

Per Lucio Zazzara, presidente del Parco Nazionale della Maiella, l’uccisione dell’orsa “è un gesto sconsiderato per diverse ragioni, sia d’interesse scientifico, sia sociale, sia economico; ma soprattutto è la manifestazione di una pericolosa sottocultura che continua a privilegiare un approccio violento alle problematiche, che pure sussistono, nel rapporto uomo-natura”.

La giornalista Sabrina Giannini, autrice di inchieste per programmi RAI come Report e Indovina chi viene a cena, che si è scagliata con toni durissimi contro i cacciatori e la politica, non solo di centrodestra.

“Non dite che è un cretino armato, questo crimine è figlio dell’odio che questo governo e Maurizio Fugatti stanno iniettando nelle teste di chi già uccide per sadico diletto. E’ passato il messaggio che la fauna è di troppo, complici i miei colleghi sdraiati a pelle d’orso davanti al governo e alle lobby della caccia e delle armi. Anche la sinistra, il M5S, non hanno mai capito che servono punizioni severe. La galera”.

Nessun politico, in Abruzzo, a Roma o altrove, si è ancora espresso sui fatti di San Benedetto dei Marsi, magari per proclamare il diritto degli umani a difendersi armi alla mano dalle incursioni degli orsi nelle loro proprietà. Niente, silenzio assoluto. Come se il problema non esistesse.

Seicento chilometri più a nord, però, le elezioni in Trentino sono alle porte, e lì la questione degli orsi è da tempo un argomento centrale. Accadrà anche sull’Appennino tra Lazio, Abruzzo e Molise? Sarebbe l’ennesimo brutto episodio di un anno orribile per gli orsi e per tutta la natura italiana.

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