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Canyoning: i consigli delle Guide alpine

Il vademecum stilato dai professionisti della montagna per affrontare in sicurezza una delle discipline più in voga

Il Collegio Nazionale delle Guide alpine ha diffuso una sorta di vademecum dedicato al canyoning e ai suoi praticanti. Troppo spesso, infatti, l’approccio con i torrenti è superficiale e non vengono prese nella dovuta considerazione le variabili di un’attività che si svolge in natura e non in un parco acquatico super controllato.
Suggerimenti e considerazioni sono presentate sotto forma di intervista a Marco Heltai, Guida Alpina e presidente della Commissione Tecnica Canyoning del Collegio Nazionale Guide Alpine Italiane e della Commissione Tecnica Internazionale Canyoning UIAGM, che spiega come avvicinarsi a questa suggestiva attività e quali sono gli aspetti da tenere in considerazione durante un percorso di torrentismo. Di seguito riportiamo il testo ricevuto.

Il canyoning è un’attività in acqua e non tutti lo associano alla necessità di una Guida alpina. Perché serve un professionista?

Innanzitutto è un’attività complessa, in cui occorrono competenze specifiche che variano a seconda del livello di torrente che ti trovi ad affrontare. Chi si approccia al canyoning, dovrebbe farlo sempre accompagnato da un professionista che può trasferire le competenze necessarie per gestire tutte le situazioni a cui si può andare incontro. Acquisire queste competenze in modo corretto comporta tempo, ma è la strada giusta per far crescere anche la passione verso questo sport.

Il canyoning è un’attività di nicchia o si sta diffondendo?
Sta vivendo un momento molto florido per due ragioni: c’è sempre maggior offerta di canyoning sul territorio ed è quindi possibile praticarlo più facilmente, perché ci sono itinerari alla portata di tutti. Troviamo percorsi in tutta Italia, dalla Sicilia all’Alto Adige, anche se ci sono ovviamente zone più frequentate come la Lombardia, soprattutto la Val Chiavenna, il Lago Maggiore o il Lago di Garda.

Chiunque può provare questo sport?
Assolutamente sì. Prima era un’attività alla mercé di esploratori e amanti dello sport estremo, mentre oggi il livello di frequentazione si sta abbassando e ci sono sempre più richieste da parte di famiglie con bambini. Ho clienti da 8 anni in su. Ovviamente ci sono torrenti adatti ai giovanissimi e altri a persone più avventurose: i livelli sono diversi a seconda di competenze e capacità.

Che attrezzatura serve?
Ci sono attrezzature di derivazione alpinistica, ad esempio l’imbrago, che però è leggermente diverso e sviluppato appositamente per questa attività. Poi corde, moschettoni, discensori e caschetto: fondamentale, perché sei all’interno di gole dove possono muoversi dei sassi. A queste si devono aggiungere le attrezzature specifiche per la frequentazione in acqua: scarpe antiscivolo, calzari termici e muta in neoprene. Anche le tecniche sono assolutamente specialistiche, come i sistemi di calata. La presenza di acqua e corde in un ambiente chiuso è una cosa da gestire molto attentamente.

Rivolgendosi alle Guide è possibile avere anche l’attrezzatura?
Sì, i professionisti forniscono tutto il materiale ai loro clienti. Sono attrezzati e sanno consigliare in modo specifico in base al livello di ognuno.

Esiste una formazione specifica per il canyoning?
Ci sono diversi modi per prepararsi e apprendere le tecniche della disciplina. Per gli appassionati che dopo la prima esperienza vogliono iniziare a frequentare con assiduità questi ambienti, noi professionisti organizziamo corsi specifici di durata variabile a seconda del livello che si desidera raggiungere.

Per quanto riguarda i professionisti, invece, il collegio Nazionale delle guide alpine annualmente organizza il corso di specializzazione professionale che fornisce competenze e conoscenze dell’ambiente. Il corso ha una durata totale di 26 giorni e pone particolare attenzione alle tecniche di insegnamento e accompagnamento in questi ambienti con particolare attenzione ai rischi derivanti dalla presenza di masse d’acqua in movimento.

Come ci si approccia ai salti?
I salti sono sempre un’opzione secondaria. Chi attrezza i torrenti deve fare in modo che non siano obbligatori. Il salto comporta 3 passaggi fondamentali sui quali bisogna sviluppare competenze specifiche: lo stacco, il volo e l’entrata nell’acqua che è molto diversa a seconda dei salti che si affrontano. Dai 6 metri in su bisogna aver molta esperienza.

Cosa si intende per acqua viva?
L’acqua viva è l’acqua in movimento. L’acqua non è mai ferma nemmeno nei laghi, ma nei fiumi si vede chiaramente muoversi in vari modi. Capire come si muove l’acqua, con quale intensità e forza, è fondamentale perché nei torrenti troviamo le dinamiche più complesse da gestire. Ad esempio, devo saper valutare se posso o meno entrare in una vasca che gira a causa di una cascata, devo sapere se sono in grado di andare dove voglio. Io, come essere umano, non posso contrastare la forza dell’acqua: devo saperla gestire. Per questo esistono i corsi appositi per il canyoning.

Come affrontare i gorghi naturali?
Quelli che vengono chiamati gorghi si formano dallo scontro di due correnti che provengono da direzioni opposte e creano un mulinello. Accade però di solito nei torrenti di forte portata, dove di norma si praticano altri tipi di discipline fluviali  canoa o rafting. Nei canyon rappresentano situazioni limitate, mentre esistono delle dinamiche più frequenti da considerare, come ad esempio le forti correnti di una vasca chiusa dove l’acqua gira velocemente o l’effetto della forza della cascata che cade in un ambiente chiuso tra le pareti, per finire con il pericolo più temuto da tutti coloro che frequentano gli ambienti fluviali, “ i sifoni “: sono ostacoli naturali nel letto del fiume in cui l’acqua passa anche al di sotto aspirando tutto ciò che si avvicina, creando un vero rischio altissimo.

Quali sono i potenziali rischi del canyoning?
Questo sport unisce vari sport e somma i loro rischi. Un potenziale fattore di pericolo è l’acqua fredda, quindi parliamo di ipotermia e raffreddamento. Un altro è legato al fatto che le manovre sono particolari e necessitano di competenze diverse da quelle che si usano su roccia. Ad esempio sarebbe molto pericoloso rimanere bloccati su una corda mollando le mani. C’è poi un rischio ambientale importante: il canyon è stretto, scuro e chiuso, se varia il livello dell’acqua cambia tutto e spesso non posso rifugiarmi da qualche parte o tornare indietro come in un terreno aperto. Il fatto che non ci siano vie di fuga è un rischio, perché dopo che sei partito devi per forza arrivare in fondo.

Come possiamo valutare le difficoltà di un percorso di canyoning?
Nel canyoning i fattori di difficoltà sono tre: il primo riguarda la difficoltà verticale, quindi la complessità e la lunghezza delle manovre; il secondo le problematiche acquatiche, quindi la forza dell’acqua e le manovre specifiche per affrontarla; l’ultimo è relativo all’impegno generale richiesto e alle eventuali vie di fuga. Consultando un professionista, una Guida alpina, sicuramente sarà possibile valutare al meglio il percorso migliore in base alle proprie capacità, e godere appieno di questa esperienza.

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