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Attenzione alle zecche in montagna. Ne parliamo con Laura Tomassone

Il problema delle zecche non è da sottovalutare: Laura Tomassone, epidemiologa veterinaria dell'Università di Torino, ci spiega perchè

La bella stagione e la ripresa delle attività escursionistiche in montagna riportano d’attualità un problema che negli ultimi anni coinvolge molti praticanti dell’aria aperta: le zecche. Dopo il recente caso che ha portato all’uccisione del runner Andrea Papi a opera di un orso e l’incidente che ha coinvolto un climber morsicato da una vipera nella Valle del Sarca, vogliamo affrontare un tema che riguarda un pericolo assai più concreto provocato da un parassita molto insidioso perché difficile da individuare ed estremamente diffuso.

“Si tratta di un fenomeno emergente nel nostro paese – esordisce Laura Tomassone, epidemiologa veterinaria del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino – in particolare dagli anni 2000 con patologie che coinvolgono gli esseri umani”.

Perché, sempre più spesso, ci ritroviamo addosso questi fastidiosi aracnidi dopo una passeggiata in montagna?

La causa si può individuare nella rapida diffusione di una specie di zecca, la Ixodes ricinus. È un parassita generalista che si attacca volentieri anche agli esseri umani. Particolarmente abbondante nell’Europa centrale, ha trovato nel nostro territorio un ambiente propizio per insediarsi. I motivi di ciò sono molteplici: l’aumento della superficie boscata in cui ama vivere, la diffusione degli ungulati selvatici su cui la zecca si nutre e, ovviamente, i cambiamenti climatici che provocano inverni meno rigidi e ne garantiscono una migliore sopravvivenza.

Quali sono le principali patologie di cui sono portatrici?

Soprattutto due: la Borelliosi di Lyme e l’encefalite virale. La prima è quella più diffusa. Nelle Alpi occidentali abbiamo rilevato circa il 15% di zecche infette, è piuttosto insidiosa perché provoca una sintomatologia aspecifica difficile da diagnosticare tra cui cefalea, dolori articolari e febbre.
L’elemento più tipico, ma non sempre presente, è la comparsa di un eritema a bersaglio nella zona del morso della zecca. In caso di contagio, la patologia di origine batterica si cura con antibiotici per 10/14 giorni. Altrimenti, può dare complicanze reumatologiche, neurologiche e cardiache che si ripresentano anche a distanza di anni.
L’encefalite al momento è diffusa soprattutto nel Nord-est dove sono stati registrati 456 casi dal 2000 al 2016 ed è una patologia più grave perché fatale tra l’1 e il 2% dei casi. Trattandosi di una virosi, non esiste una terapia specifica, ma esiste un vaccino molto efficace che è fortemente raccomandato per le persone più a rischio.

Quali sono le migliori strategie per evitare di essere morsicati da una zecca?

Innanzitutto, stiamo parlando di aracnidi che amano l’umidità, quindi se ci muoviamo lungo strade o sentieri in zone aperte e assolate, possiamo stare relativamente tranquilli. Nei boschi fitti o nell’erba alta, invece, le possibilità di incontrare una zecca aumentano molto. In questi ambienti è quindi consigliabile esporre meno possibile la pelle, soprattutto indossando scarpe chiuse e pantaloni lunghi, eventualmente adottando la soluzione molto antiestetica, ma efficace, di inserire l’orlo dei calzoni nelle calze.
Poi facendo molta attenzione a dove ci si siede o dove si posa lo zaino perché le zecche si arrampicano per raggiungere la cute dell’ospite.
Può anche essere utile irrorare l’abbigliamento con appositi repellenti e indossare vestiti chiari per individuare più facilmente i parassiti che sono scuri. Infine, al ritorno a casa, è consigliabile fare una doccia, controllare attentamente il proprio corpo e lavare subito l’abbigliamento indossato. Soltanto con un ciclo di lavatrice a 60 gradi siamo sicuri di eliminarle, altrimenti bisogna stendere i capi a lungo sotto il sole.

Come bisogna comportarsi in caso di morsicatura?

Se la zecca viene eliminata entro 12/24 ore limitiamo la probabilità di un eventuale contagio da patogeni batterici. Ma l’estrazione deve essere effettuata con molta attenzione evitando di schiacciare il corpo del parassita che provoca un rigurgito con conseguente rilascio di liquidi sotto la pelle.
Evitando l’applicazione di alcun tipo di sostanza, si devono utilizzare pinzette a punte sottili, pizzicando la zecca più possibile vicino alla cute. Altrimenti esistono in commercio appositi gancetti che risultano molto efficaci. Per uno scrupolo ulteriore, si può conservare la zecca in alcool possibilmente trasparente o in freezer per una successiva analisi in caso di comparsa di sintomi. In seguito, controllare attentamente il proprio stato di salute per alcune settimane contattando il medico curante in caso di comparsa di eritema nella zona del morso, cefalee, dolori articolari e aumento della temperatura corporea.

Dopo la pandemia da Covid-19 e l’attacco mortale da parte dell’orso in Trentino, siamo sempre più esposti al concetto di convivenza con il mondo naturale che ci circonda. È il caso anche delle zecche?

Sì, anche a proposito delle zecche è fondamentale prendere consapevolezza del fatto che rappresentano un pericolo elevato e concreto di provocare danni agli esseri umani. La ricerca scientifica rigorosa unita a una corretta opera di divulgazione devono insegnare alle persone una corretta prevenzione e strategie di adattamento a un problema nuovo con cui dovremo convivere a lungo.

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