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“Wake Up!”, in salita sull’Aguja Guillaumet con Francesco Ratti

Il racconto di una nuova via aperta in Patagonia con Alessandro Baù e Claudio Migliorini

Nel corso della stagione estiva patagonica abbiamo seguito dall’emisfero opposto, con grande curiosità, le attività sul campo di una serie di team di alpinisti italiani, impegnati a cogliere l’attimo, meglio dire la ventana, per divertirsi su roccia. Se il mese di febbraio si è rivelato decisamente ostile in termini meteo, a gennaio qualche finestra buona la si è riuscita a trovare, e c’è chi è riuscito anche ad aprire nuove vie. É il caso del trio composto da Francesco Ratti, Alessandro Baù e Claudio Migliorini, che il 31 gennaio scorso hanno tracciato una nuova linea sulla parete est dell’Aguja Guillaumet, ribattezzata Wake up! (425 m, 7a/A2), in un single push di 32 ore. Via per la quale non avrebbero potuto trovare nome migliore. Perché? Ce lo racconta uno dei protagonisti, Francesco Ratti.

Francesco, raccontaci un po’ come è nata quella che di fatto è stata la seconda avventura della vostra stagione patagonica.

Nella prima finestra meteo che siamo riusciti a sfruttare appena arrivati a El Chaltén, abbiamo ripetuto Pilar Rojo sull’Aguja Mermoz. Una volta terminata la discesa della via, ci siamo fermati a dare uno sguardo intorno, e osservando l’Aguja Guillaumet, che è proprio lì a fianco, abbiamo puntato la zona sotto la cumbre sur, il punto della Guillaumet se vogliamo più vergine, per capire se fosse possibile ipotizzare di aprire qualcosa lì. Abbiamo fatto delle foto, binocolato e ci è sembrato di vedere una linea abbastanza interessante di fessure che saliva il pilastro sotto la cumbre sur. E così abbiamo deciso di provarla, nel caso fosse arrivata un’altra finestrella meteo, tant’è che abbiamo anche lasciato del materiale sul posto.

E la finestrella è arrivata?

Sì, circa una settimana dopo è arrivata una finestra di bel tempo, di un paio di giorni. Perfetta, perché se fosse stata più estesa avremmo puntato a qualcosa di più lungo. Unica fregatura è stata una bella nevicata arrivata il giorno prima dell’avvio della finestra, che ha un po’ sporcato le pareti. E quindi non sapevamo bene se attaccare il primo giorno di bel tempo o se lasciare un giorno in più perché si ripulissero, anche perché avremmo dovuto salire una est, e in Patagonia le pareti est sono quelle che impiegano un po’ di più a ripulirsi della neve caduta. Il problema però era che per il secondo giorno si prevedeva già vento forte la sera, condizione che avrebbe potuto complicare la discesa.

E quindi avete deciso di provare il primo giorno?

Esattamente. Abbiamo attaccato alle prime luci del mattino, con la parete sì sporca di neve ma gestibile. La parte bassa della via segue una specie di “canale”, ma siamo riusciti a sfruttare una costola rocciosa per restare abbastanza fuori dalla neve. A seguire, la roccia, che da sotto poteva sembrare molto sporca, è risultata scalabile. Poi arrivati sotto al pilastro la parete si impenna, quindi da lì in su era ancora più pulita. Quando il sole ha iniziato a sciogliere la neve, si è verificata qualche scarica dall’alto, ma parliamo di sassolini, è voltato anche qualche pezzo di ghiaccio ma nulla di eccezionale. Questi gli unici imprevisti. Sulla via ci siamo alternati un po’, io ho fatto i primi 4 tiri fin sotto al pilastro, poi è partito Ale sui 3 tiri in fessura – fessura che parte alla base del pilastro – di cui il terzo è risultato essere il più complicato. Ci siamo trovati a doverlo affrontare in artificiale. A guardarla dal basso la fessura ci era apparsa abbastanza larga, in realtà c’era quest’ultima parte in cui si stringeva tanto da non riuscire neanche a infilarci le dita. Il tiro in questione lo abbiamo gradato A2 ed è stato l’unico in cui abbiamo lasciato del materiale (3 nuts), mentre sul resto della via non abbiamo lasciato nulla, abbiamo fatto tutte le soste a friends. In teoria avevamo anche dei chiodi appresso, ma non abbiamo avuto necessità di usarli, e poi comunque siamo scesi dall’altro versante. Gli ultimi 3/4 tiri li ha fatti Claudio, molto belli da scalare, tra cui uno un po’ più di offwidth.

A che ora siete arrivati in cima?

Erano circa le 11 di sera e lì abbiamo avuto un po’ il dubbio se fermarci a dormire o scendere. Per il bivacco non eravamo molto equipaggiati, avevamo giusto qualcosa per emergenza, e sapevamo che sulla parete ovest c’era una linea di calate già attrezzate. E anche se nessuno di noi aveva mai affrontato quella discesa, e di notte se non conosci un itinerario non è mai semplice, abbiamo optato per scendere. Abbiamo praticamente passato tutta la notte facendo le doppie, perché comunque ci vuole tempo, devi capire dove andare, combattere con la stanchezza – ci addormentavamo ogni 3 per 2 – e siamo arrivati alla base che iniziava ad albeggiare. Il tempo di fare il giro della montagna per tornare al campo ed era già mattina inoltrata. Appena arrivati in tenda ci siamo messi a dormire.

Con questa lotta in notturna contro il sonno, e l’arrivo alla base tra le luci dell’alba, non potevate scegliere nome migliore per la via!

Sì, infatti!

Come vi è sembrata questa stagione patagonica rispetto agli anni precedenti?

In Patagonia te lo aspetti che non faccia sempre bello, però c’è da dire che quest’anno il brutto tempo è risultato superiore rispetto alla media. A dicembre se non erro nessuno è riuscito a fare qualcosa di rilevante, a gennaio sono arrivate un paio di finestre di bel tempo – e noi ne abbiamo sfruttate due – poi prima che partissimo c’è stato un giorno di bel tempo con vento forte, e siamo riusciti ad andare all’Aguja de l’S. Poi è arrivata un’altra nevicata, e di neve in montagna ne ha fatta tanta, seguita da una finestrella quando ormai eravamo in partenza, che ha consentito di fare vie solo su pareti basse e esposte a ovest. Dal punto di vista meteo, una stagione difficile, però ripeto, lì è così: ti può andar bene come ti può andar male.

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