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La sorprendente scoperta dei resti di una famiglia Neanderthal in Siberia

Nel Sud della Siberia, all’interno di una grotta ai piedi dei Monti Altai nota come Chagyrskaya Cave, è stato effettuato un ritrovamento eccezionale. Per la prima volta sono stati scoperti i resti di una famiglia di Neanderthal. Una scoperta molto importante, in quanto dei Neanderthal si dispone di conoscenze sulla loro distribuzione – occuparono l’Eurasia occidentale, fino ai Monti Altai come estremo orientale, da circa 430.000 anni fa fino alla loro estinzione avvenuta all’incirca 40.000 anni fa -, sull’esistenza di molteplici popolazioni distinte nel tempo e nello spazio, ma si sa ancora poco delle relazioni genetiche e dell’organizzazione sociale all’interno e tra le comunità.

Per “organizzazione sociale” si intende la dimensione, la composizione per sesso e la coesione spazio-temporale di una comunità, per “comunità” un insieme di individui che presumibilmente vivevano insieme nello stesso luogo. Con il termine “popolazione” si indica invece un insieme di comunità ampiamente connesse in un’area geografica più ampia.

I dettagli della scoperta sono riportati in un paper di recente pubblicazione su Nature, “Genetic insights into the social organization of Neanderthals”.

Una storia di famiglia raccontata dal DNA

La Chagyrskaya Cave, situata sulle sponde del fiume Charysh, in oltre un decennio di scavi ha fornito agli scienziati importanti reperti utili a ricostruire la vita dei nostri parenti non troppo lontani: i Neanderthal. Resti ossei umani ma anche di animali, in particolare di cavalli e bisonti, oltre a strumentazioni in pietra, risalenti a un periodo storico stimato tra 59.000 e 51.000 anni fa. Si ritiene che la zona fosse utilizzata dai Neanderthal come sito di caccia per brevi periodi nel corso delle migrazioni stagionali di questi animali. Vi sono altre grotte nella zona dell’Altai in cui siano stati ritrovati reperti similari, ma a renderla unica nel suo genere è la identificazione al suo interno di individui legati da parentele molto strette, legami che è stato possibile ricostruire grazie all’analisi del DNA nucleare e mitocondriale.

Il folto team internazionale di ricercatori artefice della scoperta, tra cui compare anche il nome del premio Nobel per la Medicina Svante Paabo, sotto la guida del paleogenetista Laurits Skov e del genetista della popolazione Benjamin Peter del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Leipzig (Germania), ha proceduto a estrarre e sequenziare il DNA cosiddetto “antico” a partire da 15 campioni di denti e frammenti ossei recuperati nella grotta di Chagyrskaya, la cui successiva analisi ha portato a concludere che i 15 campioni appartenessero a soli 11 individui. Medesima procedura è stata seguita per alcuni reperti ossei recuperati in una grotta della zona, che si stima abbia ospitato i Neanderthal nella medesima epoca, la grotta di Okladnikov, ottenendo altri 2 genomi.

Dei 13 individui totali è stato identificato il sesso (7 maschi e 6 femmine) e si è poi proceduto, mediante analisi della divergenza del DNA nucleare e studio delle eteroplasmie del DNA mitocondriale, a valutare eventuali legami di parentela, all’interno e tra le due grotte.

La divergenza del DNA nucleare è tanto più bassa quanto più risulti stretta una parentela, in quanto significa aver ereditato porzioni di genoma da antenati comuni vissuti in un passato recente. Per eteroplasmie del DNA mitocondriale si intende invece la presenza nelle cellule di un individuo di copie differenti di DNA mitocondriale. Le eteroplasmie possono essere trasmesse da madre in figlio, e generalmente persistono per 3 generazioni. Riscontrarne la presenza in due individui è indice di parentela per via materna.

Tra gli 11 abitanti di Chagyrskaya si è così scoperta la presenza di due individui, un uomo e una donna in età adolescenziale, che condividevano metà del loro patrimonio genetico, una situazione che può verificarsi tra fratelli o nel caso di un genitore e un figlio. Per determinare la relazione tra i due, i ricercatori hanno esaminato il DNA mitocondriale, che viene ereditato come anticipato dalla madre, e risulterebbe quindi identico tra fratelli o tra madre e figlio, ma non tra padre e figlio. Il DNA mitocondriale è risultato essere differente, portando alla conclusione che si trattasse di un padre e una figlia.

Il padre inoltre ha mostrato una parentela stretta, rilevata tramite confronto delle eteroplasmie del DNA mitocondriale, con altri due individui di sesso maschile presenti nella grotta. Si può ipotizzare che i 3 avessero una nonna comune. Ipotesi che purtroppo gli studi effettuati non hanno consentito di confermare o smentire. Ad ogni modo la parentela rilevata porta a concludere che i 3 abbiano vissuto nel medesimo periodo.

Altri due individui, un maschio e una femmina, hanno mostrato tra loro una parentela di secondo grado. Anche per essi un legame così stretto da portare a concludere che siano vissuti nello stesso periodo storico. Nel complesso, il confronto tra gli 11 genomi, in 1/3 dei quali è stata rilevata la presenza di lunghi segmenti di DNA caratterizzati da omozigosi (condizione che deriva da genitori con un antenato comune nel passato recente, entro circa 10 generazioni), racconta di una piccola comunità (di 10-20 individui). Un modello che nel mondo della biologia trova paragone nei gorilla di montagna, che solitamente vivono in comunità di meno di 10 individui, così come in altre specie minacciate.

I due abitanti della grotta di Okladnikov non hanno mostrato parentele tra loro né con gli abitanti della Chagyrskaya Cave. Bisogna dunque immaginare che si trattasse di due comunità distinte, afferenti alla medesima popolazione, tra le quali, come pare suggerire il DNA mitocondriale, vi siano stati contatti.

Donne migranti

Il contatto tra le due comunità potrebbe essere stato mediato in particolare dalle donne. I ricercatori hanno infatti scoperto che i DNA mitocondriali, ereditati per via materna, mostrassero una diversità genetica maggiore rispetto ai cromosomi Y, trasmessi per via paterna. La spiegazione potrebbe risiedere in uno spostamento delle donne tra diverse comunità.

“Penso che si possa dire che questa struttura sociale fosse quella prevalente tra i Neanderthal”, afferma il paleogenetista Carles Lalueza-Fox, direttore del Museo di Scienze Naturali di Barcellona. Circa 10 anni fa infatti il suo team di ricerca si è imbattuto in una situazione similare in una grotta spagnola. Una ipotesi che porta Lalueza-Fox a domandarsi se non siano state proprio le “donne migranti” dei Neanderthal a imbattersi e accoppiarsi con l’Homo sapiens in altre aree dell’Eurasia.

Nessun legame con la grotta di Denisova

Le grotte di Chagyrskaya e Okladnikov si trovano a un centinaio di chilometri da quello che è considerato un tesoro dell’archeologia: la grotta di Denisova, sito che è divenuto testimonianza dell’incontro tra Neanderthal e Denisoviani. Qui i Neanderthal giunsero in un’epoca antecedente a quella stimata per gli abitanti delle due caverne, circa 120.000 anni fa.

Molto interessante è notare che il confronto del DNA Neanderthal estratto dalle grotte di Chagyrskaya e Okladnikov con quello estratto dai reperti di Denisova e di una grotta croata abitata dai Neanderthal nel medesimo periodo storico (circa 50.000 anni fa) abbia evidenziato una maggiore prossimità genetica delle due comunità di Chagyrskaya e Okladnikov con i Neanderthal europei che con quelli vissuti a Denisova.

Lo studio non finisce qui

La grotta di Chagyrskaya ha ancora tanto da raccontarci. Finora gli scavi hanno interessato soltanto un terzo della caverna e dei resti recuperati ne è stato sottoposto ad analisi soltanto un quarto. Il team spera dunque che futuri studi possano aiutare a costruire alberi genealogici più completi e chissà, magari a ritrovare i resti della mamma mancante nel quadretto familiare.

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