Cronaca

Gioia e dolore sul Cerro Torre. Matteo Della Bordella racconta il tentativo di soccorso a Korra Pesce

Sono arrivati in 5 sulla cima del Cerro Torre lo scorso 27 gennaio. Matteo Della Bordella, Matteo De Zaiacomo, David Bacci, Corrado Pesce e Thomas Aguilo. Ma con loro, nello spirito, c’erano anche Matteo Pasquetto e Matteo Bernasconi.

I cinque sono saliti per due vie diverse, unendo poi le forze negli ultimi 300 metri di salita, come raccontato in un report pubblicato dai Ragni. Il 25 gennaio Della Bordella, De Zaiacomo e Bacci attaccano la via Maestri-Egger del 1959 portandosi al nevaio triangolare e da qui su una ingaggiosa placca fino al box degli inglesi. “Mentre scaliamo vediamo Thomas Aguilo ‘Tomy’ e Corrado Pesce ‘Korra’ fissare le corde sui primi tiri della loro linea, la quale si trova circa a 150 metri dalla nostra, per poi fare ritorno alla loro tenda”.

Il giorno dopo i tre Ragni riescono a superare interamente il diedro degli inglesi, percorso originariamente tentato dai britannici Philip Burke e Tom Proctor nel 1981. “Percorriamo alcune lunghezze estremamente faticose e difficili, la parete è sempre strapiombante e non c’è nemmeno una piccola cengia per appoggiare i piedi in sosta” raccontano. Poi, a sera, montano la portaledge e bivaccano alla fine del diedro. Tomy e Korra si trovano invece su una piccola cengia all’altezza del box, 50 metri a destra.

Insieme verso la vetta

Usciti dal diedro i Ragni effettuano un breve traverso che li porta sulla parete nord del Torre, dove incontrano la cordata italo-argentina impegnata nell’apertura della sua via. Qui succede la più naturale delle cose e i cinque decidono di unire le forze per superare gli ultimi 300 metri di salita. Korra è il più fresco e il più forte, si mette in testa alla cordata, Tomy lo segue e noi dietro di loro ripercorriamo i tiri appena aperti. Dal punto di vista mentale seguire una ‘macchina’ come Korra è un vantaggio enorme.

Alle 17 Tomy e Korra sono in cima, mezz’ora dopo anche i Ragni. Il tempo di congratularsi e le loro strade si dividono. “Tomy e Korra avevano pianificato la discesa notturna, per ridurre al minimo il pericolo di crolli e scariche, lungo la parete nord. Noi invece abbiamo pianificato di bivaccare in cima e quindi scendere il giorno successivo lungo la via del compressore”.

Durante la notte i due raggiungono un punto dove hanno lasciato del materiale da bivacco e riposano qualche ora, in questo periodo vengono colpiti da una scarica di ghiaccio e sassi che “ferisce gravemente Tomy e ancor più gravemente Korra”.

Soccorso sul Cerro Torre

Al mattino i tre Ragni, ignari dell’accaduto, procedono come da programma e iniziano la lunga sequenza di corde doppie che li avrebbe portati alla base della montagna. Alle 17 sono finalmente sul ghiacciaio, dove vengono informati dell’accaduto dalle squadre di soccorso che stanno sopraggiungendo. Della Bordella ha con se un drone, che in questo momento diventa fondamentale per poter individuare i due sulla montagna. Alle 18 locali individuano Tomy e ci si organizza per un recupero. “Conoscendo bene quella parete e pur essendo estremamente provato dalla nostra salita, mi metto al comando della cordata di soccorso racconta Della Bordella. “Dietro a me l’alpinista svizzero Roger Schäli, quindi il tedesco Thomas Huber, infine l’argentino Roberto Treu. In circa 3 ore ripercorriamo i 7 tiri della nostra via fino al nevaio triangolare, quindi con una traversata di 60 metri raggiungiamo Tomy. È mezzanotte quando riescono a metterlo in sicurezza per la discesa, scortato da Huber e Treu. Della Bordella e Schäli rimangono sulla montagna, con una sola corda a disposizione, cercando un modo per mettersi in contatto con Korra. “Tomy ci aveva comunicato che si trovava 300 metri sopra di lui in condizioni estremamente gravi, tuttavia né tramite droni, né tramite i binocoli, nessuno durante la giornata è stato in grado di localizzarlo. Con Roger aspettiamo fino alle 3 di notte sul nevaio triangolare sperando in un risvolto positivo. Quando inizio ad avere alcuni svarioni, non sentire più i piedi dal freddo e sentire una musica nella mia testa, capisco che è il momento di scendere, perché a malapena potrei badare a me stesso in quelle condizioni. La decisione è amara, ma purtroppo siamo già ben oltre i nostri limiti fisici e psicologici”.

A chi ci ha lasciato sul campo

“Ora il sole è andato all’inferno e/La luna è alta/Lascia che ti dica addio”. La malinconica chitarra di Mark Knopfler deve aver risuonato come un rimbombo sulle pareti del Cerro Torre tra ricordi del passato, le difficoltà della salita e il purtroppo tragico epilogo di quella che sarebbe potuta essere una straordinaria pagina di alpinismo. Un gioco scanzonatamente tragico, questo è l’alpinismo. Quell’effimera sensazione di libertà che inseguono i sognatori. La nostra via si chiama ‘Brothers in arms’ in onore di Matteo Bernasconi, Matteo Pasquetto, Korra Pesce e tutti i nostri fratelli mancati sulle montagne che tanto amiamo”.

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