Cronaca

Rick Allen, lezione di alpinismo d’altri tempi

Ucciso da una valanga sul K2, a 66 anni, l’inglese Rick Allen era impegnato nel tentativo di aprire un nuovo itinerario a poca distanza dallo Sperone degli Abruzzi. Protagonista indiscusso dell’himalaysmo degli ultimi anni, ci ha dimostrato come non sia l’età a fare l’alpinista.

Il suo nome si è fatto lago nelle cronache quando nel 2012, insieme al compagno di spedizione Sandy Allan, si è reso protagonista di una delle più grandi imprese himalayane di sempre: la prima salita della Mazeno Ridge sul Nanga Parbat. Parliamo di una cresta che dai piedi della nona montagna della Terra si allunga fino a raggiungerne la cima, a 8126 metri. Dodici chilometri di salita tecnica e impegnativa, a quote proibitive, che i due hanno affrontato in stile alpino impiegando 18 giorni per realizzare l’impresa.

La sua ultima spedizione, prima di questa sfortunata al K2, risale al 2018 quando ha raggiunto il vicino Broad Peak rimanendovi disperso per giorni nella bufera. Dato ormai per morto solo grazie alle immagini del drone del polacco Bartek Bargiel (fratello di Andrej, in quel momento impegnato nella prima discesa con gli sci dal K2) è stato possibile individuarlo sulla montagna e portare avanti le operazioni di soccorso (incredibili le immagini).

Aveva la scorza dura Rick Allen, ma con le valanghe c’è poco da fare. Così se n’è andato sulla montagna che affascina e strega, su quella piramide perfetta che tutti gli amanti dell’altissima quota guardano con occhi carichi di passione. L’ha travolto sfiorando appena i compagni, Jordi Tosas e Stephan Keck. Ancora una volta la montagna ci lascia orfani di uno dei suoi figli. Uno di quelli che su versanti, creste e pareti si è sempre mosso con basso profilo, senza autoproclami, ma lasciando una traccia indelebile del suo passaggio.

La più lunga delle vie

Tentata per la prima volta nel 1979 la cresta Mazeno ha retto agli attacchi di alpinisti come Doug Scott, Woytek kurtyka e anche gli stessi Allan e Allen. Quando ci riescono, 17 anni dopo il loro primo tentativo, il racconto che ne fanno ha dell’incredibile. La spedizione che mettono in piedi per il 2012 è composta da sei alpinisti: Rick e Sandy, dalla sudafricana Cathy O’Dowd e dai nepalesi Lhakpa Rangdu Sherpa, Lhakpa Zarok Sherpa e Lhakpa Nuru Sherpa. Mano a mano che si avanza lungo la via arrivano le prime rinunce. Cathy è la prima a scoraggiarsi e a perdere di vista l’obiettivo. Poi anche tra le fila dei nepalesi, dopo un rischioso volo, si fa spazio l’insicurezza e la voglia di rientrare al campo base. Rimasti soli Rick e Sandy decidono di continuare verso la vetta. Al tredicesimo giorno di scalata sono ormai prossimi alla cima e scelgono di dare il tutto per tutto. È proprio Rick a raccontare di quel momento, quello in cui lasciano anche la tenda senza sapere quanto tempo gli avrebbe richiesto il raggiungimento della vetta. “Sarebbe stata un fardello” spiega. Con loro hanno solo i sacchi da bivacco, che gli sono utili per passare la notte in una truna. Solo il giorno seguente, il 15 luglio, riescono a superare gli ultimi metri che li separano dal pianoro sommitale del Nanga Parbat. La discesa è stremante. Ormai non hanno più nulla da mangiare. L’ultimo biscotto se n’è andato durante la salita, metà a testa, e devono ancora affrontare il lungo rientro attraverso la parete Diamir. Un passo alla volta come fantasmi, raccontano. In quota trovano due alpinisti cechi che li accolgono nelle loro tende offrendogli cibo e acqua, ma non riescono a mangiare nulla se non qualche zolletta di zucchero. Poco più avanti li raccolgono i loro compagni di spedizione e insieme superano gli ultimi metri di dislivello negativo fino al verdeggiante campo base. “Avevamo realizzato l’ascensione della nostra vita ed eravamo vivi per sederci al sole e sorseggiare una birra ceca” racconta Allen dopo aver fatto ritorno alle pendici della montagna.

Ce l’hanno fatta, hanno salito la cresta Mazeno! La loro via, la più lunga delle vie, viene premiata nel 2013 con il Piolet d’Or, ma non come la migliore. In quell’anno la giuria della prestigiosa onorificenza alpinistica sceglie di assegnare la picca d’oro ex aequo a tutte le salite prese in considerazione perché, a detta loro, nessuna salita sarebbe paragonabile quindi non esisterebbe la migliore. Tutte grandi e prestigiose le salite selezionate per il 2013, ma la Mazeno Ridge non si può paragonare ad altre. È una storia a parte, che la rende unica nel suo genere, a partire dai protagonisti: due alpinisti non più giovanissimi, determinati a coronare un proprio sogno muovendosi in autonomia su un itinerario dove già hanno sbattuto il naso. Una lezione di alpinismo d’altri tempi, per sempre impressa nella storia delle più alte montagne della Terra.

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