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Sono nate prima le natalizie ferratelle abruzzesi o i gofri piemontesi?

Ogni anno, con l’avvicinarsi del Natale, arriva il complicato momento del “non si tocca”, in cui ogni angolo della casa si permea di odori della tradizione, emanati da pietanze dolci e salate dotate del potere di farci tornare bambini. Ricette dei nonni, tramandate di generazione in generazione, la cui origine è strettamente legata alla storia di una località, generalmente di una Regione. Nasce così, fin da piccoli, la convinzione che alcuni piatti tipici della nostra Regione, non si possano ritrovare altrove. Un esempio natalizio è dato dalle ferratelle abruzzesi.

Questa è la denominazione con cui generalmente vengono indicate su siti, riviste, libri e blog di cucina delle cialde dalla superficie losangata, realizzate con farina, latte, uova, zucchero e aromi, e cotte con un apposito ferro, che non possono mancare nelle festività natalizie sulle tavole abruzzesi (in realtà ogni festività è una buona scusa per prepararle).

Di fronte a tale definizione strettamente regionale, molisani e laziali inevitabilmente sono portati a storcere il naso, per il semplice fatto che tale tradizione esiste anche in Lazio e Molise. Cambia il nome (neole, pizzelle, nuvole o cancelle), cambiano gli aromi (dalla vaniglia al limone, all’anice, alla cannella…), cambia la consistenza (morbide o croccanti), ma sono sempre loro, le cialde d’Appennino. In tutte e tre le Regioni, a partire dal 1700 si diffuse l’abitudine di inserire nella dote delle spose un ferro per realizzare le cialde. Un ferro speciale, in grado di imprimere sulla pastella lo stemma del casato o anche le iniziali del proprietario.

La domanda che sorge spontanea a questo punto è la seguente: siamo sicuri che questo delizioso dolcetto sia diffuso esclusivamente in queste tre Regioni del Centro Italia?

I gofri piemontesi

La forma della ferratella (o nome che preferite), soprattutto nella versione morbida, ricorda in maniera evidente quella dei waffle, che sono dolcetti ormai diffusi in tutto il mondo, tradizionali del Nord Europa, dal Belgio alla Francia, dalla Germania alla Scandinavia fino ai Paesi Bassi. Possibile mai che dolcetti così simili si ritrovino nel cuore dell’Appennino e nei Paesi a Nord dell’arco alpino, e non in alcuna regione alpina d’Italia?

Effettuando qualche indagine tra le ricette della tradizione regionale italiana, si scopre in effetti l’esistenza di un altro angolo della Penisola in cui vengono realizzate cialde cotte al ferro: il Piemonte. Nello specifico le zone dell’Alta Val Chisone e Alta Val di Susa sono la patria dei gofri, termine che ricorda il francese “gaufre”.

I gofri non nascono come dolcetti, tantomeno delle feste, ma come sostituti del pane per le famiglie che vivevano in montagna. Difatti nell’impasto originario non comparivano uova o latte (e ancora oggi si tratta di due ingredienti facoltativi). La ricetta non prevede neanche l’aggiunta dello zucchero. Realizzate con acqua, farina e lievito, possono accompagnarsi con miele o marmellate, nella versione dolce, o formaggio e affettati in quella salata, grazie al sapore neutro. Oggi sono divenute un cibo di strada immancabile nelle feste di paese.

In Piemonte, nelle medesime valli dei gofri, ma anche nel Canavese, Biellese, Astigiano, esiste anche un’altra tradizione di cialde cotte con il ferro: i canestrelli, che derivano il loro nome dai cesti intrecciati in cui venivano riposti dopo la cottura. A differenza dei gofri nella ricetta tradizionale troviamo uova e zucchero.

Chi è nato prima?

La scoperta dei gofri e dei canestrelli ci conduce a una domanda esistenziale: sono nate prime le cialde delle Alpi o quelle d’Appennino?

L’origine delle ferratelle (o nome che preferite), si fa risalire all’Antica Roma. Il dolcetto romano che possiamo considerare antenato della cialda appenninica era detto crustulum (plurale: crustula). Si trattava di piccoli biscotti realizzati con miele, burro e farina di frumento, serviti dopo le cerimonie sacrificali agli dei per ristorare sacerdoti, religiosi e devoti.

I crustula, a loro volta, derivano però da una ricetta dell’Antica Grecia: le obelias panis di Corinto, cialde realizzate con uova, farina di grano o di farro, farcite con fichi e olive. Non venivano cotte con i ferri ma in una sorta di padella. A introdurre la tradizione della ghisa pare siano stati i Maltesi, che trasformarono le obelias greche in una ricetta delle festività.

Le obelias furono importate in Francia dai Normanni e/o dagli Angioini, e diedero origine alle gaufre. La nuova ricetta venne esportata in Europa seguendo il corso del fiume Reno. Ecco che iniziò così a diffondersi in Olanda, Belgio, Germania, cambiando nome esattamente come accaduto in Appennino (wafel, waffel). Dai Paesi Bassi le cialde arrivarono in America, dando origine ai waffle.

La tradizione dei gofri piemontesi sembra essersi diffusa soltanto nell’Ottocento, per influenza francese. Per quanto riguarda i canestrelli, è anche in questo caso probabile un’influenza francese. Di certo si sa che fecero la loro comparsa nel Tardo Medioevo, quando venivano chiamati “nebule” e costituivano una sorta di variante alla produzione delle ostie della liturgia cattolica.

Definire una data di nascita precisa per tradizioni che, come è chiaro, sono frutto di evoluzione e contaminazioni, è davvero difficile. Così come anche la ricostruzione della loro storia è spesso frutto di ipotesi. Dobbiamo in ogni caso riconoscere agli Antichi Greci il merito di aver gettato le basi per la nascita di golosità che tanto amiamo ancora oggi.

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