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Tre bambini e il “Colosseo” del Gran Sasso. Intervista a Paolo Baldi, nuovo sindaco di Calascio

Nel cuore dell’Abruzzo c’è un paese a due piani. In basso, a milleduecento metri di quota, c’è un borgo ormai silenzioso, dove sono rimasti poco più di cento abitanti. Le scuole, dall’asilo alle medie, sono a quattordici chilometri di distanza, la farmacia a nove, il medico condotto viene solo un’ora a settimana. Dati che possono far pensare che Calascio sia a un passo dall’estinzione. Non è così, e per capirlo è sufficiente alzare gli occhi. Trecento metri di dislivello più in alto, pari a dieci minuti d’auto o a una tranquilla ora a piedi, sorge il castello più famoso d’Abruzzo. Nel 1985, quando Richard Donner vi ha girato Lady Hawke, un drammone medievale interpretato da Rutger Hauer e Michelle Pfeiffer, Rocca Calascio era un rudere sconosciuto ai più. 

Oggi, dalla primavera all’autunno, la Rocca viene presa d’assalto. Non si paga un biglietto, il numero dei visitatori può essere solo stimato, ma si avvicina ai centomila ogni anno. “E’ il nostro Colosseo, che dobbiamo conservare e gestire” sorride Paolo Baldi, 61 anni, che nelle elezioni dello scorso 3-4 ottobre è diventato sindaco di Calascio, ottenendo 70 voti contro i 35 del rivale. 

A rendere famosa la Rocca, insieme a Michelle Pfeiffer e alla sua troupe, è stato proprio Baldi che nel 1993, con la moglie Susanna Salvati e due figli (che poi sono diventati cinque) ha trasformato un edificio in abbandono nel Rifugio della Rocca, un albergo-ristorante di charme. Oggi Paolo, non ha più interessi economici nel Rifugio, ma continua a percorrere con piacere le vette e gli altopiani del Gran sasso. Da un mese e mezzo, ha anche un borgo e un territorio tutt’altro che facili da gestire. 

Sindaco, iniziamo con una buona notizia?

“Finalmente a Calascio sono tornati i bambini. Per undici anni non ne sono nati, ora ce ne sono due all’asilo, e un terzo sta per nascere”. 

Ce n’è un’altra?

“La nostra carta d’identità. Calascio ha un territorio vastissimo, che sale fino ai 2561 del Monte Prena, una delle grandi vette del Gran Sasso. In paese c’è una magnifica chiesa medievale affrescata, Santa Maria delle Grazie. Chi vuole trasferirsi qui da noi può acquistare una casa per 30 o 40.000 euro”.    

Invece la popolazione declina. Quanti siete?

“Ufficialmente 130, in estate tornano gli emigrati e il numero più o meno raddoppia”. 

Lei è nato a Roma e ha girato il mondo. Perché fa il sindaco di Calascio?

“Prima di trasferirmi qui sono stato sei anni in Francia e tre negli USA, Calascio è il posto dove ho vissuto più a lungo. Sembra banale, ma amo questo posto, e volevo dare una mano. Quando degli amici mi hanno proposto di candidarmi li ho ringraziati per l’onore, e l’ho fatto”. 

Poi è stato eletto, e ha scoperto che il Comune non aveva nemmeno un dipendente. 

“E’ stata la prima emergenza. Abbiamo ottenuto due impiegati, distaccati dai Comuni vicini, e qualcun altro arriverà in futuro. Pian piano la macchina ha ripreso a funzionare”. 

Com’era la Calascio di una volta?

“Un paese ricco, di proprietari di greggi, che hanno lasciato belle residenze e opere d’arte nella chiesa”. 

E la Calascio di oggi? 

“Di quel passato, a parte le pietre, resta poco. Ci sono tre aziende che allevano pecore, vette e sentieri straordinari, parecchi problemi da risolvere”. 

A pochi chilometri da voi sono Castel del Monte, la “capitale” dei pastori del Gran Sasso, e Santo Stefano di Sessanio con il suo torrione mediceo e i suoi artigiani. Riuscite a collaborare?

“Abbiamo iniziato subito, occupandoci dell’acquedotto. Dobbiamo presentarci uniti e con delle proposte concrete alla Regione Abruzzo e agli altri enti”. 

Chi passa da Calascio, quasi sempre, sale a Campo Imperatore. E rischia di trovare strade chiuse d’inverno, e ingorghi in piena estate. Che si può fare?

“In estate bisogna regolare il traffico e creare una rete di bus di linea. D’inverno, quando il clima lo permette, bisogna tenere aperte le strade, e consentire a escursionisti e scialpinisti di raggiungere l’altopiano. Altre due questioni su cui i sindaci devono lavorare insieme”.

In Abruzzo, dopo la tragedia di Rigopiano, la neve fa paura agli amministratori pubblici, come dimostrano i molti divieti di sciare o camminare con neve fresca e la recente chiusura della Val Majelama. Che ne pensa?

“Negli anni scorsi mi sono battuto per l’apertura delle strade, la gestione della ex-Provincia dell’Aquila non va bene. Quanto ai pericoli, vorrei che si badasse anche a quelli dell’estate. Nell’agosto del 2019, in occasione della Festa degli Ovini, sono salite a Fonte Vetica 30.000 persone, e un fuoco non controllato ha causato un incendio che ha distrutto centinaia di ettari di pascoli e di boschi”. 

Con il Rifugio della Rocca avete portato a Rocca Calascio escursionisti, ciaspolatori e scialpinisti, ma una parte dei residenti non vi ha capito. E’ cambiata questa situazione?

“In parte sì, ma non del tutto. Le persone di qui frequentano poco la montagna, e non si rendono conto di quanto potrebbe rendere un turismo ben gestito”.

Lei conosce e frequenta le Alpi?

“Certo, da quando ero bambino. Conosco le Dolomiti, la Valle d’Aosta, le Alpi svizzere. Luoghi dove il turismo ha creato benessere”. 

Gli esempi di “buon turismo” non mancano nemmeno in Abruzzo, da Pescasseroli e a Civitella Alfedena. Il Parco Gran Sasso-Laga non vi aiuta a far conoscere questi esempi?

“Purtroppo il Parco qui si vede poco. Molti residenti non lo considerano un’opportunità ma solo un sistema di vincoli. E’ una situazione da cambiare”. 

Come si può cambiare, sindaco Baldi?

“Un elemento centrale è la Rocca. Nelle ultime estati è stata chiusa alle auto la strada, e hanno lavorato bene sia i bus-navetta sia la nuova cooperativa di servizi”. 

Volete promuovere ancora Rocca Calascio? Introdurrete un biglietto d’ingresso?

“Ormai la Rocca si promuove da sola. Intanto è necessario metterla in sicurezza e restaurarla, è un intervento che costa, e i soldi del biglietto potrebbero essere preziosi. Prima di tutto dobbiamo conservarla”. 

Esistono o no i fondi per la montagna?

“Dipende. A Pietracamela, un borgo delle stesse dimensioni di Calascio ma sul versante opposto del Gran Sasso, nel 2008 sono stati spesi 14 milioni di euro di fondi pubblici per costruire la nuova cabinovia dei Prati di Tivo. Un impianto che da allora, per mille motivi, è rimasto spesso chiuso. Con una cifra simile, qui, si potrebbero restaurare la Rocca e far funzionare i bus d’estate e gli spazzaneve d’inverno. Perché i soldi veri, in Abruzzo, escono solo quando c’è di mezzo lo sci?”  

C’è una cosa che vorrebbe fare subito? 

“Nella piana di San Marco, tra Calascio e Castel del Monte, c’è il vecchio Centro Sperimentale per l’allevamento ovino del Corpo Forestale dello Stato, che il Parco ha trasformato in un museo sempre chiuso. E’ uno spazio enorme, fondamentale per gli allevatori e le greggi. Va recuperato in tempi brevi. Non voglio che la pastorizia, che è un’attività millenaria, si estingua a Calascio mentre sono sindaco io”.    

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