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Velino, la montagna vietata

Qual è la vetta più pericolosa del mondo? Uno sguardo alla storia suggerisce l’Eiger, il K2 o il Cervino. Se si bada alle statistiche, invece, entrano nella gara il Monte Bianco e l’Everest. Dall’Abruzzo, invece, arriva un suggerimento diverso. La montagna più pericolosa è il Velino, terza vetta dell’Appennino per quota. Una montagna ripida, in parte rocciosa, che tocca i 2486 metri e sorveglia Avezzano e il Fucino e nelle giornate limpide si lascia vedere da Roma. 

Due mesi fa abbiamo riferito dell’ordinanza con cui il Comune di Massa d’Albe, la Riserva Naturale Monte Velino e i Carabinieri Forestali dell’Ufficio per la Biodiversità di Castel di Sangro hanno vietato l’accesso dal 15 novembre al 30 aprile alla Val Majelamaper motivi di sicurezza pubblica legati al pericolo di slavine”. Qualche settimana dopo, il Parco regionale Sirente-Velino, che comprende geograficamente ma non controlla la Riserva, ha proposto un regolamento per l’utilizzo dei sentieri in veste estiva. Oltre a fornire consigli sulla scelta del percorso, su attrezzatura e abbigliamento e su come comportarsi in caso di emergenze, il documento impone agli escursionisti di segnalare in anticipo la propria presenza, e di “assumersi la responsabilità a titolo personale, sia civilmente che penalmente” in caso di incidenti.

Sul divieto della Val Majelama e dintorni, che sta per diventare effettivo, è in corso una trattativa tra la Riserva Naturale e il Comune di Massa d’Albe da un lato, e il CAI, il Soccorso Alpino e il Collegio regionale delle guide alpine. La proposta di regolamento del Parco è stata invece contestata dal CAI Abruzzo, con un documento reso noto dal sito loscarpone.it. Nel promemoria, firmato dal presidente regionale Francesco Sulpizio, si citano le leggi di altre Regioni e Province autonome italiane, che non comprendono norme di questo tipo. In Lombardia (L.R. n. 5 del 2017) “chiunque intraprende un percorso della Rete Escursionistica Lombarda lo fa sotto la propria responsabilità”. In Trentino (L.P. n. 8 del 1993) “controllo e manutenzione dei tracciati non escludono i rischi connessi alla frequentazione dell’ambiente montano”. In Emilia-Romagna (L.R. n. 14 del 2013) i fruitori devono adottare “livelli di cautela consoni al transito su sentieri, mulattiere e strade a fondo naturale”.

Per capire la “pazza voglia” di regolare o a vietare le valli e i sentieri dell’Abruzzo (e in particolare del Velino) più di quanto non si faccia nel resto d’Italia e d’Europa, bisogna fare qualche passo indietro. Il più ovvio riporta allo scorso 24 gennaio, quando quattro escursionisti di Avezzano, Tonino Durante, Gianmarco Degni, Valeria Mella e Gianmauro Frabotta, si sono spinti in Val Majelama nonostante le condizioni proibitive, e sono stati sepolti e uccisi da una valanga caduta dai ripidi pendii del Pizzo Cafornia. La loro ricerca, durata quasi un mese, ha coinvolto centinaia di soccorritori e ha commosso l’intera Marsica. I funerali dei quattro, nel Duomo di Avezzano, sono stati seguiti da migliaia di persone. In primavera, in città, è stato inaugurato un monumento alle vittime. La commozione ha spinto molti residenti e una parte dei media locali, a iniziare dal sito Marsicalive, ad applaudire il divieto della Val Majelama. “Mai più una tragedia come quella del Velino!” ha titolato il sito. 

Per capire cosa sta succedendo in Abruzzo bisogna tornare indietro di cinque anni, fino alla valanga di Rigopiano” spiega Pierluigi Taccone, guida alpina di Avezzano. “Quell’evento, che non c’entrava niente con l’escursionismo e l’alpinismo, ha spaventato i sindaci, e ha portato ai divieti invernali di Ovindoli, Roccaraso e altri Comuni”. Di quei provvedimenti, contestati dall’associazione Abruzzo Freeride Freedom e dal CAI, ci siamo occupati più volte. 

Non abbiamo scelta, un regolamento ci vuole” spiega Igino Chiuchiarelli, direttore del Parco Sirente-Velino, che ha regolamentato da poco (e con successo) l’accesso alle Gole di Celano con obbligo di prenotazione e di casco. La legge regionale del 2016 sulla REASTA, la Rete Escursionistica Alpinistica Speleologica Torrentistica Abruzzo, fa ricadere la responsabilità degli incidenti agli escursionisti sui Comuni e sui Parchi. Il CAI usa due pesi e due misure. Chi partecipa a un’escursione sociale deve firmare uno scarico di responsabilità verso la Sezione e gli accompagnatori. Perché lo stesso non può valere per noi?” conclude il direttore.

In effetti, nella regione del Velino, della Majella e del Gran Sasso, sulla montagna si respira un clima curioso. Migliaia di residenti praticano l’escursionismo, l’alpinismo, la mountain-bike, lo scialpinismo e le ciaspole. Anche Marco Marsilio, presidente della Regione Abruzzo, frequenta sentieri e rifugi. Agli appassionati locali, tutto l’anno, si affiancano quelli che arrivano dal resto d’Italia e dall’estero, che danno un contributo all’economia della montagna proprio come in Valle d’Aosta o in Trentino. Esagerare con i divieti potrebbe fare dei danni seri. Ma nelle sedi dei Parchi, nei Comuni, negli uffici della Regione Abruzzo divisi tra L’Aquila e Pescara l’attenzione al lavoro di albergatori, guide alpine e altre categorie si bada poco. 

Dopo la tragedia del Velino Guido Quintino Liris, Assessore regionale al Bilancio con deleghe alle Aree interne e allo Sport, ha varato un Tavolo sulla Sicurezza in Montagna al quale partecipano il Corpo Nazionale Soccorso Alpino, l’analoga struttura della Guardia di Finanza, le guide alpine, Polizia, Carabinieri, Vigili del Fuoco e altri enti. Il Tavolo ha portato in Abruzzo un’antenna RECCO, sta avviando nuovi protocolli d’intervento sulle valanghe, si lavora a una campagna d’informazione nelle scuole superiori abruzzesi. In estate, però, non sono partiti ai Prati di Tivo, a Campo Imperatore e in altre zone i “filtri” contro gli escursionisti male attrezzati che hanno funzionato bene sulle Grigne e sul versante francese del Monte Bianco. Sui sindaci e sui responsabili dei Parchi pesano gli incidenti avvenuti nel 2017 in valle dell’Orta, dove due escursionisti hanno ignorato i divieti, sono scivolati e sono annegati nel torrente, e nel 2019 nelle gole di Fara San Martino, dove un’escursionista è stata uccisa da una pietra. Due episodi che hanno dato luogo a processi ancora in corso.  

Il divieto invernale della Val Majelama, favorito dal dolore dei residenti della Marsica, sembra avere poco a che fare con la sicurezza in montagna, ma fa parte della tendenza della Riserva del Velino di ridurre l’accesso tutto l’anno. Uno scopo legittimo, certo, ma che un’amministrazione dello Stato dovrebbe perseguire alla luce del sole, chiedendo l’istituzione di un’area a tutela integrale. 

Una buona notizia per la sicurezza in montagna in Abruzzo arriva dalla presentazione della prima Carta Regionale delle Valanghe, lo strumento che, anni fa, avrebbe impedito la costruzione dell’Hotel Rigopiano. “L’arrivo della Carta è una buona notizia, ma potrebbe creare malintesi” commenta la guida alpina Pierluigi Taccone. “E’ uno strumento urbanistico, ma qualche sindaco potrebbe usarla in maniera sbagliata, chiudendo altre valli dove può cadere qualche slavina”. 

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4 Commenti

  1. Ma si dai, chiudiamo tutto. Slavine pericolose, pietre che cadono, sentieri sdrucciolevoli, grotte non segnalate, radici infide. Siamo alla follia. Vite di plastica, dove con l’alibi di tutelare i più deboli o i più sfortunati si mettono legacci e divieti ad ogni tipo di attività. Che mondo orribile che è diventato.

  2. Mi sembra che l’ignoranza e l’abitudine di creare intrallazzi per fare affari, abbia portato i politici, ma anche le persone normali, oltre ai professionisti, a creare un sistema di regole e “paraculamenti” che sia ormai difficile e sempre più costoso da portare avanti. ……… 1 mese di spese pazzesche per cercare 4 morti, quando bastava aspettare 2 mesi….. costose apparecchiature e sistemi inutili …….. controlli e personale …….
    Sinceramente non capisco a cosa serva, di sicuro non a evitare incidenti.
    Avrei introdotto l’istruzione obbligatoria.

  3. Un regolamento costa poco,i soccorsi conseguenze di incidenti NON sono un diritto gratuito da pretende sempre e pure in modo efficace ed immediato…e poi neppure un GRAZIE!Poi chi vuole fa quello che gli pare..non esistono 3 controllori per ogni cittadino…almeno fino a quando l’Intelligenza artificiale ci metterà tutti sootto sorveglianza h 24.

  4. Con tutto il rispetto per le vittime, non sono le montagne a essere pericolose, la quasi totalitá delle volte sono i nostri comportamenti in montagna a essere pericolosi.
    Cordialmente

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