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Servono politiche e leggi ad hoc per valorizzare le potenzialità delle montagne
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Intervista a Massimo Sertori, assessore alla Montagna, Enti Locali e Piccoli Comuni della Regione Lombardia

Alle montagne non servono interventi assistenziali, ma un approccio politico e legislativo che ne riconosca le specificità e le differenze, in modo da consentirgli di mettere a reddito le proprie potenzialità nell’ottica di un concreto sviluppo sostenibile. In sintesi è questa la visione che Massimo Sertori, assessore alla Montagna, Enti Locali e Piccoli Comuni della Regione Lombardia, porterà ad High Summit COP26, la conferenza internazionale sulle montagne che si terrà il 24 e 25 settembre a Macherio, in provincia di Como, alla quale prenderà parte in qualità di moderatore della sessione dedicata al tema “Connettività, energia e trasporti: nuovo sviluppo e prospettive future”.

Nell’intervista rilasciata a Montagna.tv, Sertori approfondisce queste tematiche e amplia lo sguardo ad altri punti salienti della gestione dei territori montani.

Può darci una traccia del focus attorno al quale verterà la sessione di High Summit da lei coordinata?

“Le montagne hanno delle specificità e delle caratteristiche che sono diverse dall’ordinario. Si tratta di territori bellissimi, con un ambiente spettacolare che è forte attrattiva sotto diversi aspetti, dal turismo alle risorse naturali, ma che, allo stesso modo hanno delle proprie fragilità e punti di “debolezza”. Basti pensare all’orografia che impone costi più elevati per la realizzazione delle infrastrutture rispetto alle aree di pianura. Un’altra caratteristica è il rapporto fra superfici territoriali molto ampie e concentrazioni abitative limitate, fattore che risulta spesso antieconomico per l’erogazione dei servizi. Pensate ad esempio alla banda larga, oggi divenuta fattore essenziale di sviluppo. È chiaro che per gli operatori privati spesso non c’è convenienza economica nel portare questo tipo di infrastruttura digitale nei territori montani. Quindi, o si pianificano strategie da parte dello stato che vadano a colmare a compensare questi piani industriali economici che non stanno in piedi autonomamente, o le terre alte sono destinate a rimanere indietro rispetto alla possibilità di fruire delle infrastrutture indispensabili allo sviluppo”.

Si tratta di elaborare appositi piani di assistenza dedicati alle zone di montagna?

“Assolutamente no! Non si tratta di mettere delle risorse a fondo perduto per sostenere una realtà disagiata. Che la montagna produca e costituisca una risorsa per tutto il contesto economico in cui è inserita è fuor di dubbio. Basti pensare ai servizi ecosistemici da essa generati come l’energia idroelettrica, che costituisce un beneficio anche e soprattutto per le pianure. Per non parlare poi delle imprese, dal turismo all’industria, che proprio nel contesto montano trovano la loro forza e vivacità.

Non si tratta di dare assistenza, ma di mettere a disposizione un livello di servizi di base, di collegamenti e infrastrutture che sia, se non uguale a quello dei territori metropolitani, almeno sufficiente a scongiurare l’abbandono del territorio e a consentire a chi vuole vivere e lavorare in montagna di farlo al meglio, restituendo valore aggiunto alla collettività”.

Più che un programma di aiuti è quindi necessaria una visione strategica diversa?

“La montagna fornisce risorse e servizi che vanno a vantaggio di tutti, dobbiamo quindi trovare quegli spazi normativi che consentano di lasciare le ricadute economiche di queste risorse prevalentemente laddove vengono generate. La montagna ha bisogno di politiche e di leggi specifiche, ma non per avere di più di altri, ma perché per massimizzarne le straordinarie potenzialità. Penso alla Provincia di Sondrio che produce da sola il 17 per cento del tagliato nazionale con le proprie segherie e che importa dalla Svizzera e dall’Austria il 90 per cento della materia prima, cioè il legname, quando anche da noi ci sono i boschi esattamente come in quelle nazioni alpine. Evidentemente c’è un problema di convenienza, di costi e ostacoli maggiori nell’attingere alla risorsa locale. Come è possibile che da noi non si riescano a fare leggi che consentano alla filiera bosco legno di essere massimizzata? Lavorando in questa direzione e calibrando le politiche in modo specifico sono convinto che la montagna le sue comunità possano essere perfettamente in grado di compensare i maggior costi mettendo a reddito le proprie risorse senza gravare sulla collettività”.

Lei parlava del 90 per cento del legname che arriva dalla Svizzera e dall’Austria. Quindi con un notevole aggravio in termini di inquinamento legato ai trasporti…

Non a caso ho parlato di economia circolare. Avrei potuto parlare anche di chilometro zero e di tutta un’altra serie di politiche. Ma queste al momento sono solo parole. Per arrivare ai fatti servono leggi mirate e specifiche!”.

Ci sono negli altri Paesi alpini esempi di buone pratiche interessanti che possono essere messe a frutto anche da noi?

“Poco fa ho citato la Svizzera e dell’Austria, che sono nazioni vicine a noi, le quali però hanno il loro territorio e il loro core business prevalentemente legato alle aree montane, per questo hanno saputo ritagliare negli anni politiche efficaci e adeguate alle loro specificità territoriali. La questione però non è solo di indirizzo politico e legislativo. In quei Paesi c’è anche una burocrazia che è molto più snella rispetto a quella italiana. Da noi ormai tutto è diventato difficile e complicato. Diciamo che il legislatore si è fatto del male con le sue stesse mani! Per costruire un nuovo tratto di strada si impiega meno a completare i lavori che ad evadere tutte le procedure amministrative. Questo è un problema che si evidenzia in modo ancora più forte sui territori montani”.

Quali azioni sta mettendo in campo la Regione Lombardia per i suoi territori di montagna?

“Non dovrei essere io a dirlo, ma credo che la Lombardia stia facendo un lavoro importane per valorizzare le aree montane e per cercare di scongiurare lo spopolamento. Abbiamo messo a disposizione dei piccoli comuni delle comunità montane risorse significative per fare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria che magari da anni non venivano eseguiti. Si tratta di un aiuto concreto ma evidentemente non è sufficiente. Oltre alle risorse bisogna dare agli enti locali anche le possibilità per utilizzarle. I piccoli comuni come quelli montani si trovano ingabbiati in una serie di incombenze e di oneri burocratici che rischiano di paralizzarli. Penso al comune di Ponte in Valtellina, dove vivo io: una comunità di 2300 anime dove, fino a 20 anni fa, c’erano 5 impiegati che sbrigavano tutte le pratiche, facevano front office e tutto il resto. Oggi di impiegati ne abbiamo 11 e non si riesce comunque ad adempiere a tutte le necessità. Bisogna invertire questo trend e sono convinto che guardare con un occhio attento a cosa succede oltralpe non ci può che far bene”.

Affrontando la tematica con uno sguardo più ampio di quello di quello nazionale come valuta un confronto come quello che ci sarà ad High Summit, con l’obiettivo di mettere a confronto diverse esperienze positive e buone pratiche a livello mondiale?

“Si tratta sicuramente di una grande opportunità per l’acquisizione di consapevolezza e di identità da parte delle diverse comunità delle terre alte del pianeta e dei loro rappresentanti. Ci sono dei denominatori comuni e politiche che possono risultare valide ed essere replicate in territori differenti, ma ci sono tante specificità e peculiarità di cui bisogna assolutamente tenere conto. Se il tema è ad esempio quello della banda larga, è chiaro che non ci sono differenze fra Bormio, Cortina, la Val Gerola o qualsiasi altra regione d’Europa o del mondo. Il confronto con le altre realtà è importante quando si gestiscono grandi progetti internazionali. Penso ad esempio alle Olimpiadi Milano Cortina del 2026. In questo caso stiamo guardando attentamente a cosa è successo nelle nazioni che hanno ospitato l’evento prima di noi, valutandone gli aspetti positivi e negativi. Quindi non posso che valutare positivamente un appuntamento come High Summit nel quale si potranno mettere a fattor comune strategie e politiche che riguardano temi trasversali e magari cominciare a mettere le basi per avviare un’attività di lobby positiva da parte di comunità che hanno problematiche comuni, nella fase della definizione delle leggi europee. Tutto ciò, però, senza dimenticare che, ancor più delle che grandi regie globali alla montagna servono autonomie locali concrete ed efficaci”.

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