Trail running

Franco Collè e il suo Tor da record: “Non riesco a vedermi spettatore”

Arrivare al traguardo, a ogni costo. Sognava di chiuderlo il Tor des Géants Franco Collè, ma alla fine ha fatto molto di più. Ha confermato ancora una volta cosa significa essere un gigante, in tutti i sensi. Terza vittoria, dopo quelle di 2014 e 2018, e record. Il runner valdostano ha infatti impiegato 66 ore 43 minuti e 57 secondi per completare il suo personale Tor. Si perché il Tor alla fine è una questione personale più che una gara. Il podio attira, ma la sfida più grande è quella con se stessi, con la stanchezza, con la paura di non riuscirci, con le crisi e gli acciacchi che puntuali si fanno vedere lungo gli interminabili 330 chilometri di gara. Franco lo sa bene, quest’anno ha infatti dovuto combattere con alcuni problemi di stomaco da cui ha saputo rialzarsi dando tutto un altro ritmo alla sua gara. Al traguardo è arrivato in piena notte, sotto al diluvio, ma una volta superato il Col de Malatrà nulla sarebbe stato in grado di intaccare la gioia e l’entusiasmo del campione.

Franco, ultimo Tor quello di quest’anno?

“Lo dico ogni anno all’arrivo, ma il Tor è sempre il Tor. Difficile rispondere adesso. Sicuramente non sarà l’ultimo, perché è una gara simbolo, che ho nel cuore. Mi piace fare il Tor, al di la del podio, delle tre vittorie o del record. Il risultato è quello stimolo in più, ma il bello è vivere questa gara unica. Non riesco a vedermi spettatore del Tor.”

La tua è passione per l’esperienza o per la sofferenza?

“Per le emozioni che puoi vivere. La sofferenza c’è, lo sappiamo tutti, ma non è qui che si trova il bello. Tutti i partecipanti prima o poi vivono i loro momenti di crisi. Attimi che vengono ripagati da istanti incredibili.”

A esempio?

“Quando corri il Tor sei da solo nella natura. Quando ho passato il Malatrà, qualche notte fa, sembrava la prima volta. Era in corso un violento temporale e la meteo era così brutta che tutto sembrava bellissimo. Solo chi ha vissuto il Tor può comprendere queste sensazioni.”

A proposito di crisi, hai avuto un momento molto difficile quest’anno…

“Si, da quando domenica sera ho passato il Col d’Entrelor fino al pranzo di lunedì non sono riuscito a mangiare nulla. Mi sono ritrovato senza energie, così ho dovuto scalare una marcia e rallentare. Per fortuna poi tutto si è risolto e da Donnaz in poi ho iniziato una nuova gara. Sono riuscito a recuperare Jonas (Jonas Russi, secondo classificato al TOR330, nda) e a staccarlo.”

Il momento più bello invece?

“Direi la fase finale, quando mi sono accorto di stare di nuovo bene e di avere sufficienti energie per provare a prendermi la prima posizione. Negli ultimi chilometri ho capito che potevo farcela, le gambe rispondevano bene ed è stato bellissimo. Il Malatrà, nonostante la meteo, me lo sono veramente goduto.”

Tre vittorie e un record, ora sei nella leggenda…

“Non erano due miei obiettivi, anche se in tutte le edizioni passate ho sempre sfiorato il record. Quest’anno volevo semplicemente arrivare in fondo, dopo la brutta esperienza dell’ultimo Tor. Volevo divertirmi, godermelo, non ho nemmeno guardato l’orologio fino al rifugio Bertone.”

I risultati arrivano quando non li si cerca, è stato così?

“Alla vittoria ci tenevo tanto, quando metto il pettorale la mia anima agonistica esce fuori in modo prepotente. Con Jonas la battaglia è stata dura, ma anche molto stimolante.”

Il record invece?

“Non era nei miei piani. L’ho cercato per diversi anni, poi è arrivato quando ho smesso di pensarci. È stato la ciliegina sulla torta di questo Tor 2021. La dimostrazione che quando stai bene, tutto funziona in modo impeccabile.”

Esiste il Tor perfetto, senza imprevisti?

“No, Non si può essere perfetti dal primo all’ultimo chilometro. Prima o poi l’intoppo arriva e la crisi è dietro l’angolo. Con Jonas la battaglia è stata dura e divertente anche grazie a questo. Quello che fa la differenza nel ricordo della gara è riuscire a tagliare il traguardo. Chi lo finisce, chi arriva in fondo, sa di aver vissuto un’esperienza speciale.”

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