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5 boschi d’Italia da scoprire nella Giornata Internazionale delle Foreste

Il 21 marzo rappresenta una di quelle date che restano impresse nella mente fin da bambini. Si associa infatti all’arrivo della primavera, al risveglio della natura. Col tempo impariamo che in realtà non sia sempre così. Che l’equinozio di primavera, per ragioni astronomiche, possa avvenire anche il 20 di marzo. C’è però una ricorrenza che, senza variazioni, si ripete annualmente il 21 marzo: la Giornata Internazionale delle Foreste. Una data che è bene memorizzare perché si tratta del giorno in cui, dal 2012, anno di istituzione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, siamo invitati a celebrare i polmoni verdi del Pianeta. Scrigni di biodiversità, produttori di ossigeno e risorse, antagonisti del cambiamento climatico e del dissesto idrogeologico, i boschi rappresentano un patrimonio da preservare.

E, dobbiamo ammetterlo, in Italia stiamo dando dimostrazione negli ultimi anni di saperlo fare bene. Nel mese di dicembre, il rapporto “Boschi e foreste nel Next Generation EU. Sostenibilità, sicurezza, bellezza” messo a punto da Fondazione Symbola, ha riconosciuto il nostro Paese come secondo in Europa per copertura forestale (11,4 milioni di ettari, pari a circa il 38% della sua superficie territoriale). Si cerca di favorire lungo lo Stivale una gestione sostenibile. Concetto apparentemente semplice, che deve tenere conto, come evidenziano gli esperti, dei principi di quantità e qualità delle specie forestali.

Aumentano i boschi e in parallelo si accresce la passione comune per gli stessi. Nell’anno del Covid abbiamo preso ulteriormente coscienza del forte potere rigenerante della natura. Gli angoli verdi, anche quelli più vicini a casa, che forse finora avevamo ignorato o disdegnato, sono divenuti i nostri alleati nella ricerca di attimi di benessere. In questa Giornata Internazionale delle Foreste vogliamo allora regalarvi un viaggio nel verde dello Stivale, attraverso 5 foreste alpine e appenniniche che vi invitiamo a scoprire.

Foresta del Cansiglio

L’odierna foresta demaniale regionale del Cansiglio era un tempo l’antica Foresta dei Dogi della Repubblica di Venezia. Con i suoi circa 7.000 ettari di superficie rappresenta una delle risorse ambientali più importanti del Veneto e delle Alpi. Si estende attorno all’Altopiano del Cansiglio diviso tra le province di Belluno, Treviso e Pordenone ed è divenuta celebre negli ultimi anni per essere una meta turistica perfetta per gli appassionati di foliage autunnale.

Si sviluppa da una quota di 1000 m, a livello appunto dell’Altopiano, fino ai 2250 m del Monte Cavallo. Le specie arboree maggiormente presenti sono rappresentate da faggi, abeti bianchi e abeti rossi. Una biodiversità importante che ha portato a riconoscere l’area come SIC – Sito di Interesse Comunitario – e Zona di Protezione Speciale (ZPS) inserita nella Rete Natura 2000. La speciale protezione che vige nell’area determina tagli limitati e controllati. Curiosità: in giornate particolarmente limpide, dalla cima del monte Cavallo è possibile scorgere la laguna di Venezia.

Foresta di Tarvisio

La foresta friulana di Tarvisio ha una storia millenaria. Le prime testimonianze di questo angolo verde, che rappresenta la foresta demaniale (parchi esclusi) più grande d’Italia, risalgono all’anno 1007, quando l’imperatore di Germania Enrico II il Santo la donò al vescovo di Bamberga. Per certi versi potremmo dire che il tempo si sia qui fermato. Il 90% della superficie forestale è infatti ancora legata a diritti di servitù di legnatico di origine medievale.

Si estende su una superficie di 24.000 ettari sino al confine con l’Austria e la Slovenia, lungo tutta la Valcanale e la valle dello Slizza. 15.000 ettari sono rappresentati da boschi gestiti a scopo produttivo, secondo precisi piani che ne garantiscono da oltre un secolo copertura arborea continua e rinnovamento naturale delle specie autoctone. Per aver saputo raggiungere tale equilibrio tra salvaguardia e utilizzo è considerata una delle aree naturalistiche più preziose e interessanti d’Italia. Tra le specie presenti troviamo l’abete rosso, fonte del legno cosiddetto “di risonanza”, tanto amato da Stradivari per la realizzazione dei suoi violini. Specie caratteristica di un’altra ben nota foresta, quella “dei violini”, di Paneveggio, purtroppo ferita profondamente dalla tempesta Vaia.

Sasso fratino, la foresta dei faggi longevi

All’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi si cela la foresta di Sasso Fratino. Prima riserva naturale integrale italiana, è stata riconosciuta nel 2017 come Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO tra le faggete vetuste europee all’interno del sito seriale Ancient and Primeval Beech Forests of the Carpathians and Other Regions of Europe.

Ricerche dendroecologiche condotte negli scorsi anni nell’ambito di una collaborazione tra Parco Nazionale, CFS e Dipartimento Dafne dell’Università della Tuscia di Viterbo, hanno evidenziato la presenza di esemplari di faggio che possono superare i 4/5 secoli di età. “Questi faggi sono quindi coevi di Cristoforo Colombo e Leonardo da Vinci. Il rinvenimento di faggi così vetusti, al limite della longevità per le latifoglie decidue, fa entrare Sasso Fratino nella top 10 delle foreste decidue più antiche dell’Emisfero Nord”, spiegano i docenti Unitus Alfredo Di Filippo e Gianluca Piovesan.

La foresta si estende su un’area di quasi 800 ettari e la sua storia si lega a quella dell’antica Foresta Casentinese, che si estende a cavallo dell’Appennino Tosco Romagnolo, tra il Monte Falterona e il Passo dei Mandrioli.

Tali territori, un tempo feudi dei Conti Guidi, furono confiscati a metà del Quattrocento dalla Repubblica di Firenze e concessi all’Opera del Duomo, così da poterne utilizzare il legname per la costruzione della Cattedrale di Firenze. Dopo 400 anni sotto la gestione dell’Opera, l’antica Foresta divenne una “reale possessione” e il Granduca di Toscana Leopoldo II la ribattezzò “Regia foresta di Casentino”. Nel 1914 fu acquistata dallo Stato.  All’epoca la superficie totale risultava essere pari a 5.853 ettari ma, grazie a una serie di acquisizioni successive, nel 1924 si arrivò a 8.270 ettari. Nel 1932 la Foresta Casentinese e quella di Camaldoli furono unificate nelle “Foreste Casentinesi”. La Seconda Guerra Mondiale rappresentò una fase estremamente critica per il polmone verde appenninico, sfruttato e logorato.

Nel 1959 viene istituita la riserva naturale integrale di Sasso Fratino. A seguire, nel 1977, furono istituite anche le Riserve Naturali Biogenetiche Casentinesi. 4.600 ettari di verde che comprendono le Riserve di Campigna, Camaldoli, Badia Prataglia – Lama e Scodella.

Foresta Umbra

La foresta umbra, a discapito del nome che potrebbe trarre in inganno, è un’area naturale protetta che si trova nella parte più interna del Parco Nazionale del Gargano, in Puglia. Umbra è decisamente l’aggettivo latino (“ombreggiata”) più idoneo a descrivere la fitta vegetazione che la caratterizza in molteplici tratti. Dal 2017, al pari di Sasso Fratino, le faggete vetuste della foresta umbra sono riconosciute come patrimonio UNESCO. Alcuni esemplari di faggio raggiungono i 40 metri di altezza, con diametri di oltre 1 metro.

Quella che è considerata una tra le più grandi foreste europee di latifoglie, si estende su una superficie di circa 10.000 ettari, con una geografia suggestiva e accidentata. In alcuni punti si inerpica su rilievi che raggiungono gli 800 metri sul livello del mare, in altri arriva a ridosso della costa. Una peculiarità degli esemplari arborei del bosco è rappresentata dal fenomeno del macrosomatismo. Capita di imbattersi in piante di dimensioni decisamente più grandi della norma. Pini d’aleppo, faggi, lecci e tassi di dimensioni monumentali di fronte ai quali è inevitabile sentirsi estremamente piccoli.

Antica proprietà feudale, fu ceduta nel tempo ai comuni di Monte Sant’Angelo, Carpino, Ischitella, Vico del Gargano, Peschici e Mattinata. Nel 1861, con la caduta del Regno delle due Sicilie, passò al Demanio del Regno d’Italia. Nel 1896 fu consegnata all’Amministrazione Forestale dello Stato.

I Giganti della Sila

Terminiamo il nostro viaggio tra altri alberi monumentali, stavolta nel cuore della Calabria, sull’altipiano della Sila. Qui vivono i Giganti della Sila, patriarchi verdi che vanno a costituire un maestoso bosco affidato in concessione al FAI dal Parco Nazionale della Sila nel 2016. Una foresta ultracentenaria che vanta oltre 60 esemplari di pini larici e aceri montani piantati nel Seicento dai Baroni Mollo. Alcuni alberi raggiungono i 45 metri di altezza, 2 metri di diametro del tronco e un’età fino ai 350 anni.

“La selva fu sfruttata nei secoli dai pastori per estrarre dai tronchi una resina infiammabile come la pece – si legge sul sito FAI – . Era una risorsa preziosa che tra Sei e Settecento fu oggetto di numerosi provvedimenti del governo di Napoli, emessi per limitare le frequenti minacce di abbattimento. Con la Seconda Guerra Mondiale, i terreni furono espropriati e reintegrati poi nel patrimonio dell’Ex Azienda di Stato per le Foreste Demaniali che, insieme alla famiglia Mollo, promosse l’istituzione dell’attuale Riserva Naturale Guidata Biogenetica allo scopo di studiare, conservare geneticamente e tutelare questo patrimonio storico-naturale di enorme valore. L’intervento dell’uomo, oggi, ha il solo scopo di lasciare che la natura faccia il suo corso, e poter così osservare l’evoluzione naturale del bosco offrendo un ambiente spontaneo ad animali che vivono ormai in pochi altri luoghi del Paese”.

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