Medicina e benessere

Terapia forestale, l’immersione nei boschi che giova alla salute

Terapia forestale, una pratica che sta prendendo sempre più piede trovando riscontro alla sua utilità negli studi scientifici. I suoi benefici sono stati riconosciuti dalle Nazioni Unite come fondamentali per la ripresa dopo i mesi di lockdown imposti per il contenimento della pandemia da Coronavirus. Allo stesso modo il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha indicato la terapia forestale come un servizio socio culturale nella bozza della Strategia forestale 2020. Ma cos’è la terapia forestale? Quali benefici comporta? Ne abbiamo parlato con Francesco Meneguzzo, curatore – insieme a Federica Zabini, ricercatrice Cnr – del volume “Terapia Forestale”. Meneguzzo è ricercatore CNR e referente scientifico nazionale del CSC (Comitato Scientifico Centrale del CAI) per il progetto di terapia forestale.

Francesco, partiamo da un concetto semplice: cos’è la terapia forestale?

“Una disciplina, di carattere essenzialmente medico, con finalità terapeutiche che consiste nello sfruttamento e ottimizzazione degli effetti che l’immersione in ambiente forestale produce sulla salute umana.”

Quindi parliamo di una vera e propria terapia…

“Può essere definita terapia nel momento in cui viene dimostrato che una sua particolare applicazione può produrre effetti significativi, statisticamente parlando, sul singolo individuo. Questo deve essere dimostrato per ogni sito, in ogni momento scelto, per ogni stagione, ora del giorno, metodo di conduzione.”

Quali sono gli effetti della terapia forestale?

“Ha funzioni sia preventive che curative, che si manifestano come effetti di una immersione forestale condotta nel luogo e nei momenti migliori e in modo strutturato, cioè seguendo tecniche che permettono di concentrare tutti e 5 i sensi sulla foresta.”

Come interagiscono con l’ambiente i 5 sensi?

“La vista di strutture ripetitive, dette frattali, partendo da quelle dei singoli alberi, porta a un rilassamento psicofisico. Abbiamo poi l’udito che raccoglie i suoni della foresta, importanti quanto la visione della foresta stessa. Suoni naturali che non richiedono allerta, attenzione attiva. Ancora il tatto, è stato dimostrato in laboratorio che il contatto con il legno genera un rilassamento psicofisico. Il gusto, un senso che permette di immergersi ancora di più. Dove possibile facciamo assaggiare i prodotti del sottobosco, le foglie o gli aghi degli abeti. E infine l’olfatto. Attraverso l’inalazione di certi composti organici volatili, metaboliti secondari prodotti dalle piante, che producono un effetto benefico sulla salute. Alcuni di questi, i monoterpeni in particolare, hanno funzione di farmaco naturale.”

Come mai l’uomo è capace di trarre tutti questi benefici dal tempo passato in foresta?

“Perché l’uomo è geneticamente abituato a vivere nelle foreste. Il suo organismo è abituato ad accogliere il massimo vantaggio dall’atmosfera e dell’ambiente forestale.”

Come funziona una giornata di terapia forestale?

“In realtà non è necessario che sia una giornata intera, anche solo 20 minuti hanno i loro effetti. Qualche ora determina effetti fino a una settimana; due giorni o un’esperienza di qualche ora ripetuta per un mese produce effetti fino a un mese dall’ultima esperienza.

Venendo alla domanda tutto inizia con un briefing in cui si spiega lo scopo dell’attività e ciò che si andarà a svolgere. È importante precisare che un’esperienza di terapia forestale viene svolta su percorsi di pochi chilometri e con dislivelli contenuti, 100 o 150 metri al massimo. Si cerca di lavorare su un itinerario non accidentato, dove non sia richiesta attenzione costante. Nulla deve distrarre dall’immersione.”

Che tipo di attività vengono svolte?

“Le attività sono basate su tecniche di meditazione leggera, di mindfulness. Ci si concentra sull’istante presente e sul luogo. Eventualmente si realizzano attività fisiche creative leggere, sempre rivolte all’ambiente. Si concentra la propria consapevolezza sul passo e sul respiro. Il respiro è particolarmente importante perché è attraverso questo che viene valorizzato l’aspetto olfattivo.”

State studiando itinerari che specifici che  possono rientrare nei criteri necessari per svolgere al meglio la terapia forestale?

“Il progetto di studio che stiamo portando avanti grazie alla cooperazione di CAI, CNR e CERFIT (Centro di Riferimento Regionale in Fitoterapia presso l’ospedale universitario Careggi di Firenze) ha tra i propri obiettivi dichiarati di arrivare alla possibilità per un medico di prescrivere la terapia forestale ai proprio pazienti affetti da patologie fisiche, psichiche, psichiatriche, a ipovedenti e a molte altre categorie. Ovvimente anche e soprattutto a soggetti sani, che per fortuna sono la maggior parte, in funzione preventiva. L’obiettivo è creare una struttura diffusa che faccia perno sui rifugi del CAI, perché la presenza di un punto ricettivo gestito non solo è funzionale da un punto di vista logistico, ma consente ai partecipanti di essere più sereni e tranquilli.

Per quanto riguarda il tipo di itinerari si prediligeranno foreste aperte e non oppressive, dove si ha presenza di piccoli corsi d’acqua. Stiamo lavorando per la qualificazione di oltre 100 rifugi distribuiti tra Alpi e Appennini.”

Arriviamo da un anno duro, in cui siamo stati più volte privati di un contatto con la natura. In questo momento la terapia forestale assume un valore ancora più grande?

“Come raccontato nel libro ‘Terapia Forestale’ abbiamo realizzato una sperimentazione virtuale durante il primo lockdown. A un gruppo di 100 persone abbiamo fatto vedere due video sonori: uno mostrava l’ambiente delle foreste, l’altro che mostrava quello urbano della città. Abbiamo riscontrato riduzione di ansia e stress significativa, anche se solo a breve termine, solo durante l’esperienza forestale. Effetti nulli o negativi durante l’esperienza urbana. Se una esperienza virtuale ha avuto effetti così significativi, possiamo immaginare quali possano essere gli effetti di un contatto diretto.”

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Un commento

  1. Cavoli, che creativi siamo noi italiani e come strutturiamo bene le cose che pensiamo !

    Però si faccia sempre bene a ricordare agli ESSERI UMANI, ormai diventati umanoidi, che c’è ANCHE la NATURA…… peccato che ne facciamo sempre un business.
    La TV&c …leun….. nisun….. cuiun….. di Gaber
    Bello !

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