AlpinismoAlta quota

Simone Moro e Alex Txikon in cordata per l’invernale del Manaslu

Questo inverno Simone Moro non rimarrà al caldo davanti al camino ammirando le Alpi dalla finestra, ma sfiderà nuovamente il freddo himalayano. Una buona notizia, che vivacizza la già intensa stagione invernale, che fino a l’annuncio del bergamasco era concentrata solo sul K2.

Grazie a Moro i riflettori si accendono anche sul Manaslu, che proverà a scalare con niente di meno che Alex Txikon, compagno di cordata acquisito al Nanga Parbat. Un’accoppiata vincente, dato i due, insieme a Ali Sadpara (attualmente in viaggio verso il K2), realizzarono la prima invernale della nona montagna della Terra. Chissà se pure quest’anno avranno la medesima fortuna. A completare il gruppo lo spagnolo Inaki Alvarez, “un amico di Alex”. L’annuncio è avvenuto sulle pagine rosa della Gazzetta dello Sport.

Conoscendo Moro, lo stile del piccolo gruppo (soprattutto comparato alla grande folla al K2) sarà di certo leggero, senza ossigeno supplementare e portatori d’alta quota.

Per Simone Moro questo è il terzo tentativo, che segue quello dell’inverno 2019 con Pemba Gyalje Sherpa e del 2015 con Tamara Lunger. Entrambi falliti a causa delle pessime condizioni meteo.

La partenza per il Manaslu è fissata per il 31 dicembre e il rientro per la fine di febbraio, inizi di marzo. Il progetto include il concatenamento della vetta principale e del Pinnacolo Est di 7992 m, una salita quest’ultima che ha lo scopo di “lanciare il forte messaggio che il futuro dell’alpinismo d’alta quota, anche invernale, sarà inevitabilmente sulle montagne di 7000 metri“.

Perché il Manaslu

La domanda potrebbe sorgere spontanea: perché andare in invernale al Manaslu se è già stato scalato? La risposta si trova nella famosa diatriba senza fine sull’inizio e fine dell’inverno. “Io voglio soltanto giocare con le regole nuove – diceva Moro in un’intervista del 2015 sulla Gazzetta dello Sport-. Perché sono cambiate nel frattempo. È un po’ come quando nell’atletica leggera cambiarono il giavellotto, spostando il baricentro dell’attrezzo per accorciare i lanci. Nacquero nuovi record del mondo, senza che fossero inficiati quelli precedenti. Negli Anni 80 il Nepal riconosceva come ‘invernali’ le salite effettuate dal 1° dicembre al 20 febbraio. Ora arriva fino al 28 febbraio, ma l’inverno ha un inizio astronomico ed è il 21 dicembre. Oggi vengono riconosciute come ‘invernali’ le spedizioni che sono iniziate dopo quella data. Anche se le autorità nepalesi ancora non hanno adottato lo stesso metodo pure per la fine della stagione.

La diatriba delle diatribe

Il Manaslu è stato scalato per la prima volta in inverno da Maciej Berbeka e Ryszard Gajewski il 12 gennaio 1984. La spedizione polacca arrivò però al campo base il 2 dicembre e fissò corde e i campi fino al terzo prima del 21 dicembre.

Siamo quindi fuori dalle nuove regole, sulle quali però negli ultimi anni si è tornati molto discutere, dopo lunghe tempo in cui sono state accettate senza troppe voci fuori dal coro. Capiamo perchè.

La maggior parte della comunità alpinistica considera l’inizio dell’inverno secondo il calendario astronomico (21 dicembre/21 marzo). Tale consuetudine si è imposta nel 2005 dopo una polemica sulla prima invernale dello Shisha Pangma tra Simone Moro (in vetta il 14 gennaio) e Jean-Cristophe Lafaille (in vetta l’11 dicembre). La discussione arrivò anche ai Piolet d’Or e si decise di far prevalere l’opinione dell’italiano.

Soprattutto per voce di Denis Urubko, negli ultimi anni si è però messa in discussione questa regola non scritta, osservando che l’inverno in Himalaya e Karakorum ha dei ritmi della natura diversi da quelli delle Alpi e quindi sarebbe più appropriato tenere in considerazione la stagione metereologica (inizio 1° dicembre e fine 28 febbraio). Tale approccio trova supporto anche nel fatto che il calendario ufficiale del Nepal fa partire la stagione fredda il primo giorno di dicembre e la fa terminare con la fine di febbraio, tanto che per continuare a scalare a marzo gli alpinisti devono munirsi di un permesso primaverile oltre a quello invernale che scade il 1 marzo.

Esemplificativa è la situazione al K2 quest’anno, dove le spedizioni che tenteranno la sfida invernale sono nepalesi. Tutti hanno già dichiarato che termineranno i propri tentativi entro il 28 febbraio, oltre non è più inverno.

Cosa è cambiato per rimettere in discussione una consuetudine che pareva oramai accettata? Dal 2005 molto, soprattutto per quanto riguarda il baricentro dell’alpinismo che si è pian piano spostato dall’occidente verso l’Asia. Gli sherpa si sono trasformati da portatori d’alta quota a manager delle più importanti agenzie di trekking, in molti sono poi diventati veri e propri alpinisti professionisti che finito di accompagnare i clienti si dedicano a grandi progetti personali (così anche tanti pakistani). Gli equilibri sono cambiati, è evidente, e forse è ora di iniziare a includere queste nuove voci nella discussione senza ignorarle con paternalismo.

E per il momento? si continuerà a discutere con passione e ognuno porterà avanti liberamente i propri progetti seguendo la regola che si preferisce perché il bello dell’alpinismo è proprio che non ha regole.

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24 Commenti

  1. magari questa volta eviterei di arrivarci in elicottero…
    le regole sono cambiate, sì, ma i polacchi giustamente non lo usarono e l’approccio fu certamente una parte molto importante e difficile della spedizione.

  2. Nooooo. di nuovo lui il winter maestro. Userà la ipobarica come preparazione? ci sarà da divertirsi!!!!
    Certo che dove c!è il winter Maestro ,nasce sempre polemica ,come maiiii

  3. Per quanto mi riguarda, è molto più gratificante partire a piedi da Oulx/casa e arrivare in cima al Cotolivier, senza elicottero, camera ipobarica, portatori, yak, cuochi…..e polemiche

  4. Trovo veramente tristi e miserevoli entrambi i commenti precedenti.Avete la minima idea di cosa significhi il solo approccio ad un ottomila in inverno?!Non credo proprio.Il sarcasmo lasciate che lo faccia ( e sinceramente non credo che ciò avvenga mai) chi certe esperienze le ha davvero provate.Questi alpinisti ancora più che altro,rischiano di non tornare mai più dalle loro famiglie, e ciò impone un minimo di rispetto e decenza nei commenti.

    1. diciamo che è il loro lavoro visto che di quello campano…sai quanti muoiono in un anno sul posto di lavoro? proprio ieri l’ennesimo nel milanese, schiacciato da un’attrezzatura che il gruista stava caricando su un camion…quindi anche il tuo commento mi pare un po troppo fuori dalle righe

    2. LORNZO 68 ,dai dai su ,un po” di ottimismo, sono alpinisti ,no DEI PAGANI da santificare.Sorridi che la vita è bella ugualmente

      1. Vede Alberto,io non santifico proprio nessuno,e a voler essere precisi ,pure io non condivido alcune condotte che hanno caratterizzato il Simone Moro alpinista della maturità.
        Credo ad ogni modo che sia lecita anche la “presa in giro ” se fatta con garbo e figuriamoci poi le critiche.Del resto in questo triste periodo c’è quanto mai bisogno di sorrisi,ma non di “veleno..Ma sottolineo una volta ancora dato i grandissimi rischi che queste attività comportano,che il rispetto ed il garbo non debba mai mancare.
        Per quanto riguarda me,sorrido sempre alla vita,anche quando ti colpisce duro.
        L’importante è non mollare ed arrendersi MAi.
        Saluti

    3. a parte che sì, ho presente personalmente cosa sia l’himalaya d’inverno; più che altro ce l’hanno presente anche tutti i CENTINAIA di alpinisti (migliaia di persone, considerando portatori ecc) che negli ultimi quarant’anni hanno partecipato a questo genere di salite

      1. Se il mio commento l’ha offesa le faccio le mie scuse , forse nel suo caso sono stato un po’ inappropriato nei termini.
        Come dice poi , certamente le persone che elenca sanno che significa e comporta un inverno in Himalaya o Karakorum che sia.
        Io invece ll’idea che ne ho , me la sono fatta solo leggendo ed ascoltando, e con un paio di bufere in appennino,neanche sulle Alpi…ma mi creda che mi sono state più che sufficienti per aver gran rispetto per coloro che operano (a qualsiasi titolo) in determinate condizioni.
        Cordialità.

  5. La diatriba a mio modesto modo di vedere, presenta dei punti a favore per ambedue le fazioni. I sostenitori dell’inverno astronomico hanno effettivamente ragione, perché se l’inverno è stato “catalogato” per convenzione in un dato range di tempo è giusto confrontarsi con ciò che per tutti è, o perlomeno dovrebbe essere, la convenzione. Tuttavia non si può negare che i sostenitori dell’inverno climatico abbiano torto, in quanto dubito che agli inizi di dicembre le condizioni siano meno severe che non a metà marzo.. Quindi come andrà a finire la storia? Secondo me finirà che difficilmente una corrente prevarrà sull’altra, con i seguaci di una intenti a “legittimare”, come nel caso di Moro al Manaslu, i primati “spuri”, e con i seguaci dell’altra, vedi Urubko lo scorso anno al Broad Peak, focalizzati dal canto loro a fare lo stesso. Così, tanto per appagare la personale fame di primati e stare apposto con le relative coscienze. D’altro canto penso che la storia delle prime invernali sia stata già scritta, fatta eccezione per il K2, e penso che questa sarà la versione ufficiale che passerà ai posteri.

    Personalmente ritengo che per chi è interessato ad alzare l’asticella della sfida, gli 8000 ancora presentino tante pagine da scrivere, penso ad esempio alla secondo me più logica sfida di aprire almeno una nuova via su ognuno dei 14 8000 (e magari poi rilanciare la sfida riuscendo a tagliare questo traguardo in inverno), per certi versi già perseguita da Jerzy Kukuczka 40 anni orsono, penso ad esempio alla bella iniziativa provata da Moro e Lunger lo scorso anno, ovvero quella di lanciare la sfida a concatenare due alla volta tutti i 14 8000 (forse Nanga Parbat a parte che rimane un po’ isolato), penso alla sfida di Purja di scalare tutti i 14 nel minor lasso di tempo possibile, ma possibilmente farlo senza ossigeno, senza arrivi al CB in elicottero, in stile alpino senza corde fisse né portatori.. Insomma, la parentesi delle invernali è stata un capitolo fondamentale e motivazionale nella storia dell’alpinismo, forse (forse..) ad oggi la sfida più estrema dell’uomo alla montagna, ma una volta conquistato anche il K2 (perché per la legge dei grandi numeri non abbiate timore che cadrà anche l’ultimo giapponese) a mio avviso sarebbe bene che si chiudesse questo capitolo e che se ne aprisse uno nuovo. E’ nella natura di questo particolare ed affascinante “sport” cercare sempre di spingere più in là il limite della difficoltà, e ciò non dovrebbe cambiare.

    Quanto a Moro, sono onestamente comunque contento che non si fermi. Avrà il suo carattere, avrà anche commesso (come tutti) i suoi errori, ma i traguardi raggiunti, e per me ancor di più l’attenzione che ha saputo catalizzare sull’alpinismo, non possono essere sminuiti. Speriamo che questa nuova sfida, sappia riaccendere in lui una fiamma che negli ultimi anni un po’ sembra essersi spenta.

    1. Due cose:
      la prima non c’entra un fava ma si dice A POSTO e non APPOSTO…la prima è una locuzione avverbiale mentre l’altro è il participio passato di apporre e tanto si deve almeno alla grammatica italiana e al maestro Manzi che insegnava l’italiano in tv negli anni ’60;
      secondo: Kukuczka è un gradino sopra a qualsiasi altro alpinista vivente o morto e se non fosse caduto sulla sud del Lhotse non sulla normale perchè lui di normali ne ha fatte veramente poche, il K2 secondo me, sarebbe già stato salito in inverno da parecchio…in quanti hanno ripetuto la sua Via dei Polacchi al K2, quella definita un suicidio?

    2. @ mario
      « L’alpinista piú bravo é quello che diventa vecchio » disse il grandissimo Cesare Maestri (e lui é stato uno di quelli, ovviamente con tutto il rispetto per quelli che purtroppo non lo sono diventati).
      Cordialmente

  6. Diritto di critica e parola per tutti. Basta essere civili.
    Io faccio comunque il tifo per Simone, anche se l’ ipobarica e l’ elicottero fino al campo base potrebbe evitarli.

  7. La vita ci insegna che si sono due tipi di invidie, quella sana, che ci spinge a inseguire nuovi traguardi, magari anche stimolati dai successi o dalle vite altrui. Poi c’è quella marcia, quella che ti fa vomitare odio e ti fa coprire di ridicolo, quella che non fa altro che mostrare le proprie frustrazioni, quella che rende palese il fatto che alcuni di noi vorrebbero vivere anche solo per una giornata la vita di gente come Moro ma che si devono accontentare, aimè, di rendersi ridicoli su un forum.
    Ovviamente su Txikon nessun commento 🙂

    In questi commenti ho visto entrambe

    1. Sarebbe sufficiente no raccontare balle, ed essere un po’ , ma dico un poco poco , meno gradasso. Non credo che la critica sia invidia.

  8. E’ fantastico vedere la quantità di commenti pregni di odio ed invidia quando si parla di Moro. Usate queste energie per migliorare la vostra vita invece di aggredire quella degli altri.

  9. Ogni tanto gli INFLUENCERS perdono alcuni FOLLOWERS.
    Ma sia gli uni che gli altri continuano imperterriti ad inseguirsi con “urla e lampi, talvolta con lacrimoni” 🙂
    Si potrebbe dire: lo stravolgimento dell’alpinismo.

  10. So meglio di quanto lei creda cosa sia un lavoro pericoloso,mi creda.Ma in questi commenti l’oggetto di discussione era altro se non sbaglio.
    Riguardo all “essere andato un po’ troppo(!)” fuori dalle righe può avere anche in parte ragione se riferito agli aggettivi usati.Forse era sufficiente definire i commenti non “miserevoli” ma come “bullismo da quattro soldi” del quale mi pare non essere l’unico ad avere avuto abbastanza.
    Cordialmente

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