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Uncem su fase 2: “Risposte peculiari e attenzione a chi vive le terre alte”

Da due mesi l’Italia è chiusa. Ieri, 4 maggio, qualcosa è ripartito. Si allentano le briglie del lockdown che ha avvolto l’intero Paese. Un primo passo verso la normalità. Ma quanto è lontana nella realtà? Si è parlato molto di come l’Italia delle grandi città ha affrontato questi due lunghi mesi, di come potrebbe temporaneamente ripartire e di quale potrebbe essere il dopo. Meno si è invece parlato dei piccoli centri, dei borghi alpini e appenninici, di chi ha scelto di vivere e lavorare nelle terre alte. Ne abbiamo discusso con il presidente nazione Uncem (Unione nazionale comuni comunità enti montani) Marco Bussone.

Marco, come si sono comportante le comunità montane in seguito al lockdown che ha bloccato il Paese?

“I sindaci dei piccoli comuni, da sempre in prima fila nell’offrire un supporto alla comunità, hanno da subito cercato di gestire al meglio la situazione. Hanno messo in campo un impegno grandissimo, nonostante le mille difficoltà, per applicare le regole necessarie al contenimento dei contagi. Hanno fin da subito sollevato questioni importanti relative alle nuove esigenze delle comunità, legate anche a nuove povertà. Hanno cercato di sostenere gli imprenditori e le imprese che non sempre hanno avuto la possibilità di ricevere risposte chiare in merito agli aiuti nazionali e regionali. Un grandissimo lavoro di supporto che li ha anche visti aiutare le istituzioni nel capire le istanze dei territori montani.”

A proposito delle richieste dei territori d’alta quota. A oggi non sono state create regole ad hoc per gestire la situazione nei centri montani, come mai?

“Sarebbe al momento molto complesso applicare regole ad hoc rispetto alla pandemia, tenendo conto che anche la montagna è stata colpita dal Coronavirus. Ci sono aree che hanno avuto risposte migliori, come la valle Stura (Provincia di Cuneo). Ma abbiamo anche l’esempio della Val Seriana e di molte altre valli bergamasche dove è stato complesso gestire la situazione.  

Come ho detto anche agli amministratori locali, è molto difficile tenere conto di tutte le diverse esigenze del nostro Paese. Già solo pensando al territorio di interesse Uncem le necessità di territori alpini e appenninici sono moltissime e molto diversificate tra loro.”

Come si può quindi dare voce alle singole richieste?

“Bisogna guidare un processo per cui i territori possano avere risposte adeguate nelle fasi di rilancio dell’attività economica, che inizia con la fase 2. Per meglio spiegarmi: non tutte le situazioni sono state e saranno uguali, bisogna quindi lavorare su questo affinché ci siamo risposte peculiari. In questo momento si, sono necessarie. Ed è questa la ragione che ci ha spinti a chiedere chiarimenti all’ultimo Dpcm che possano essere di aiuto ai territori montani.”

Qual è il principale problema del momento?                                                                                               

“Abbiamo un problema economico gigantesco nei territori. Questo ovviamente vale anche nelle città, ma come Uncem parlo per la montagna. Ci sono grossi problemi di instabilità delle imprese per cui devono arrivare in fretta gli aiuti previsti. Servono tempi certi. Penso ai rifugi, di cui si è molto parlato, ma anche e soprattutto di tutte le altre attività che si trovano nei paesi.”

Molte di queste attività oggi, non potendo gli abitanti lasciare il comune di residenza per fare acquisti, sono diventati presidi fondamentali

“Questo lo diciamo da sempre come Uncem. Oggi si sono riscoperte le attività di prossimità perché non ci si può spostare, bisogna però mantenere queste abitudini anche dopo. Il ‘compra in valle’ che abbiamo lanciato tempo fa vale per tutti anche per gli escursionisti. Ok, andiamo a camminare e a fare attività outdoor in montagna, portiamo però con noi 10€ da spendere ogni volta nelle attività di paese. È un supporto concreto alle comunità.”

Parla quindi di un turismo che sale in quota e lascia qualcosa in quota?

“È importante chiedere di poter andare in montagna, di poter fruire dei sentieri, ma che questo si incroci con le esigenze dei commercianti, degli esercenti, degli albergatori. Il tutto, ovviamente, con un occhio di riguardo alla tutela della salute pubblica.

Chi va in montagna, che sia da oggi o dal primo giugno, non si dimentichi delle comunità che la abitano, degli operatori. Per questo la provocazione dei 10€. È un concreto gesto di attenzione.”

Rimaniamo sul tema del turismo e della frequentazione. Secondo molti il turismo di quest’anno sarà quello di prossimità, volto alla riscoperta del territorio nazionale. Può essere importante nella rinascita della montagna?

“Su come questo possa essere utile alla rinascita sospendo il commento. Per dirlo è necessario aspettare e analizzare i pareri scientifici sull’andamento della pandemia, incrociandoli sempre con le istanze delle comunità.

Sono convinto che il turismo di prossimità, diretto ai piccoli borghi, possa essere il nuovo turismo. Lo penso da anni. Questa pandemia rilancia ovviamente questo percorso, che non è nuovo. È necessario, per poterlo applicare al meglio, costruirlo sulla base delle evidenze scientifiche e sulla riduzione dell’offerta di mercato.”

Cosa intende?

“Ci sarà maggiore competizione tra i territori e l’offerta dovrà essere di altissimo livello. Non potranno essere i comuni da soli a definire l’offerta, dovrà essere un lavoro sinergico realizzato da più realtà. Sarà necessario un confronto tra le idee territoriali, i professionisti del settore turistico, gli imprenditori e le associazioni dei luoghi. Comprendere che insieme si possono rendere i territori competitivi, eliminando la componente dannosa.”

Ha un appello da fare a escursionisti e montanari?

“Intanto voglio precisare che io non distinguo tra i due. Chi fruisce del territorio montano e chi lo abita deve guardare alle terre alte come a un ambiente vivo. Non ci sono soltanto boschi, cime da raggiungere, sentieri  e pietre. Esistono comunità che tengono in vita i territori a vantaggio di tutti, sia di chi li popola che di chi sale per una camminata. Penso a quegli oltre 300mila soci CAI che sono preziosissimi. Per questo abbiamo fatto un patto con il Club Alpino rimarcando la necessità di far comprendere le esigenze delle comunità montane a chi questi territori li frequenta con costanza. È un patto nuovo, ma anche storico, che va rilanciato e lo stiamo facendo anche attraverso la ‘piattaforma montagna’.”

Cos’è la “piattaforma montagna”?

“Una piattaforma per la costruzione di politiche nazionali integrate per la montagna, le aree rurali e interne dell’Italia. I suoi contenuti sono attualissimi oggi, per la fase 2 e 3 del Paese. Rimarca una serie di questioni a cui la politica deve rispondere per concretizzare ulteriormente gli sforzi fatti fino a ora dalle amministrazioni nazionali nei confronti delle terre alte. Vedasi legge per i piccoli comuni, Green Community, strategie per le aree interne e il Testo Unico forestale con decreti attuativi. Noi ripartiamo dalla piattaforma, questo è il nostro impegno oggi.”

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Un commento

  1. Unione nazionale comuni comunità enti montani
    Non sapevo esistesse anche questa struttura alternativa allo Stato.
    E già pensa alla fase 3 !
    Ognuno di noi in qualche modo e da qualche parte così può dire la sua opinione.
    Ecco un’altro dei motivi per cui lo Stato fa molta fatica ad imporre delle regole al popolo italiano 🙂

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