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Il Cervino si sta sgretolando a causa dell’innalzamento termico

A causa dei cambiamenti climatici la vetta del Cervino (4.480 m) potrebbe crollare. Questa la provocatoria dichiarazione del meteorologo Frédéric Glassey, che lo scorso giugno ha fatto il giro del web, destando qualche perplessità tra gli appassionati di montagna. Poche parole apparse su un quotidiano vallesano che purtroppo trovano oggi parziale conferma in una ricerca scientifica del Federal institute of Technology of Zurigo.

In un articolo apparso di recente sulla rivista scientifica Arctic, Antarctic and Alpine Research gli esperti dichiarano che l’iconica vetta, posta al confine tra Italia e Svizzera, stia letteralmente cadendo a pezzi. L’incremento medio delle temperature lungo l’arco alpino sta difatti portando a uno scioglimento progressivo del permafrost e dei ghiacciai. Un fenomeno che si associa a un processo di disintegrazione della roccia sottostante.

Per analizzare nel dettaglio il fenomeno, gli scienziati hanno installato lo scorso giugno 50 sensori di movimento a quota 3.692 m sul versante svizzero. Attraverso tali dispositivi è stato possibile monitorare nel corso del mese la stabilità della roccia e prevedere eventuali frane.

È stato così osservato come l’acqua derivante dallo scioglimento dei ghiacci determini una perdita di rigidità dei sedimenti del suolo, che tendono a traballare. Lungo i piani rocciosi si viene a determinare la formazione di crepe che, nel corso del tempo, tendono a espandersi. Un accrescimento in molti casi continuo per anni nella medesima direzione,  che porta nel tempo a definire un piano di rottura con distacco di porzioni di roccia degli strati più superficiali. Come dichiarato al Daily Mail da Jan Beutel, uno dei componenti del team di ricerca, tali fratture con caduta di porzioni dalla cima non porteranno al crollo della vetta ma di certo ne modificheranno la conformazione attuale.

Gli scienziati hanno tenuto a sottolineare che sono proprio le montagne più elevate del globo a risentire maggiormente dei cambiamenti climatici. E a risentire profondamente di queste piccole alterazioni nella stabilità della roccia è di certo anche l’alpinismo. Con l’aumento delle temperature previsto per gli anni a venire necessariamente incrementeranno ovunque instabilità e rischio di frane.

Frane in crescita sul Cervino dal 2003

Il crollo di porzioni rocciose dalla vetta del Cervino non è in realtà un fenomeno inedito del 2019 e non riguarda soltanto il versante svizzero. Come ricordato dal glaciologo Giovanni Kappenberger, frane di ingenti dimensioni si sono già verificate in passato in concomitanza con estati estremamente calde. Il torrido agosto del 2003 ha segnato una estate tragica per il Cervino, con il distacco di diverse frane, due delle quali a danno della via normale italiana. La prima, verificatasi il 5 agosto, colpì il tratto della “Corda della sveglia”, ben presto ripristinato dalle guide. La seconda del 18 agosto spazzò via l’intera “Cheminée”, storico passaggio nei pressi del Rifugio Jean-Antoine Carrel. Dall’estate successiva il passaggio è stato sostituito con una placca attrezzata con due corde fisse. La medesima frana causò inoltre la distruzione della Capanna Luigi Amedeo di Savoia, ubicata nei pressi del Rifugio Carrel.

Proprio in conseguenza dell’intensificarsi dei fenomeni franosi, i ricercatori svizzeri hanno iniziato nel 2007 a monitorare la montagna, avviando uno studio dal nome Permasense, focalizzato sulla parete Nord Est del Cervino. 17 rilevatori con sensori wi-fi sono stati posizionati lungo il versante svizzero del Cervino, al fine di monitorare ogni movimento delle rocce della parete. Il primo articolo scientifico nato da tale ricerca ha portato già nel 2012 gli scienziati a identificare una correlazione tra alte temperature, infiltrazioni d’acqua e crolli. L’incremento del numero e della distribuzione dei sensori alle quote superiori della montagna conferma oggi quella che 7 anni fa rappresentava ancora una ipotesi.

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Un commento

  1. In fin dei conti, le montagne attuali hanno perso parecchie ( quante??) centinaia di metri e di volume e cambiamenti architettonici rispetto alla conformazione “originale” sconosciuta agli umani.
    Piu’ che altro preoccupano la caduta di frane e anche sassi .Bastano le odierne protezioni da sassi dai pesi modesti ma molesti od occorre inventare qualcosa di nuovo? Di ” positivo ” c’e’ che ricognizioni e nuove relazioni e aggiornamenti di guide …saran tutte da ricominciare…lavoro per la stampa e gli autori.

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