AlpinismoAlta quota

Barmasse in Karakorum: ghiaccio, sci estremo

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VALTOURNENCHE, Aosta – Cascate di ghiaccio e sci estremo sulle montagne del Karakorum. Ecco la nuova spedizione invernale di Hervè Barmasse, che parte oggi con Kris Erikson, Eneko Pou e Oscar Gorgorza per la valle dello Shimshal. Un viaggio che, oltre a scalate da brivido, punta alla formazione alpinistica di portatori d’alta quota e all’aiuto e all’aiuto delle popolazioni Hunza colpite dal grave terremoto delle scorse settimane. Con il gruppo, c’è anche il dottor Marco Cavana, medico dell’ambulatorio di Medicina di Montagna dell’Ospedale Regionale di Aosta.

“Sciatori e scalatori – racconta Barmasse – si metteranno a confronto, oltre che con le difficoltà tecniche, anche con la cultura e le tradizioni di un popolo, quello Pakistano. Penso ad una spedizione come questa da quando sono stato in Karakorum con Up Project, 5 anni fa: qualcosa che non punti solo ad un ottomila, ma all’apertura di nuove cascate di ghiaccio e lunghe discese con gli sci in un luogo remoto, dove poter confrontare la nostra cultura con quella islamica”.

Ed è con questo progetto che Barmasse, 32 anni, guida del Cervino, parte per la prima spedizione invernale della sua carriera. La lista di obiettivi è tanto ricca quanto flessibile. Lui e i compagni vogliono mettere a segno, nell’ordine, la prima salita assoluta di cascate di ghiaccio di alta difficoltà tecnica a quote elevate; la prima discesa assoluta da una montagna di 6500 m in sci e la salita di una cima inviolata.

“Ho adocchiato la cascata con Simone Moro quando eravamo stati al Beka – spiega Barmasse -, per gli sci c’è l’imbarazzo della scelta. Se poi laggiù vedremo qualcosa di tecnico che ci piacerà, ci proveremo. Nessun limite alla fantasia, insomma. Ma ci muoveremo sempre tutti e quattro insieme: è un  gruppo nuovo, ho scalato con Eneko una volta in una sala boulder, e con gli altri mai”.

Barmasse spera che questo viaggio segni l’inizio di un legame più profondo con la terra pakistana, da costruire partendo da questo progetto di formazione per i portatori dell’Hunza Valley. “L’idea era iniziata con Simone Moro – racconta Barmasse –. Lui e Qdrat Ali, il suo compagno di salita al tentativo invernale al Broad Peak, avevano pensato di portare qui la formazione oltre ai materiali alpinistici. Ora, grazie a The North Face, concretizziamo quel progetto. Peccato non ci sia Simone, ma per ovvi impegni familiari non potrà essere con noi”.

Barmasse e gli altri insegneranno alla Shimshall Climbing School le tecniche di base di progressione su ghiaccio/misto e delle tecniche di autosoccorso alla comunità di portatori d’alta quota pakistani.

“Tengo molto a questa iniziativa – prosegue l’alpinista valdostano -, vista la polemica sui portatori d’alta quota nata dopo il K2. Quell’estate, con Simone, visitammo le famiglie dei portatori morti  nel disastro del K2. Abbiamo vissuto il lutto con loro, è stata un’esperienza molto forte. Insomma è in quei momenti che rifletti sul fatto che tu vai lì per fare cose che ti piacciono, ma se le fai è perché ci sono quelle persone che ti aiutano. E così vuoi fare qualcosa per loro. Dato che sono anche istruttore delle guide, mi sono subito impegnato in questo progetto di formazione: è una cosa particolare, una scuola femminile e maschile. Oltre a questo, proveremo anche a far nascere un distaccamento di studi medicinali sulla montagna in questa zona”.

Per questo il dottor Cavana si è unito al gruppo. Insegnerà ai portatori come riconoscere e gestire le sindromi legate alla montagna e all’alta quota, come ipossia e ipotermia, oltre a dare lezioni di igiene quotidiana.

“La proposta è arrivata da Hervè durante un turno di elisoccorso che abbiamo fatto insieme – spiega Cavana -. Oggi partiamo, e speriamo di gettare le basi per una collaborazione futura con questo gruppo di portatori, che verrà basata oltre che sull’alta quota sulle reali esigenze medico sanitarie della popolazione. Si tratta di circa mille persone, che vivono da migranti inn questa zona remota e povera. Non sappiamo quante di loro saranno lassù, si spostano di continuo anche perché hanno l’acqua solo per 4-5 mesi l’anno”.

La presenza del medico è ancor più significativa in relazione alla situazione critica dell’Hunza Valley, dove un grave terremoto, due settimane fa, ha distrutto un villaggio, ucciso una dozzina di persone e creato millecinquecento sfollati. “Rimarremo un paio di giorni nell’Hunza valley per vedere se si può fare qualcosa di più per i terremotati – racconta Barmasse -. Porteremo a loro tende, vestiti, piumini e materiali d’alta montagna messi a disposizione da North Face, Kong, Scarpa e Grivel”.

Il dottor Cavana, rianimatore, è membro dell’equipe dell’ambulatorio di Medicina di Montagna dell’Ospedale Regionale di Aosta, aperto da qualche anno e ad oggi il primo esperimento di ambulatorio di alta montagna in una struttura pubblica.

“Ci occupiamo di ricerca e servizi per la valutazione di pazienti che devono fare spedizioni in quota – spiega Cavana -. Cerchiamo di capire se il loro fisico è suscettibile al mal di montagna. Collaboriamo sempre più strettamente con i professionisti della montagna ed ora c’è questa occasione di operare nel mondo alpinistico extraeuropeo. L’obiettivo è diventare un centro di coordinamento per l’alta quota. In prospettiva ci occuperemo anche di ipotermia e altre tematiche in collaborazione con diversi reparti, per esempio l’Ensa, Ecole Nationale de Ski et de l’Alpinisme di Chamonix”.

Il rientro della spedizione è previsto per il 10 febbraio.

Sara Sottocornola

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