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Il ricordo di Karol

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"Davanti a questo panorama di prati, di boschi, di torrenti di cime svettanti verso il cielo, noi tutti ritroviamo il desiderio di ringraziare Dio per le meraviglie delle sue opere, e vogliamo ascoltare in silenzio la voce della natura al fine di trasformare in preghiera la nostra ammirazione."

Le parole di Karol Wojtyla, il Papa delle montagne, sembrano eccheggiare ancora nella mente di chi era con lui, quel giorno di luglio del 1987. Cornice la Val Visdende, Dolomiti di Cadore. E dalle parole prende spunto il ricordo, sempre vivo, di un uomo che con la montagna ha mantenuto sempre un rapporto particolare. 

Figlio dei monti, Wojtyila era nato in un paesino al confine tra Polonia e Slovacchia, sulla catena dei Carpazi. E la montagna la portava dentro. Teatro delle sue vacanze le Dolomiti bellunesi prima e le Alpi Valdostane poi.

Nel mezzo le visite in alta quota, tra i ghiacci, dove lo sguardo si perde nell’orizzonte bianco. Sull’Adamello come sul Mont Chétif, nel gruppo del Monte Bianco, dove disse di sentirsi vicino a Dio.

Il suo rapporto con gli Alpini, la gente delle valli, le Forestali. I suoi occhi brillavano tra i boschi, le cime, i sentieri. Tra il profumo dell’erba arsa dal sole e la luce accecante della neve.

Solo un ricordo, ma forse importante per chi come lui ama la montagna. Un mondo che capiva e conosceva dall’interno. Ammirava la gente di montagna e ben comprendeva il rapporto, a volte difficile, di chi in montagna ci vive, e da essa ne trae la vita.

"Mi preme lasciarvi una speciale esortazione alla fortezza, che è ad un tempo alta qualità umana ed una tipica virtù cristiana. Siate forti nella fede, forti nella laboriosità, forti nello spirito di

sacrificio."

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