ParetiTrail running

Il “Tarzan” dell’Ultratrail Anton Krupicka

È conosciuto a livello internazionale come il “Tarzan” delle corse in montagna. Petto nudo, capelli lunghi, barba incolta, fisico abbronzato e uno sguardo deciso, simpatico e sincero, ma sempre un po’ assente, come se stesse pensando ad altro. Si descrive come un “mountain runner” e “outdoor ambassador”. Il campione statunitense, Anton Krupicka, di origini ceche di 5° generazione, è un 33enne del Nebraska che risiede in Colorado e trascorre 5 mesi all’anno, da solo, in un camper di 45 metri quadrati girando per il Colorado, lo Utah e il Wyoming, dove corre, scala e va in bici.

Perché? Per inseguire la sua passione. Per capire meglio qual è però bisogna dire di più.

Durante il primo semestre del college raggiunge il Pikes Peak, in novembre, con scarpe da ginnastica e pantaloncini corti, nonostante neve e freddo. Poi i successi competitivi: nel 2009 e 2010 si aggiudica la 50 mile Trail, vince la MIWOK 100k e arriva secondo nel 2010 alla Western State Endurance Run, ultramarathon di riferimento neli Stati Uniti e nel Mondo, nel 2014 vince la Lavaredo Ultra Trail.

I riconoscimenti non gli mancano eppure la gloria, la fama e gli sponsor, che comunque lo cercano e lo sostengono, non sono ciò per cui corre.  Lui rincorre – e mai il termine è stato più azzeccato –  una totale fusione con la montagna, lontano dal caos delle città. Infatti i suoi migliori amici sono le vette, gli alberi e gli ambienti incontaminati. E lui dice: “Su quelle cime sei un puntino insignificante e questo aiuta a capire qual è il nostro posto nel mondo”.

È cresciuto in una fattoria con il bosco fuori dalla finestra, ed era impossibile non voler conoscere quella natura, prima, ed amarla, poi; era così immerso nel verde che per raggiungere la prima strada doveva percorrere molte miglia di boschi e sentieri. Non c’è voluto molto prima che Anton iniziasse a correrci su quei sentieri:  a 11 anni affrontò la sua prima corsa di circa un miglio e a 12 affrontò la sua prima maratona. Trasferitosi in Colorado per frequentare il college, Anton iniziò a quell’epoca a correre anche a piedi nudi, e senza maglietta, almeno 30 miglia al giorno. L’estate dopo la fine del college ha corso la prima ultramarathon, la Leadville 100, vincendola con il secondo miglior tempo di sempre.  La passione per le ultramarathon e la corsa in montagna si consolidò l’anno successivo, quando ripeté la stessa gara, vincendola ancora e migliorando il suo tempo di 47 minuti.

Intanto ha sviluppato sempre più il suo interesse per le scarpe “minimal” intagliando e studiando le suole delle scarpe con cui corre alla ricerca del contatto più reale possibile con il terreno.

A questo punto sembrerebbe che la sua passione sia la corsa in montagna ma, in realtà, è solo il mezzo con cui Anton può vivere continuando a percepire  quella connessione profonda con la natura e le montagne che ha sempre ambito.

Quell’estate infatti si iscrisse alla gara solo per capire quanto fosse difficile correre cosi a lungo ma,  dopo averla completata, si rese conto che le sue prospettive erano cambiate: finalmente aveva trovato qualcosa che potesse conciliare il suo amore per la natura e la montagna e il desiderio di allenarsi, a volte anche fin troppo ossessivo e compulsivo.

Le sue motivazioni sono ancora quelle che aveva da bambino, quelle non-competitive: entrare in connessione con un ambiente attraverso l’allenamento e l’incessante esplorazione. Infatti, il più grande tornaconto per lui dal fatto di gareggiare in montagna è che ciò gli permette di condurre uno stile di vita che enfatizza il tempo trascorso all’aperto e la sincronia con i ritmi naturali.

In linea con i suoi obiettivi aggiunge: “Ho l’impressione che la maggior parte dei runner – oggi, ndr- abbia bisogno di attrezzature sempre più tecniche, per me la corsa in montagna deve essere più naturale. Ci vuole semplicità, basta essere preparati e presenti di testa”. Poi chiarisce: “per carità, una giacca anti-vento e qualche indumento per le condizioni più critiche servono sempre”.

Anche i suoi allenamenti sono particolari: nell’era in cui tutti sono quasi più attenti ai loro gps e cardiofrequenziometri che al paesaggio circostante, per lui i km non contano: si basa solo sule ore di allenamento e i metri di dislivello; si allena sopra i 3000 metri,dove l’ossigeno è meno abbondante, da solo, per non dover pensare ad altro che ad allenarsi e non ascolta musica, per aumentare la sua concentrazione. Al riguardo Anton dice: “mi concentro prevalentemente sulle sensazioni che provo e sullo sforzo. So che sto correndo bene se il mio corpo e le mie gambe mi trasmettono determinate sensazioni. Non ho bisogno di un orologio o di un cardiofrequenzimetro che mi dicano come sto andando, se sto faticando troppo o troppo poco”.

Fonte: Anton Krupicka facebook page

Semplice e minimalista per sentirsi parte della Terra e soprattutto della sua adorata montagna, correre a petto nudo per togliere inutili orpelli ed essere essenziale, questa è la filosofia di Anton Krupicka: non è difficile immaginare perché, nel mondo dell’ultra running, si stia affermando come uno dei corridori più carismatici.

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