Vie nuove, discese in sci, collezioni. Inizia la stagione sul Nanga Parbat
Ai piedi della “Montagna assassina” del Pakistan stanno arrivando nomi illustri dell’alpinismo himalayano come David Goettler e Denis Urubko. Sherpa e clienti della 14 Peaks Expeditions punteranno a salire i 5 “ottomila” pakistani in 5 settimane
Il più noto alpinista himalayano tedesco torna su una delle pareti più alte e pericolose della Terra. In questi giorni David Goettler, noto per le sue avventure invernali e solitarie sull’Everest, sta raggiungendo la base della parete Rupal del Nanga Parbat, in Pakistan, che lo ha già respinto quattro volte negli anni scorsi.
Con lui sono due francesi, Typhaine Duperier e Boris Langenstein, che puntano a ridiscendere dalla vetta del Nanga in sci. Nel 2019, in una spedizione sul versante Diamir della montagna, Duperier è arrivato a 7800 metri di quota e Langenstein ha raggiunto la vetta. Entrambi sono ridiscesi sciando. David Goettler, dal canto suo, vorrebbe scendere in parapendio. “Il sistema più comodo e sicuro per tornare a valle da un “ottomila”, se il tempo te lo consente”, come ha raccontato qualche giorno fa ad Angela Benavides di ExplorersWeb. Come allenamento, nei giorni scorsi, i tre hanno raggiunto i 7129 metri del Baruntse, in Nepal.
La parete Rupal, la più alta e ripida del Nanga, è una muraglia di 4500 metri di altezza (la vetta tocca gli 8125 metri), e ha una storia di grandi exploit e altrettanto grandi tragedie. Nel 1970, la sua prima ascensione da parte di Reinhold e Günther Messner, componenti di una spedizione diretta da Karl Herrligkoffer, è stata seguita dalla scomparsa del più giovane dei due fratelli altoatesini.
Nel 2005, gli americani Steve House e Vince Anderson hanno tracciato sulla Rupal una straordinaria via nuova. Negli stessi giorni, lo sloveno Tomaž Humar ha compiuto uno sfortunato tentativo solitario, ed è stato recuperato da un elicottero. Nell’inverno 2021-’22, David Goettler ha tentato la parete d’inverno insieme al valdostano Hervé Barmasse e all’americano Mike Arnold, ma l’ascensione si è fermata a 6200 metri di quota.
Gran parte delle spedizioni al Nanga Parbat salgono dal versante di Diamir, meno ripido ma altrettanto pericoloso del Rupal. Su questo versante corre la via aperta nel 1962 dai tedeschi Toni Kinshofer, Siegfried Löw e Anderl Mannhardt, che negli anni è diventata la normale del Nanga Parbat.
Da qui, nel 2016, sono passati Simone Moro, Ali Sadpara, Alex Txikon e Tamara Lunger nel corso della prima invernale della montagna. Più a destra, nel cuore della parete, hanno perso la vita Albert F. Mummery e i due Gurkha che lo accompagnavano nel 1895, Günther Messner nel 1970 e Tom Ballard e Daniele Nardi nel 2019. Lungo la Kinshofer, da anni, salgono anche le spedizioni commerciali. La prima, nel 2001, è stata organizzata e diretta dal tedesco Ralf Dujmovits. Nel 1978 Reinhold Messner ha aperto due vie nuove sulla parete, una in salita e una in discesa: uno degli exploit più importanti dell’alpinista di Funes.
Tra qualche giorno, tenteranno di aprire una via nuova sulla parete Diamir anche Denis Urubko (russo, naturalizzato polacco, residente nella Bergamasca) e la catalana Maria “Pipi” Cardell. Come ultimo allenamento, l’11 giugno, i due hanno salito una vetta nei pressi di Skardu, superando 4000 metri di dislivello in un giorno. Vale la pena di ricordare che l’ultimo alpinista al mondo a tentare una via nuova su uno degli “ottomila” del Pakistan è stato proprio Urubko, quando ha tentato il Broad Peak d’inverno. E l’ultimo a riuscire nell’intento è stato ancora lui, nel 2019, sul Gasherbrum II, in solitaria e in stile alpino.
Sta raggiungendo la valle di Diamir anche il rumeno Horia Colibășanu. L’alpinista di Timișoara, di professione dentista, sta collezionando i 14 “ottomila” (con il Nanga arriverebbe a quota 10) senza usare ossigeno supplementare, portando il proprio materiale nello zaino, ma utilizzando le corde fisse piazzate dagli Sherpa e dai portatori pakistani delle spedizioni commerciali. Insieme a Colibasanu, raggiungerà il campo-base del Nanga Jorge Egocheaga, spagnolo di Oviedo, nelle Asturie, che ha compiuto le sue prime spedizioni insieme a Inaki Ochoa de Olza. Egocheaga non ha annunciato i suoi piani, ma è probabile che utilizzerà lo stesso stile del rumeno.
Cinque ottomila in cinque settimane. E’ questa la nuova frontiera?
Nelle prossime settimane sul Nanga Parbat, però, non si assisterà solo a tentativi in stile alpino. Inizierà dalla “Montagna assassina” la spedizione Project Pakistan, organizzata dall’agenzia nepalese 14 Peaks Expeditions, che punta a portare i suoi clienti, in sole cinque settimane, su tutti e cinque gli “ottomila” pakistani: Nanga Parbat, Broad Peak, Gasherbrum I e II, K2.
L’agenzia, diretta da Tashi Lakpa Sherpa, è tra le più serie e affidabili di Kathmandu, e vanta tra le sue guide Kami Rita Sherpa, che quest’anno ha compiuto la sua salita numero 31 agli 8848 metri dell’Everest.
Non si sa se Kami Rita parteciperà all’impresa in Pakistan, ovviamente riservata a clienti facoltosi e allenati che vogliono seguire le tracce di Nirmal Purja e Kristin Harila. Il piano, come sempre in questi casi, è di far attrezzare le vie di salita dagli Sherpa in anticipo, e poi di salire velocemente, con l’erogazione dei respiratori al massimo.
A creare problemi a Tashi, a Kami e ai loro colleghi e clienti potrebbe essere il tempo instabile delle montagne pakistane. Non sembra un ostacolo insormontabile, invece, l’alto costo (circa 20.000 dollari a volo) degli elicotteri dell’Esercito del Pakistan, i soli autorizzati a volare tra Skardu, il Nanga Parbat e i giganti del Karakorum.
Anche se il tempo non consentirà di volare, per degli alpinisti acclimatati allenati, il trasferimento dal campo-base di Diamir alla testata del Baltoro non dovrebbe richiedere molto più di una settimana. La vicinanza tra il K2, il Broad Peak e i due Gasherbrum rende inutili i numerosi trasferimenti in volo che invece sarebbero necessari per compiere un’impresa del genere in Nepal. “L’ultima grande sfida vi attende. Siete pronti a spingere in avanti i vostri limiti e a entrare nella storia?” recitano il sito e i social della 14 Peaks Expeditions. Vedremo come andrà a finire.