AlpinismoAlta quota

Si aprono le danze: Simone Moro e Denis Urubko verso il Nanga Parbat

Simone Moro e Denis Urubko (Photo www.simonemoro.com)
Simone Moro e Denis Urubko (Photo www.simonemoro.com)

BERGAMO — Partiti. Inizia oggi la spedizione di Simone Moro e Denis Urubko, la coppia d’oro delle invernali diretta quest’anno al Nanga Parbat, che tenteranno di salire dal versante Diamir lungo la via normale, la Kinshofer. La montagna, che vanta la parete più alta del mondo di oltre 4000 metri e che si trova nell’estremo ovest dell’Himalaya in una posizione completamente isolata e quindi esposta ai forti venti, è uno dei 4 ottomila ancora mai saliti in inverno, insieme a Gasherbrum I, Broad Peak e K2.

Facendo un confronto i vantaggi rispetto al Gasherbrum II, di cui Moro e Urubko hanno conquistato nel febbraio scorso la prima invernale che è valsa anche come prima salita invernale della storia in Karakorum, stanno per lo più nel trekking di avvicinamento al base: più breve, con meno giorni di cammino senza bisogno di utilizzare l’elicottero. Al GII poi il percorso era particolarmente pericoloso in alcuni punti, secondo l’alpinista bergamasco forse anche più rischioso di quello che troveranno al Nanga Parbat. Qui però la vera differenza la faranno i metri, circa 1200 in più, su quella parete infinita di quasi 4000 metri.

Moro e Urubko hanno scelto di salire dalla normale, sul versante Diamir per due ragioni: prima di tutto perchè è esposto ad ovest, e quindi il sole tramonta dopo – e la presenza del sole in questo periodo dell’anno da queste parti è più facile calcolarla in minuti anziché in ore (circa 1 o 2 ore al giorno al campo base) -, e in secondo luogo perché il campo base di questa parete è quello più alto di tutti, ed è posto intorno ai 4200 metri. Il che vuol dire comunque che li aspettano quasi 4000 metri di scalata per arrivare in cima agli 8125 metri del Nanga Parbat.

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Proprio la lunghezza della scalata potrebbe dare loro i maggiori problemi, dal momento che come Simone Moro ha spiegato più volte, è la velocità, a suo avviso, la strategia migliore per la riuscita delle invernali sugli ottomila. Una “corsa” senza pause se non quelle indispensabili, per mettersi al sicuro nei tratti pericolosi e per resistere al freddo polare, che porta le temperature talvolta a – 50 gradi.

Certamente ormai di esperienza alle spalle i due alpinisti ne hanno molta. Dopo il Makalu nel 2009, la spedizione che ha fatto un po’ da apripista al ritorno alle invernali, c’è stato l’anno scorso il Gasherbrum II, dove con loro in vetta è arrivato anche l’americano Cory Richards che quest’anno ha preferito invece rinunciare. Secondo le statistiche in vetta al Nanga Parbat sono arrivati ad oggi circa 300 alpinisti, mentre i tentativi invernali sono stati 11.

Se dovessero riuscire ad arrivare in vetta, Simone Moro raggiungerebbe un altro grande traguardo: quello di essere l’unico uomo nella storia ad aver salito 4 ottomila in invernale, dal momento che ha salito anche lo Shisha Pangma nel 2005.

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5 Commenti

  1. Vai Simone, portane a casa un altro, tienici aggiornati!

    P.S.
    Anche Kukuczka salì quattro 8000 in invernal, rispettivamente:
    Dhaulagiri, Cho Oyu, Kanchenjunga e Annapurna.
    Fonte: “il mio mondo verticale” autobiografia di Jerzy Kukuczka

  2. Forza Simone,
    Solo il tentativo merita ammirazione, la riuscita sarebbe da collocarsi tra le grandi imprese alpinistiche.
    Ma l’importante e’ tornare a casa. Good luck!

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