Alpinismo

A tu per tu con Jacopo Larcher: “Il trad? Un amore grande e sfidante”

Lo scalatore altoatesino racconta la passione per la disciplina che ha cambiato il suo approccio all’arrampicata. E lo presenta con una nuova serie di video: “The Traditionalist”

Un lungo percorso in verticale è quello che Jacopo Larcher, scalatore di livello internazionale e atleta del team The North Face, lo ha portato presa dopo presa dal mondo dell’arrampicata indoor, alle salite trad culminate cinque anni fa con Tribe, la realizzazione che lo ha consacrato tra i grandissimi della disciplina.

Oggi lo troviamo protagonista diThe Traditionalist”, la nuova serie video diretta dal regista Andrea Cossu, che segue Jacopo mentre trova la sua dimensione verticale dall’Europa, all’America e al Regno Unito per comprendere più a fondo il trad-climbing. Non solo inteso come area ancora di nicchia del mondo della scalata ma anche come forma d’arte, cultura, etica che sta segnando la sua storia; esplorando cosa significhi veramente “hard-trad” e se, quando si tirano le somme, i gradi contino davvero. The Traditionalist” verrà presentato la sera del 10 maggio da Jacopo durante il Melloblocco, che si svolgerà in Val Masino dall’8 all’11 maggio.

Da dove nasce l’idea di questa serie di video?

Da quando mi sono appassionato dell’arrampicata in trad ho sentito il bisogno di condividere fra gli appassionati questo genere di scalata che utilizza solo protezioni mobili, ovvero non si usano chiodi o piastrine per proteggersi se non quando si arriva in sosta se sono già predisposte. Questo è ancora un settore di nicchia e attraverso i video cerco di far appassionare altri climber in questa pratica facendone emergere la bellezza e sfatandone la pericolosità se viene praticata in modo consapevole e con la giusta preparazione su materiali e roccia. Chi arrampica, soprattutto in palestra sta aumentando in modo esponenziale e il trad potrebbe essere un nuovo orizzonte per molti.

I video sono stati un lavoro spalmato su quasi due anni fra mille problematiche e incroci di persone e potrei dire che le riprese sono durate nel complesso tre mesi. Li abbiamo pensati in tre capitoli. Il primo nel Parco nazionale dello Yosemite, in California, dove il mio viaggio inizia nell’iconica Yosemite Valley. Il secondo capitolo è ambientato nel Regno Unito, la culla del trad dove le regole sono ferree (non ci sono soste fisse sulle linee di trad, per esempio) e le scalate sono davvero impegnative, mentre l’ultimo capitolo è Mainland Europe, girato in alcuni dei luoghi per me più significativi e con una visione speranzosa e stimolante per il futuro della disciplina e una presa di coscienza verso la salvaguardia del pianeta.

Come ti sei avvicinato al trad e quando è scoppiata definitivamente questa passione?

Ho iniziato a scalare nelle palestre indoor poi sono passato alle falesie e al mondo dell’agonismo e delle gare. Ma quello che avevo sempre fatto stava iniziando a perdere d’interesse, era diventato poco adrenalinico, tanto da portami ad esplorare e a provare quella dimensione di arrampicata che mi appagava e stimolava. Non solo una sfida fisica, qui l’aspetto mentale è determinante. Il mio obiettivo è far emergere come il trad in realtà non sia pericoloso, esiste anche un altro lato della medaglia se hai in mano le tecniche giuste. In Yosemite o in Inghilterra è un tipo di scalata normale, che tutti o quasi praticano perché esistono anche le condizioni di roccia che lo permettono.  

Dove lo pratichi in Italia?

Da noi sono poche le aree a disposizione ma sicuramente Cadarese in Val d’Ossola è un ottimo posto anche dove iniziare. Qui, infatti, si possono salire alcune vie in trad potendo “assicurarsi” anche a protezioni fisse già presenti. Altre destinazioni giuste sono la Valle dell’Orco e la Val di Mello. Per chi vuole provare questa tecnica consiglio Cadarese sotto il controllo di un amico esperto o di una persona qualificata. La pratica aumenta la dimestichezza dei movimenti e nelle valutazioni in ascesa ma attenzione a non sopravvalutare noi stessi, bisogna fare tutto a piccoli passi.

Hai altri hobby oltre al “verticalismo”?

Mi piace fare parapendio, sci alpinismo e correre. Gli amici sono quelli che frequentano lo stesso ambiente e le stesse passioni, noi infatti siamo sempre in giro, lontani da casa. Anche la mia compagna arrampica e da 10 anni viviamo splendide avventure insieme. E’ difficile trovare il tempo per altro.

Prossimi progetti?

Gli obiettivi sono sempre tantissimi fra cui il Pakistan o l’India per qualche spedizione nell’immediato, ma in autunno si torna in Yosemite su El Capitan fra monotiri e vie lunghe. In Italia punto alla Val di Mello dove ho individuato una vecchia via che si faceva in artificiale. Fra pochi giorni invece sarò al Melloblocco con gli altri atleti del team The North Face, Caroline Ciavaldini e James Pearson dove terremo quattro workshop, due nella giornata di venerdì 10 maggio (alle 11.00 e alle 15.00) e due sabato 11 maggio (alle 10.00 e alle 14.00). A questi workshop, a cui potranno partecipare fino a 20 persone previa iscrizione, cercheremo di far migliorare abilità e affinare le tecniche dei partecipanti. In particolare, i workshop si focalizzeranno su come affrontare una big wall.

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