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Parco dell’Appennino Tosco-Emiliano

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Il più giovane della sua categoria. Nato solo cinque anni fa, il Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano ha una superficie di 26.000 ettari. Con le sue infinite foreste di abete bianco e conifere, si estende per tre quarti in Emilia Romagna e per un quarto in Toscana. Nei confini del suo territorio sono comprese due riserve regionali: il Parco dei Cento Laghi e il Parco del Gigante.

La grande area protetta raccoglie, oltre ai due meravigliosi parchi regionali, anche le bellezze naturali della Lunigiana e della Garfagnana. Quest’ultime vantano alcune fra le montagne più alte della dorsale appenninica settentrionale, fra cui l’alpe di Succiso, il monte Prado e il Cusna, tutte cime che superano i 2000 metri di altezza.

L’arenaria Macigno, con le sue forme ondulate contrasta con le vette aguzze delle Alpi Apuane. Soprattutto sui rilievi settentrionali, i più freddi, è possibile scorgere tracce di antichi ghiacciai a causa delle lingue glaciali che scendevano verso le valli emiliane. 

Grande spazio è riservato a foreste, praterie e brughiere. Le prime delimitano il crinale appenninico fino a 1700 metri di quota tramite querceti con cerro e faggeti. A questi si aggiungono boschi di conifere oltre e alcuni esemplari di abete rosso, impiantati agli inizi del secolo per recuperare i luoghi più degradati dal pascolo e dallo sfruttamento forestale.

Salendo si possono vedere vaste brughiere caratterizzate da ginepro nano e mirtilli, aree che si stanno ricostituendo dopo i disboscamenti subiti in passato. In periodo di fioritura rododendri e mirtilli rossi abbelliscono e profumano il parco. 

Ma gli ambienti più ricchi dal punto di vista floreale sono quelli delle praterie che, durante la stagione primaverile, si riempiono di fiori dai gradevoli profumi, come l’anemone narcissino e le genziane. Senza dimenticare i paesaggi rocciosi dove, grazie alla vicinanza delle Alpi, crescono il geranio argenteo e numerose varianti di felce. E per ultimo il piccolo giunco delle creste, il cui nome deriva dal luogo in cui sorge, vale a dire le creste battute dal vento.

L’elevata tipologia di paesaggi presenti sull’Appenino Tosco-Emiliano e nelle sue vicinanze, ha permesso lo sviluppo di luoghi unici, a partire dalle Marmitte dei Giganti. Esse sono cavità semi-sferische all’interno di rocce calcaree, situate nei canali che scendono nella Turrite Secca, nel monte Tambura e presso la Valle degli Alberghi.
 
Nel cuore delle Alpi Apuane, a circa 900 metri di altezza, è collocato l’orto botanico "Pietro Pellegrini". Indimenticabili anche le cave di marmo, a ridosso della città di Carrara, e i laghi del Parco del Gigante, molti dei quali di origine glaciale.

Gli arbusteti e i territori coltivati sono popolati da uccelli rari, fra i quali troviamo l’averla piccola, il saltimpalo e lo zigolo muciatto. Cinghiali, cervi e caprioli frequentano invece radure erbose. Le brughiere ospitano altri volatili come l’allodola e lo spioncello.

Gli affioramenti rocciosi rappresentano l’habitat ideale del codirossone, un uccello molto colorato che nidifica nelle cavità delle rocce, mentre aquila reale e falco pellegrino praticano la caccia nelle praterie. Il lupo predilige gli ambienti aperti di crinale dove vivono anche le sue prede. 

Molto sviluppata è la rete di escursioni e sentieri, oltre alle moltelpici testimonianze umane dalla preistoria alle moderne comunità montane. Basti pensare ai numerosi manufatti di legna. E per concludere una piccola curiosità: la Pietra di Bismantova, con le sue particolari pareti a strapiombo, è stata citata da Dante nella Divina Commedia, e oggi è la più importante palestra d’arrampicata dell’Emilia Romagna.

Valentina Corti

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