Il filtro polarizzatore nella fotografia di montagna
Quando, come e perché usare questo importante accessorio durante le nostre uscite sui sentieri
Le nuvole bianche e nitide che si stagliano da un cielo azzurro e terso che sovrasta un gruppo di cime sono un classico del paesaggio di montagna. L’aspetto di queste immagini sembra quasi trasmettere una sensazione di tridimensionalità nello sguardo dell’osservatore. L’estetica di questi scatti è dovuta sicuramente alle condizioni ambientali e al meteo, ma spesso è anche accentuata dall’utilizzo del filtro polarizzatore. Anche la foto di un lago, con le acque tanto limpide da consentire di ammirarne le pietre sul fondo, dipendono in larga parte dalla purezza dello specchio; questo effetto visivo, però, può essere intensificato dall’uso del filtro polarizzatore. Posso, quindi, dire che questo accessorio è molto importante per la fotografia di montagna, soprattutto per il paesaggio e per i laghi, ma anche per gli scatti di cascate e torrenti, come vedremo in seguito.

Cosa è e a cosa serve il polarizzatore
La regoletta, molto scolastica, enuncia: “il filtro polarizzatore è un elemento ottico che si avvita all’obiettivo e che permette di eliminare i riflessi su superfici come metallo, vetro e acqua. Una volta fissato, è possibile ruotarlo su sé stesso. Più si ruota e più il suo effetto è evidente. Quindi non influisce sul cielo? Certo che sì. Il cielo è ricco di particelle di acqua. Eliminando i riflessi delle stesse, si intensificano la tonalità e il contrasto. Si avvita all’obiettivo, con l’apposita filettatura presente su entrambi. Ogni obiettivo necessita, quindi, di un filtro di specifico diametro. Togliendo il tappo, dell’ottica, noterete sul suo retro la scritta del diametro del filtro avvitabile: 52 mm; 62 mm, 77 mm, ecc. Essendo un elemento ottico, può influire sulla resa dell’obiettivo, diminuendone la qualità, sino a pregiudicarla, in caso di utilizzo di uno strumento di pessima qualità. E’ importante, quindi, sceglierne uno di buon livello. Non ha alcun senso usare ottiche performanti e un filtro polarizzatore di scarso livello. Ricordate di non lasciarlo sempre montato: utilizzatelo solo quando è realmente necessario: rendere un cielo azzurro molto contrastato, evidenziandone le nubi, togliere i riflessi dall’acqua, sia orizzontale (lago), sia verticale (cascata). Più difficile, in montagna, che serva per ridurre i riflessi su metallo e vetro; potrebbe capitarvi di fotografare, però, un bivacco in lamiera o qualcosa di simile.

Come si utilizza?
Il filtro si avvita sull’obiettivo. Osservando nel mirino o sul display della fotocamera, l’effetto è visibile in tempo reale: ad esempio, il cielo diventa più scuro o i colori della vegetazione si intensificano man mano che si ruota il filtro. Il filtro, infatti, una volta avvitato all’ottica può ruotare su sé stesso. Muovendolo, quindi, si noterà un aumento del suo effetto: il cielo, per esempio, diventerà più saturo e intenso a mano a mano ruotiamo il filtro. Quindi, possiamo dire che, a seconda dell’orientamento, l’effetto aumenta o diminuisce e provoca una perdita di 1 o 2 stop di luce. Quindi, se iniziate con un’impostazione di f/16 e 1/250 di secondo, ruotando il filtro otterrete tempi di 1/125 (uno stop in meno) o 1/60 (due stop in meno) alla massima intensità. Questa riduzione viene compensata automaticamente dall’esposimetro TTL della fotocamera. E’ necessario, quindi, fare attenzione alle modifiche del tempo di posa o del diaframma, a seconda delle impostazioni della fotocamera. Questo effetto secondario può essere sfruttato per ottenere il famoso “effetto seta” quando si fotografano corsi d’acqua, visto il conseguente prolungamento dei tempi di posa.

Cielo, paesaggio, vegetazione, laghi e fiumi
L’effetto del filtro polarizzatore è più evidente quando il sole è dietro al fotografo o leggermente laterale. Ricapitolando, il suo uso aumenta la saturazione dei colori e, nella fotografia paesaggistica, intensifica il blu del cielo e rende le nuvole bianche più contrastate, soprattutto in condizioni di meteo sereno. È particolarmente utile all’alba e al tramonto, quando “accende” le tonalità calde della scena. In un paesaggio invernale innevato, invece, è preferibile rimuoverlo, poiché il cielo risulterebbe eccessivamente blu e saturo, mentre il bianco della neve tenderebbe verso il grigio, cosa facilmente verificabile anche tramite l’istogramma. Il filtro consente ottimi risultati anche sulla vegetazione, rendendo i colori, come quelli dei larici in autunno, particolarmente vividi. Utile anche fotografando i b, visto la sua facoltà di accentuare la trasparenza dell’acqua. Nei torrenti e per le cascate, diventa interessante per l’aumento del tempo di posa, di uno o due stop che favorisce l’effetto seta, ovvero il mosso dell’acqua.


E’ possibile replicarlo in post-produzione?
Con buona pace degli smanettoni da computer, l’effetto del filtro polarizzatore non è replicabile in post-produzione. È vero, si può intensificare il blu del cielo o aumentare il contrasto per far risaltare le nuvole, e magari perdere ore e ore a ridurre i riflessi di un laghetto alpino, ma il risultato non sarà mai paragonabile a quello ottenuto con un filtro polarizzatore sapientemente utilizzato in fase di ripresa. Mai!
