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Fotografare i laghi

Dal paesaggio di montagna riflesso, all'uso dei filtri GND

Nulla è più piacevole come il guardare dal mezzo delle acque verso le alte montagna

Nicolaj Gogol

Spesso le montagne sono vanitose e si specchiano nelle acque dei laghi, creando scenari di rara suggestione. In questa “sesta puntata” vi parlo di come si ritrae una cima in uno specchio d’acqua, a volte con l’uso di alcuni filtri, a volte semplicemente cambiando il punto di vista. Il riflesso è uno spunto interessante, ma certo non è l’unica possibilità estetica, per fotografare questi scenari d’ampio respiro.

La Grivola si riflette nelle acque del Lago Djouan, in Valsavarenche. Foto Cesare Re

Vento, brezza, caratteristiche ambientali, orario del giorno

Il riflesso delle montagne sull’acqua è molto netto e distinto quando la superficie del lago è ferma, quindi in assenza di vento. Le migliori occasioni, per fotografare i riflessi, sono in mattinata o di sera, quando oltretutto la luce del sole è più bassa e contribuisce a rendere il paesaggio più attraente e nitido. È anche interessante la presenza di una leggera brezza che contribuisce a dipingere il paesaggio sull’acqua in uno stile più soffuso, quasi da impressionista. Un vento deciso, invece, renderà l’estetica del lago ancora diversa, con tante piccole onde, comunque molto suggestive da immortalare.

Tempo di posa

Possiamo scattare immagini con un riflesso nettissimo e ben definito, un vero e proprio effetto specchio. Lo stesso effetto può essere anche solo accennato, situazione che può verificarsi in casi particolari, per esempio quando c’è un poco di vento che tende a modificare l’entità della riflessione delle cime, aumentandola o diminuendola, a seconda dell’intensità. Utilizzando un tempo di posa veloce, o non troppo lento (1/60 o più veloce), fisseremo il riflesso nelle acque, fermando il movimento delle stesse. Con un tempo di posa più lungo (1/8, per esempio), invece, il riflesso risulterà più tenue e meno definito, a causa del lieve movimento dell’acqua, comunque sempre presente. Con un tempo di posa molto lungo, invece, avremo uno specchio d’acqua immobile e soffuso, con un effetto assimilabile all’ovatta o alla nebbia che avvolge eventuali rocce affioranti e carezza le rive. In questo caso si parla di tempi di posa superiori al minuto e ottenibili con l’utilizzo dei filtri ND, che prolungano l’apertura dell’otturatore (vedi sotto).

Composizione, grandangolo e teleobiettivo

Verticale, per esaltare l’imponenza delle montagne, od orizzontale, per abbracciare un maggiore angolo di campo, la scelta dell’inquadratura è sempre importante e modifica nettamente il risultato finale. Scattando col grandangolo sarà bene prestare attenzione al primo piano, occupandolo con rocce, fiori o una superficie che attragga l’occhio dell’osservatore. Con un teleobiettivo, o un medio tele, tipo 85 mm o più, si otterranno immagini con il lago e le cime che risulteranno più ravvicinate, grazie alla compressione dei piani. In ogni caso è importante prestare attenzione alla posizione dell’orizzonte: simmetrico, con le stesse dimensioni delle cime e del riflesso, oppure privilegiando la parte alta, il cielo, o quella bassa, il lago, a seconda della presenza di elementi interessanti nell’una o nell’altra parte. Cambiando punto di vista, ovvero la posizione della fotocamera (altezza occhio, altezza vita, o quasi all’altezza del suolo), si modifica l’estetica dello scatto. In genere, si utilizzeranno diaframmi piuttosto chiusi (f 11, f 16), per ottenere sufficiente profondità di campo. Attenzione ai riflessi parassiti, in controluce (flare: riflesso del sole sulle lenti), accentuati dal diaframma chiuso e dalla superficie riflettente dell’acqua stessa. Il paraluce può aiutare a minimizzarli. Oltre alle immagini classiche e d’ampio respiro, come quelle con vette e lago, si possono scattare anche foto con inquadrature più selettive, concentrandosi sui particolari, magari fotografando il solo riflesso, oppure una singola parte di paesaggio, come alcuni sassi affioranti.

Esposizione e differenza di luminosità tra cielo e acqua

Il cielo è più luminoso dell’acqua. Spesso, la foto risulta piacevole anche con questa differenza di tonalità. In alcuni casi, però, lo scarto potrebbe essere eccessivo. Per scattare una foto con un rapporto di luminosità equilibrato tra cielo e acqua, consiglio innanzitutto di escludere la lettura a matrice (Matrix, Valutativa, Multizona, a seconda delle marche) che schiarirebbe troppo il cielo, rischiando una sovraesposizione e una foto, quindi, troppo chiara. Un metodo di esposizione consiste nell’usufruire, invece, di una lettura esposimetrica spot o media compensata, misurando le parti più illuminate delle montagne o del cielo, nubi a parte. Avremo, così, il cielo correttamente esposto e l’acqua leggermente più scura. Se la superficie del lago dovesse essere troppo scura, sarà necessario agire in post-produzione con il comando “luci e ombre”, utilizzandolo per schiarire le parti scure dell’acqua. Ogni programma di post-produzione ha una funzione di questo tipo. Attenzione a non esagerare schiarendo l’acqua. Questo processo provocherebbe la comparsa di vari artefatti digitali, soprattutto del rumore digitale. Scattando con iso molto bassi (nativi della fotocamera o intorno a 100), il problema del rumore risulterà minimo. Un altro metodo per equilibrare la luminosità dell’acqua, rispetto al cielo, è quella di utilizzare un filtro GND graduato.

Filtri Graduated Neutral Density (GND)

Quando la differenza di luminosità tra cielo e acqua, ma anche tra cielo e terra è molto intensa, si può riequilibrare utilizzando i filtri Graduated Neutral Density o “Graduati a Densità Neutra”, detti “GND”. Una parte del filtro è più scura, ed è proprio quella che diminuisce l’intensità della luce. I filtri sono aggiuntivi ottici che si agganciano all’obiettivo, sulla lente frontale. I GND appartengono alla categoria dei filtri neutri, ovvero non introducono dominanti di colore nell’immagine. In realtà qualche dominante può esserci, soprattutto per filtri di qualità non molto elevata, oppure se si utilizzano più filtri GND contemporaneamente.

Filtri a lastra o Filtri a Vite

I filtri, anche i GND, si distinguono in due tipi: a vite e a lastra. I primi si avvitano all’ottica, tramite filettature dell’obiettivo. Ogni obiettivo ha un suo diametro filtri, riportato sul tappo, nella parte interna. I secondi si inseriscono in un porta filtri universale che, tramite anelli adattatori dedicati si avvita a vari obiettivi, anche con diametro filtri diverso. Attenzione alla scelta del porta filtri. Se avete obiettivi con lenti molto grandi e con diametro filtri tipo 77 mm, 82 mm, o maggiori, è necessario munirsi di un porta filtri grande, in modo che non provochi vignettatura, soprattutto con focali grandangolari (oscuramento ai lati della foto, dovuto al porta filtri che entra in inquadratura). Se alcuni filtri come Polarizzatore, UV e Sky sono più adatti nella versione a vite, i GND sono meglio in lastre, poiché si possono sovrapporre più facilmente e, soprattutto, perché è possibile, scegliere dove posizionare la linea di demarcazione tra parte chiara e parte scura. Coi filtri a vite, la linea si piazza per forza a metà fotogramma.

Filtri hard, filtri soft e diaframma

Ulteriore classificazione è quella tra filtri hard e soft. I primi hanno una demarcazione molto netta tra la parte chiara e la parte scura. I secondi, invece, hanno il passaggio tra le due parti molto più sfumato. Nella pratica, gli hard si usano in situazioni dove la divisione tra le due parti è netta, come per esempio al mare, dove la linea d’orizzonte è piatta. I soft, invece, sono consigliabili in situazioni con linea di demarcazione non dritta e uniforme, come per esempio in un filare di alberi, dove gli stessi non sono certo tutti alti uguali. Per entrambi i tipi di filtri, la linea di divisione tra parte chiara e parte scura sarà più visibile più si aumenta la profondità di campo. Se vogliamo un passaggio più morbido, tra parte chiara e scura, quindi, usiamo diaframmi aperti. Se ci serve, invece, uno stacco netto, chiudiamo il diaframma.

Intensità dei filtri GND

A seconda della loro densità (di quanto sono scuri), i filtri graduati generalmente tolgono 1, 2 oppure 3 stop. A seconda delle marche produttrici vengono classificati come: GND 2, GND 4, GND 8, oppure come GND 0,3, GND 0,6, GND 0,9. Rispettivamente tolgono 1, 2 e 3 stop nella loro parte più scura.

Come si usa?

Si pone il filtro sull’ottica, mettendo la parte scura sul cielo. Per ottenere un’immagine correttamente esposta sul cielo, misuriamo l’esposizione sullo stesso, oppure sulle parti più luminose della scena, in semi spot (detta anche media compensata, o media pesata al centro) o, preferibilmente, in spot. Il filtro non è così denso da ingannare l’esposimetro. Si può quindi misurare l’esposizione con il filtro montato. Avremo, così, il cielo correttamente esposto. L’esposizione dell’acqua, nella parte bassa dell’inquadratura, non sarà influenzata dalla presenza del filtro, in quanto la densità dello stesso degraderà, azzerandosi verso il basso dell’inquadratura. Con le fotocamere più recenti, non di rado, funzionano bene anche i sistemi di misurazione della luce “automatici”, come Matrix di Nikon, Valutativa di Canon, o similari, per altre marche.

Come si usano in maniera più specifica?

  • Il nostro scatto comprende una luminosità molto elevata sul cielo e minore sull’acqua.
  • Per essere più precisi, si misura l’esposizione in spot (o media compensata) sul cielo e poi sulla parte bassa dell’immagine, per verificare la differenza di luminosità in stop.
  • A seconda della differenza di luminosità si sceglie il filtro GND più appropriato. Se, per esempio, la differenza è di 3 stop, scelgo un filtro che tolga 3 stop, quindi il GND 8 / GND 0,9, a seconda della marca. In questo caso la luminosità tra cielo e terra sarà identica. Posso anche scegliere di voler lasciare il cielo un poco più luminoso e la terra un po’ più scura, scegliendo, per esempio, GND 4 / GND 0,6.
  • Si inquadra, si compone l’immagine e, con filtri a lastra, si decide dove porre la linea d’orizzonte, se a metà o in alto, o in basso, a seconda della posizione del lago.

E in post-produzione?

Il filtro graduato esiste anche in post-produzione, sia in Photoshop (Camera Raw), sia in Lightroom e in molti altri programmi similari. A volte, è possibile intervenire anche con un semplice “luci e ombre”. Ritengo meglio, comunque, lavorare al meglio in ripresa, utilizzando i filtri e, eventualmente, intervenire successivamente coi filtri digitali.

Filtro Polarizzatore nella fotografia di laghi

Anche il polarizzatore può essere utile, per diminuire o annullare il riflesso sull’acqua. Questo filtro, infatti, elimina i riflessi su acqua e superfici riflettenti (o metalliche) e contribuisce a saturare i colori. È utile anche per evidenziare la trasparenza dell’acqua, mostrando, magari i sassi sul fondo che contribuiscono a migliorare la composizione, divenendo un primo piano efficace. Si avvita alla lente. La parte anteriore ruota. A seconda di come lo si ruota, si vede direttamente, ad occhio, l’effetto di saturazione e di trasparenza dell’acqua. Al suo effetto di rotazione minimo, si perde 1 stop di luminosità; al massimo effetto di rotazione, gli stop persi sono 2.


Il Lago Bianco

Il Cervino fa capolino dal Lago Bianco, nel Parco del Mont Avic. Il riflesso è pittorico e accennato. Ho misurato l’esposizione per le luce, schiarendo leggermente l’acqua in post produzione. Da un punto di vista tecnico, è interessante sottolineare che la vicinanza del Cervino è dovuta all’uso di una focale di 200 mm che comprime i piani. La distanza delle montagne dal lago è, infratti, di diversi km.
Nikon D800; Nikkor 80-200 2,8 afd; f 11; 1/30; iso 200; treppiede.


Le Grandes Jorasses

Le Grandes Jorasses si specchiano in uno dei laghetti di fusione lungo la dorsale tra il Mont de la Saxe e la Testa Bernarda, in Val Ferret. Misuro l’esposizione in spot sulle cime, ottenendo il cielo e le montagne correttamente esposte e l’acqua, in primo piano, più scura. Intervengo in post produzione, schiarendo il primo piano. È possibile anche usare filtri GND, in ripresa, per riequilibrare la luminosità del cielo e quella dell’acqua.
Nikon D810; Nikkor 24-70 2,8 afg; treppiede; f 13; 1/320; iso 100. Focale 24 mm.


Il Lago d’Arpy

Il Lago d’Arpy e la simmetria delle Grandes Jorasses, riflesse in acqua. Il vento ha reso il riflesso appena accennato. Anche questa è una situazione interessante. L’uso di un filtro GND (che ha tolto uno stop) ha contribuito ad equilibrare maggiormente la differenza di luminosità tra cielo e acqua.
Nikon D700; Nikkor 24-70 2,8 afg; treppiede; f 11; 1/125; iso 100. Focale 50 mm.


Il Cervino

Il Cervino al disgelo, si riflette nella parte libera dell’acqua, in un laghetto di fusione. Anche la primavera porta spunti interessanti per la fotografia di laghi. La maggior difficoltà, in questo scatto, era riuscire ad inquadrare tutto il Cervino, grosso e imponente, che incombeva sul piccolo laghetto. Per questo ho usato un’ottica super grandangolare.
Nikon D800; Sigma 15 2,8 afd; Fish Eye.


Il Lago Djouan

La Grivola si riflette nelle acque del Lago Djouan, in Valsavarenche. Uno scatto panoramico, ottenuto con una fotocamera apposita, una Horizon 202 che utilizza pellicole di formato 35 mm, consentendo di ottenere scatti in formato 25 per 58 mm, con una proporzione dilatata, tra lato corto e lato lungo della pellicola. Pellicola Velvia 50 iso. Ho scelto di posizionare la linea del lago quasi a metà, evidenziando la simmetria.


Il Lago delle Locce

La Est del Rosa si riflette nel lago delle Locce. Il filtro polarizzatore ha reso il riflesso sull’acqua non uniforme, evidenziando alcune rocce in primo piano.
Nikon D800; Nikkor 16-35 afg; 4; f11; 1/125.


Il Lago Trebecchi

Lago Trebecchi, nei pressi del Colle del Nivolet. Foto con la fotocamera a pochi centimetri dal suolo.
Nikon D800; Nikkor 24-70 2,8 AFG; iso 100; f11; 1/125. Focale 24 mm.


Il Gran Paradiso

Classica immagine di un laghetto di fusione con il Gran Paradiso che specchia. Il riflesso può essere più o meno marcato, a seconda della presenza del vento: più è intenso e meno è netto e visibile.
D800; Nikkor 16-35 afg; Iso 100; f 16; 1/60. Focale 20 mm.


Il laghetto di Colbricon

Uno dei laghetti di Colbricon, nei Lagorai, interpretato in bianco e nero.  Il filtro polarizzatore ha esaltato lo “stacco delle nubi” dal cielo. La linea di orizzonte è spostata verso il basso, per evidenziare la presenza incombente del cielo, arricchito dalle nuvole.
Nikon D800; Nikkor 18 3,5 ais; iso 100; f 11; 1/100 di secondo.  


La Punta della Rossa

La Punta della Rossa, all’Alpe Devero, riflessa in una pozza d’acqua. La differenza di luminosità, tra cielo e acqua era di 3 stop. Ho scelto di ridurre lo scarto di soli 2 stop (usando filtro GND 4), in modo da mantenere l’acqua un po’ più scura rispetto al cielo e alle cime. Non sempre è necessario uniformare del tutto l’esposizione, annullando la differenza di illuminazione. La presenza di luce e ombra, di parti chiare e di parti scure rende la foto molto peculiare.  utilizzando un filtro GND.
Nikon D850; Nikkor 24-70 2,8 AFG; iso 100; f 11; 1/60. Focale 24 mm. Filtro GND 4; Treppiede.


I ghiacciai del Monte Rosa

Particolare del Lago delle Locce, con i ghiacciai del Rosa che si confondono con le rocce nell’acqua.
Nikon D800; Nikkor 24-70 2,8 AFG; f 11: 1/100: iso 200.


Il torrente Canali

Il torrente Canali, in Val Canali, nelle Pale di San Martino. Il colore è accentuato dall’uso del filtro polarizzatore.
Nikon D850; Nikkor 70-200 4 AFG; iso 100; f 8; 1/160. Polarizzatore. 

Scopri la rubrica Fotografare in Montagna: qui la prima puntata, dedicata all’alba e al tramonto. Qui la seconda puntata, dedicata all’utilizzo di grandangolo e teleobiettivo. Qui la terza puntata, dedicata agli alberi. Qui la quarta puntata, dedicata agli animali. Qui la quinta puntata, dedicata al corredo per il foto-trekking.

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