I quattro moschettieri del K2. L’exploit dei francesi saliti in cima senza ossigeno e scesi in parapendio
“Allez les Bleus!” hanno urlato per sedici giorni i francesi durante le Olimpiadi di Parigi. Forse l’effetto del loro tifo si è sentito in Karakorum, dove Benjamin Védrines, Jean-Yves Fredriksen, Liv Sansoz e Zeb Roche hanno compiuto un’impresa straordinaria
Lo scorso 28 luglio, domenica, la seconda montagna della Terra è stata salita da decine di persone. In gran parte si trattava di Sherpa, guide pakistane e clienti attrezzati con respiratori e maschere. A 8611 metri di quota, però, è arrivata anche una pattuglia di alpinisti e alpiniste che hanno respirato solo l’aria sottile dell’alta quota.
Uno di loro, Benjamin Védrines A tu per tu con Benjamin Vedrines velocita e immaginazione al potere/ , guida alpina di Briançon, ha stabilito con poco meno di 11 ore il nuovo record di ascensione no-stop lungo lo Sperone Abruzzi. Un altro, Jean-Yves Fredriksen detto Blutch, ha tralasciato l’affollata via normale del K2 per una combinazione tra la via dei Polacchi sulla parete Sud, la difficile Traversata Messner e la Via Česen sullo Sperone Sud-sud est. Dalla base alla vetta, anche lui no-stop, ha impiegato 39 ore. “Odio le folle” ha spiegato in poche parole sui social.
Liv Sansoz, l’unica donna del quartetto, è stata una delle prime al mondo ad arrampicare sull’8c+, e secondo il suo sito si dedica a “vivere ogni giorno la passione per arrampicare, volare e sciare tra le vette di Chamonix”. Insieme a lei, su un parapendio biposto, è sceso dal K2 Bertrand Roche, meglio noto come Zébulon o Zeb, guida alpina e istruttore di parapendio.
Zeb è un figlio d’arte perché suo padre Jean-Noël Roche, anche lui guida, lo ha portato a 11 anni sul Monte Bianco, e lo ha iniziato un anno dopo al parapendio. Nel 1990, a 17 anni, Zeb è sceso in volo insieme al padre dal Colle Sud dell’Everest. Undici anni dopo, nel 2001, un altro volo in tandem lo ha portato dagli 8848 metri della cima fino al ghiacciaio di tibetano di Rongbuk.
Cronaca di un giorno speciale.
Ma torniamo al K2 e al 28 luglio 2024. Il primo a decollare dalla cima, intorno a mezzogiorno, è stato Benjamin Védrines, con un parapendio Skywalk Pace a vela singola da 17 metri, dal peso di circa un chilo. Il volo si è concluso sul ghiacciaio Godwin Austen, ai piedi del K2.
Il secondo a partire, due ore dopo, è stato Jean-Yves Fredriksen, che ha passato 90 minuti a cercare di far aprire il suo parapendio marca Niviuk. La mancanza di vento, ottima quanto rara per gli alpinisti, si è rivelata un problema. Poi una raffica ha consentito il decollo. “Era appena sufficiente a reggermi” spiega Blutch.
L’alpinista è sceso in volo verso la Cina, ha virato passando davanti al Collo di Bottiglia, ha traversato delle nuvole a 6800 metri ed è atterrato al suo ultimo campo, duecento metri più in basso. Dopo averlo smontato, è sceso arrampicando con uno zaino da 25 chili.
Poi è toccato a Liv Sansoz e alla guida e pilota Zeb Roche, che erano arrivati in vetta in 14 ore lungo lo Sperone Abruzzi. Anche loro hanno avuto problemi di vento. “Non ce n’era abbastanza, sulla vetta eravamo stanchissimi, il cervello è in ipossia. Poi Zeb ha aperto l’ala e ci è sembrata a posto. È bastato correre per cinque o sei passi e ci siamo ritrovati in aria”, racconta Liv Sansoz.
“Siamo veramente felici di avercela fatta, siamo partiti in quattro dalla vetta lo stesso giorno perché il tempo era perfetto. Ed è stato un grande sollievo scendere in volo senza dover ripercorrere la via di salita” prosegue l’alpinista di Chamonix in un’intervista con il magazine francese “Cross Country”.
Tutti in volo, ma senza i permessi
I quattro alpinisti hanno atteso di essere tornati in Francia per annunciare i loro voli, perché non avevano il permesso per farlo. Dopo l’incidente sul ghiacciaio Baltoro che il 4 luglio è costato la vita al pilota brasiliano Rodrigo Raineri, le autorità locali hanno imprigionato per qualche giorno l’organizzatore della sua spedizione, Ali Saltoro della Alpine Adventure Guides, e hanno vietato l’uso del parapendio.
Ma Blutch Frederiksen non ha dubbi. “Per me era chiaro. Non volevo rischiare scendendo a piedi, non volevo abbandonare così vicino alla meta il mio sogno coltivato per tanti anni. Mi dispiace per i miei amici pakistani. Rispetto profondamente la vostra cultura, la vostra incredibile fiducia in me e le vostre regole, ma non quella che vieta di volare dalla vetta del K2!”
Jean-Yves Frederiksen è salito da solo, senza fermarsi per la notte, e non portando con sé né un sacco a pelo né una tenda. Sulla Via Cesen un canale pieno di neve fresca lo ha costretto a tentare e ridiscendere, poi è salito in una zona rocciosa fino alla via normale, che ha raggiunto nei pressi del campo 4.
Nell’ultimo tratto ha seguito la traccia preparata dagli Sherpa e dalle guide pakistane, fermandosi per mezz’ora per lasciar defluire la coda sulla traversata alla fine del Collo di Bottiglia. “Il parapendio è la mia corda, è la mia soluzione di emergenza”, spiega Fredriksen. “Quando lo porto con me sono certo che, se accade qualcosa, posso sempre scendere in volo fino alla base”.
“Il mio 28 luglio è stato reso possibile da molti anni di esperienza. Ho combinato la capacità di arrampicare velocemente con l’abilità nel pilotare il parapendio, e ho avuto sensazioni ed emozioni incredibili. Grazie vita!” aggiunge Benjamin Védrines.