A tu per tu con gli (S)legati. Alpeggi, sentieri e rifugi come palcoscenico dove rappresentare grandi storie
Da 12 anni i due attori affrontano, con successo, grandi temi della vita che prendono spunto da eventi accaduti in montagna. Il progetto “Sentiero Italia - Il palcoscenico della montagna”
Questa è la storia di un’amicizia e di un’intesa professionale fondata su due passioni comuni: il teatro e la montagna. I protagonisti sono due attori professionisti che si sono incontrati oltre una decina di anni fa alle prove di uno spettacolo. E quest’incontro è stato l’inizio di un percorso comune con la creazione di una compagnia, (S)legati, che pone le storie di montagne al centro della sua ricerca. Mattia Fabris, 50 anni, calca il palcoscenico da quando ne aveva 22 è socio fondatore e condirettore artistico della compagnia teatrale A.T.I.R. di Milano e vanta una solida carriera che l’ha portato a collaborare con vari registi. Jacopo Maria Bicocchi, 43 anni, vive invece a Roma e lavora per il cinema e la televisione. Entrambi fin da bambini frequentano le vette. «Ho casa a Valbrona», racconta Mattia. «Nel cuore ci sono da sempre i Corni di Canzo e la Grignetta». Il luogo mitico per Jacopo è invece il Monte Cusna (2121 m) nell’Appennino Tosco-Emiliano: «È la montagna che frequentavo da ragazzino», dice.
Il primo spettacolo ispirato da La morte sospesa
Tutto inizia nel 2012, quando i due attori, colpiti dalla storia vera raccontata da Joe Simpson nel libro “La morte sospesa”, decidono di preparare un testo teatrale e di metterlo in scena. «Lo spettacolo si chiama “(S)legati” ed è diventato anche il nome della nostra compagnia», raccontano. «Quella di Joe e Simon era una grande storia, che non parla solo di alpinismo ma dell’essere umano e dei suoi aspetti più profondi. Contiene l’impresa, la suspence, è quasi un thriller. Insomma, è davvero appassionante e racchiude valori e significati che sono trasportabili nel quotidiano di tutti. Si può dover tagliare la corda con cui si è metaforicamente legati anche in una relazione di coppia, o in un rapporto d’amicizia. Non è un gesto portatore di lutto, ma di salvezza. E rappresenta un momento ad altissima intensità». Anziché a teatro, come ci si aspetterebbe, questa pièce ha debuttato in tournée sulle Alpi Orobie, portata durante un cammino di rifugio in rifugio, raccontando una storia di montagna alla gente di montagna. Il palcoscenico, oltre ai rifugi, sono poi state le sezioni del CAI e SAT, totalizzando oltre 350 repliche. A distanza di tanti anni, (S)legati, come le successive produzioni di Mattia Fabris e Jacopo Bicocchi, continua a essere rappresentato in montagna e a teatro. «Sul palcoscenico teatrale è leggermente cambiato, assumendo la sua forma definitiva», spiegano i due attori. «Crediamo nel depositarsi lento delle cose. Il teatro è l’arte più effimera di tutte, ha bisogno di durare nel tempo con chi lo fa».
Dopo questo primo successo, non era facile trovare una storia altrettanto forte, degna di essere raccontata colpendo di nuovo al cuore gli spettatori. Ma la montagna è una fonte di ispirazione infinita, dove la sfida e il rischio rappresentano banchi di prova cruciali nell’esistenza delle persone. E come dicono loro, «nella vita ci sono crepacci che non si possono non attraversare».
Il secondo spettacolo ideato dalla coppia di artisti nel 2017 si intitola “Un alt(r)o Everest”. Anche questa volta, è una storia vera a colpirli. Nel 1992 due amici, Jim Davidson e Mike Price, scalano il Monte Rainier (4392 m) nello stato di Washington. L’avventura dei due giovani in vetta diventa qualcos’altro. «Cercavamo una storia che parlasse di montagna, perché è tramite le storie di montagna che possiamo parlare dell’uomo», sottolineano. «Storie grandi, paradigmatiche che come questa raccontano di due persone ma hanno un tratto epico, sono un contesto estremo dove si rivela l’essere umano». Ed è per questo motivo che gli spettacoli di (S)legati non rivolgono solo agli appassionati di montagna, ma parlano anche a chi in montagna non ci va.
L’omaggio a Fausto De Stefani
Il loro terzo lavoro, scritto in collaborazione con Montura – lo sponsor tecnico produttore di abbigliamento sportivo, sensibile anche ai temi culturali della montagna, oltre a vestire i due attori – , si incentra sulla figura di Fausto De Stefani, classe 1952, secondo alpinista italiano e sesto al mondo ad aver scalato tutti i 14 ottomila. In “Anche i sogni impossibili. Il quindicesimo ottomila di Fausto De Stefani” i due autori e attori ripercorrono la vita di questo personaggio straordinario, che hanno avuto occasione di incontrare e frequentare per realizzare questa pièce. «Fausto è una sorta di Guevara della montagna. Si è occupato di ambiente, di persone, di fragilità. È animato da grande determinazione: se vede un’ingiustizia, se ne occupa. Questo modo di agire ci ha molto colpiti», raccontano Fabris e Bicocchi. Il suo quindicesimo ottomila è stato la sfida di creare la Rarahill School nella valle di Katmandu, che vanta oltre 1000 studenti e un ambulatorio pediatrico. Un’impresa che vive di donazioni. Instancabile, De Stefani da oltre vent’anni le raccoglie raccontando in giro per il mondo questo luogo di speranza per i bambini. «Da piccolo, nel Mantovano, l’alpinista ricorda di aver conosciuto il vagabondo Mandelo, che chiedeva ospitalità alla gente offrendo in cambio storie. Per lui, i sogni erano un elemento imprescindibile della vita. “Le prime montagne le ho viste seduto sulle ginocchia di Mandelo”, ci ha svelato. Ma questo è il teatro ed è l’imprinting culturale che Fausto ha ricevuto. Dentro ciascuno di noi c’è un Mandelo che ti suggerisce il sogno e ti sprona a seguirlo». Può essere una montagna da conquistare, ma anche un gesto di umanità e solidarietà.
Fresco di debutto a maggio scorso, lo spettacolo “A (s)ragionar di guerra” nasce da un festival al quale i due attori hanno partecipato nella zona delle Dolomiti ampezzane. Qui la memoria del primo conflitto mondiale è forte. A Fabris e Bicocchi è stato chiesto di creare qualcosa che fosse legato a questa guerra. «Abbiamo deciso di fare un brainstorming che spaziasse dal primo conflitto mondiale ai cieli dell’Afghanistan per capire come dire di no alla guerra, anche nel nostro quotidiano». Seguendo un percorso analogico, e non cronologico, lo spettacolo presenta frammenti su guerra e pace attraverso gli scritti di Remarque, Lussu, Gino Strada, Rodari, Forster Wallace. «Anche se piccolo, il nostro “no” diventa importante se tutti lo mettono a sistema nella quotidianità».
E poi, c’è un’esperienza strepitosa: quella di Teatrekking. «È il tentativo che unisce in modo definitivo le nostre due passioni per la montagna e il teatro», commentano. In collaborazione con un organizzatore, i partecipanti scelgono il tipo di percorso da affrontare, la lunghezza e la durata. All’interno di esso, sono previste quattro tappe di sosta, di 20 minuti ciascuna, in cui i due attori presentano racconti e letture su diversi temi connessi alla montagna. «Per esempio, il silenzio, che è una delle grandi motivazioni che ci spinge a salire verso le cime. Parliamo del deserto di Atacama, ma anche della Casa del Silenzio (Dunia Sakinat) del villaggio di Neve Shalom vicino a Gerusalemme, dove convivono pacificamente persone di tre religioni». Questo è solo un esempio dell’ampio repertorio narrativo a cui attingono – da Philip Petit a Shakespeare – messo in scena in mezzo alla natura.
Sentiero Italia – Il palcoscenico della montagna
Infine, è in corso il progetto “Sentiero Italia – Il palcoscenico della montagna”, nato in collaborazione con il CAI e che si estenderà anche nel 2025. Si svolge in 11 regioni italiane con 22 eventi, quattro spettacoli e otto racconti inediti. L’evento a valle consiste nella rappresentazione di uno degli spettacoli del repertorio di (S)legati. I racconti invece si focalizzano su otto grandi figure legate al CAI e alla montagna. Si spazia da Quintino Sella, fondatore del Club Alpino di Torino, poi Club Alpino Italiano, alla poetessa Antonia Pozzi, cantrice della montagna; dall’alpinista Ninì Pietrasanta al sindacalista Guido Rossa, amante della montagna; da Ettore Castiglioni a Vitale Bramani, l’inventore della suola Vibram, e agli arrampicatori contemporanei Matteo Della Bordella e Federica Mingolla.
Un’ultima domanda: come si può svolgere un lavoro creativo così importante risiedendo uno a Milano e l’altro a Roma? «Abbiamo trovato il nostro modo per farlo», dice sorridendo Fabris. «Solo con Mattia posso riuscirci», aggiunge Jacopo Bicocchi. E aggiungono: «Di volta in volta customizziamo il percorso creativo, anche a distanza, in modo rocambolesco». E poi il duo di attori, ormai abituato a stare in scena insieme, si ritrova insieme, come in questi giorni con “Sentiero Italia”. Per la gioia del pubblico e per il loro piacere di unire il teatro con la natura e l’alpinismo.