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Vuoi diventare guardiano di dighe? Ecco che cosa ti aspetta

Sono sempre numerose le richieste per accedere a questa particolarissima professione. Ce la racconta Paolo Stoppini, Guida alpina per 20 anni custode di dighe della Val d’Ossola.

Se non sopporti rimanere tanto tempo da solo in mezzo ai monti fare il guardiano di una diga non è il tuo mestiere. Questa è però l’unica vera controindicazione di una professione che continua ad affascinare gli amanti della montagna e della natura. E, non a caso, “conquistare” una diga non è per nulla semplice, la concorrenza è numerosa e il turn over ridotto.

Ma cosa fa tutto il giorno il custode di un bacino artificiale d’alta quota? Come vive e come si rapporta con il prossimo? Lo abbiamo chiesto a Paolo Stoppini, Guida alpina e per ben 20 anni guardiano di alcune dighe della Val d’Ossola: prima al Busin e al Vannino, in Val Formazza, poi fino al l’anno scorso a Codelago, sopra l’Alpe Devero.

Quando e perché decidi di fare il guardiano? 

Fin da bambino ero affascinato dagli aneddoti che mi raccontava mio papà, il quale per molti anni è stato uno spallone sulle montagne della Valle Anzasca e della Saastal (Vallese). Mi parlava di una figura quasi “romantica” che viveva isolata per lungo tempo in montagna e io rimanevo colpito dalla vita che potessero condurre queste persone in alta quota, senza vedere nessuno per giorni e spesso dando ospitalità ai contrabbandieri. Mio papà ricordava con affetto i guardiani che si adoperavano per asciugare i vestiti o per cucinare loro un piatto caldo. 

In inverno, quando ero a Codelago, scendevo a Crampiolo per parlare con Elvira Proletti (vecchia gestrice della Locanda Fizzi Ndr) e suo marito Mario. Elvira mi raccontava che suo papà era stato guardiano ad Agaro. Era rimasto vedovo con due bambine piccole e in inverno era impossibile mandarle a scuola, anche perché all’epoca si viveva stabilmente in diga tutto l’anno (fatta eccezione per i giorni di ferie), per cui in estate ENEL inviava un’insegnante per fare lezione alle bimbe. Quando la famiglia si è trasferita a Codelago, il trasloco è avvenuto via montagna senza mai scendere in paese, passando da Corte Verde, Alpe Bava e Alpe Fontane, spostando animali e vettovaglie.  

Di cosa ti occupavi prima di questa esperienza lavorativa?

Prima di diventare guardiano mi occupavo di consolidare pareti rocciose e lavoravo con spiriti liberi: guide alpine e alpinisti. Non esisteva orario e se finivo prima un lavoro c’era il tempo per scalare o andare a correre in montagna. In ENEL Distribuzione, mi sentivo quasi un pendolare, perché timbravo e “stimbravo” a un determinato orario. 

Al termine di una conferenza a Domodossola, nella quale ho raccontato le mie salite compiute in Italia e all’estero, ho conosciuto l’ingegnere responsabile di tutte le dighe ossolane, il quale mi ha proposto di passare in ENEL Produzione e di diventare così guardiano, poiché avrei potuto portare un valore aggiunto. 

Quali sono i compiti del guardiano?

Il guardiano svolge mansioni di controllo a cadenza quotidiana, settimanale e mensile. I compiti giornalieri prevedono rilevazioni dell’andamento meteorologico, quelli settimanali i controlli in diga o delle temperature, mentre durante il periodo invernale ogni due settimane si fanno i pesi neve per valutare la densità e il peso del manto nevoso, utili per poter calcolare quanta acqua di fusione arriverà in diga al disgelo. 

A Codelago, per esempio, si fanno anche controlli e manutenzione sulla centrale di Devero. Inoltre, il guardiano è tutore dei rilasci vitali nei fiumi per quanto riguarda le opere di presa ENEL e in inverno si raccolgono giornalmente dati che concorrono alla stesura del bollettino nivologico dell’ARPA.

Come trascorrevi il tuo tempo libero?

Il tempo libero è una cosa soggettiva, sapevo che nell’arco di una giornata dovevo fare determinati controlli e che una volta finiti potevo dedicarmi ad altre attività. Ogni momento era l’occasione per esplorare il territorio: scoprivo resti di alpeggi, parlavo con l’alpigiano, oppure cercavo nuove pareti da scalare. Una mattina sbucando dal canale dell’acqua che da Veglia conduce ad Agaro, mi sono accorto che all’uscita si apriva una parete rocciosa formidabile, dove nessuno aveva mai aperto una via di salita e tre giorni dopo con i soci l’abbiamo scalata. La vita da guardiano, nei momenti liberi, per me ha rappresentato anche questo: girare, curiosare e aprire vie nuove.

Cosa ti chiedevano le persone che passavano in diga?

Coloro che non avevano nulla a che fare con la montagna spesso mi chiedevano come resistevo senza avere contatti con altre persone, mentre chi viveva la montagna ed era alpinista rimaneva affascinato dalla vita che conducevo. 

Una giorno Armin Fisher, guida californiana che vive parte dell’anno ad Alagna, mi ha telefonato per sapere le condizioni dello Spigolo della Rossa. Dopo averla scalata è venuto a salutarmi in diga e alla sera mi ha detto quasi con invidia: “Che spettacolo! Che posto!”. 

Un’altra persona che era solita passare a salutare, quando non c’erano turisti, era il giornalista Erminio Ferrari. 

Codelago è stata un’esperienza totalmente diversa dal Vannino. Quest’ultimo mi affascinava molto in quanto isolato e difficile da raggiungere. 

La tecnologia sostituirà la persona?

In caso di bel tempo l’elicottero arriva prima della persona, ma occorre sottolineare che il guardiano è una presenza importantissima sul territorio e io ho sempre insistito perché venisse considerato un valore aggiunto. Mi è capitato più volte di fornire il primo soccorso alle persone; a livello psicologico bastava coprirli con una coperta e già si sentivano protette. 

In quali occasioni hai prestato il primo soccorso?

Nel pomeriggio di un una giornata di bufera è entrata in diga una ragazza assiderata, mezza vestita e con la digestione bloccata, in quel caso è bastato preparare qualcosa di caldo e si è sbloccata. Poi ricordo una famiglia che si è avventurata in fondo al lago percorrendo il Grande Est, ma a un certo punto ha trovato delle valanghe impossibili da oltrepassare ed era rimasta bloccata in un punto pericoloso, con il mio collega abbiamo intagliato degli scalini per facilitare le manovre e mentre io aiutavo i membri a oltrepassare lui li aspettava dall’altra parte. Il bambino in spalla al papà piangeva dalla paura ma, una volta preso in braccio, dopo pochi minuti dormiva sicuro. 

Perfino un cane dal pelo lungo mi è capitato di salvare, era passato dalla neve bagnata a quella polverosa e una volta calato il sole cominciava ad appiccicarsi al pelo, guaiva e mordeva dal dolore; lo abbiamo caricato nel toboga, avvolto nelle coperte e una volta in diga l’abbiamo asciugato. 

Hai avuto la possibilità di trascorrere del tempo anche con la tua famiglia in diga?

Da guardiano ho vissuto delle belle esperienze, perché Enel offre la possibilità ai figli e alla mogli di far visita. Tutti i fine settimana mia moglie con gli sci di alpinismo mi raggiungeva a Codelago con le bambine caricate sul bob. 

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