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Torna la tradizione del lavéc, la pentola fatta con la pietra ollare della Valmalenco

Un ex ciclista professionista ha ripreso l’attività di famiglia aprendo a Lanzada un laboratorio da cui escono anche piastre, piatti e bicchieri fatti come una volta. E oggi tanto di moda.

l suo nome deriva da olla, pentola. Tanto basta per far comprendere il ruolo che la pietra ollare ha rivestito nell’economia domestica della Valmalenco, in provincia di Sondrio. La roccia verdasta che si estraeva dalle cave malenche era però abbondante e, soprattutto, facile da lavorare  e ben presto i manufatti realizzati dagli artigiani del posto scesero fino al resto della Valtellina, poi della Lombardia, quindi del mondo intero. Era questo l’oro malenco, fonte non più solo di sussistenza ma anche di benessere.

In particolare, fin dagli inizi, meritava attenzione il lavoro del laveggiaio, ovvero colui che lavorava la pietra ollare per realizzare il lavéc (laveggio), la pentola. I laveggiai della Valmalenco, per secoli hanno trasmesso il loro prezioso sapere da una generazione all’altra. Poi, lentamente, l’oblio.

Negli anni questa figura era quasi scomparsa e solo a Chiesa Valmalenco era ancora attivo un laboratorio dove si lavorava artigianalmente la pietra ollare.
Nel 2019, a Lanzada, Nicola Bagioli ha però rivitalizzato il lavoro della sua famiglia, che per cinque generazioni si è occupata di trattare la pietra.

Prima di dedicarsi ai lavéc, Nicola era un ciclista professionista. Carriera bruscamente interrotta da un incidente stradale  che gli ha causato seri  problemi alla schiena, inconciliabili con lo sport amato: “Mi sono detto che avrei dovuto trovare un altro lavoro che mi desse le stesse emozioni ed essendo cresciuto con i racconti del papà e della nonna, mi sono interessato a questa attività. Il papà, insieme al nonno, per un periodo aveva realizzato diversi lavéc a mano, perciò sapendo di avere ancora il tornio, per quanto ormai sepolto sotto cataste di legna, ho pensato di riprovarci. E, oggi, sono davvero soddisfatto della mia scelta”, racconta.

A sostenere Nicola nel portare avanti l’eredità e i valori della tradizione di famiglia, ci sono il papà Roberto, la persona che gli ha insegnato i segreti del mestiere, e la fidanzata Arianna, con la quale condivide la lavorazione dei lavéc.

La famiglia Bagioli è una famiglia di artigiani, la cui storia inizia con Ludovico, che per primo inizia a lavorare la pietra ollare tra la fine dell’ 800 e i primi del ‘900, grazie a un tornio ad acqua in Valbrutta, così anche il figlio Luigi decide di proseguire questa attività. Renzo Bagioli, continuatore della lavorazione e appassionato ricercatore di minerali preziosi (ricordato grazie ai Demantoidi trovati in Valmalenco), con il figlio Roberto compra un tornio elettrico e si trasferisce in un piccolo laboratorio a Ganda. Dopo la morte del padre, Roberto continua a fare il laveggiaio come secondo lavoro, fino a quando decide di abbandonarlo per dedicarsi ad altro. Adesso tocca a Nicola.

Ogni lavéc è frutto della pazienza, della precisione e dell’amore per la pietra”, dice Nicola, che spiega: “Inizio mettendo il blocco di pietra sul tornio, per poi lavorarlo manualmente come si faceva una volta. In questo modo riesco a utilizzare al meglio la roccia e a ricavare più lavéc da un unico blocco arrivando fino a cinque. Lavoro prima l’esterno, poi l’interno e infine procedo con la lavorazione del fondo. Una volta terminato lo rilego”.

Un problema che Nicola ha affrontato fin dall’inizio della sua nuova vita è stato il reperimento della pietra giusta. Chiuse le cave locali, occorreva trovare una roccia che non si rompesse durante la lavorazione. Una ricerca non facile, al punto che deve importare la materia prima dalla Norvegia e, soprattutto, dal Brasile.

I lavéc oggi sono di moda e rappresentano il classico acquisto dei turisti che tornano alle loro case al termine di una vacanza in Valmalenco. Queste pentole assicurano una cottura sana e uniforme, inoltre poiché i manufatti non vengono trattati con prodotti chimici i cibi mantengono meglio sapori e aromi. Il lavéc è adatto a lunghe cotture, come carni, risotti, zuppe o sughi. Oltre al calore, la pietra ollare può trattenere anche il freddo e per questo motivo accanto ai lavéc, alle ciode (piastre per la cottura), ai ciapél (piatti) e ai bicchieri, vengono prodotti anche cubetti in pietra per rinfrescare le bevande.

Il sentiero tematico “La civiltà della pietra ollare”

Gli escursionisti che si recano in Valmalenco possono conoscere la storia dell’estrazione e della lavorazione della Pietra Ollare del Pirlo, percorrendo il sentiero tematicoLa civiltà della Pietra ollare”, un anello che si completa in tre ore, con un dislivello di 374 metri.
Ci si mette in cammino dalla fermata degli autobus nel paese di Primolo seguendo la mulattiera che s’incunea in un lariceto. Oltrepassati i due valloni e un dosso, si ha una magnifica visuale sulla Valmalenco e sul Pizzo Scalino. Si continua camminando accanto agli antichi torni ad acqua per la lavorazione della pietra ollare. Dopo il torrente Sassersa si trova un opificio impiegato per la tornitura della pietra ollare e oltrepassando il belvedere detto “Crun”, si arriva all’area estrattiva. Da qui si continua fino al laghetto dell’Alpe Pirlo e passato un pascolo, si segue il sentiero sulla sinistra per tornare al punto di partenza.

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